Bibbia e non Bibbia, ab. G. Ricciotti, Morcelliana, Brescia, 1935. AIT DOMINUS?, parte 7. Poiché nell’odierna terminologia comune l’aggettivo continente vale per casto, come il sostantivo continenza è spessissimo sinonimo di castità, molti attribuiscono senz’altro il significato di casto all’aggettivo continens, quando capita nella Vulgata latina. Ma, in primo luogo, è necessario rilevare che questo aggettivo vi capita una volta in Tobia, quattro volte in Ecclesiastico, una volta in Sapienza e una volta in Tito, dunque tutte le volte (astraendo da Tobia, 6, 18, ove manca il corrispondente testo precedente) in libri recenti e d’indole sapienziale, e nei quali la Vulgata latina dipende da un testo greco; se poi andiamo a riscontrare il corrispondente testo greco vi troviamo corrispondere l’aggettivo testogreco1. Questo rilievo e questo aggettivo sono d’importanza decisiva per determinare il senso, giacché mostrano che si tratta di un termine già usuale nella filosofia greca e di cui si son serviti i vari scrittori o traduttori della Bibbia. Ora, testogreco1 significava originariamente «colui che è in forza», «in potere», cioè in sostanza «padrone», «dominatore». Perciò spessissimo era seguito da un complemento di specificazione, e così Erodoto parla di chi è «dominatore della Grecia», e Platone di chi è «dominatore di se stesso»; quest’ultimo senso psicologico diventò poi frequentissimo, e perciò sovente si sopprimeva il complemento «di se stesso», e, dicendo testogreco1 senz’altro, s’intendeva in senso psicologico, il «padrone (di se stesso)». Tant’è vero che si distingueva chi era «dominatore di se stesso» solo fino a un certo punto e solo in date occasioni, come Senofonte parla di chi è testogreco1 del ventre e del vino, cioè «dominatore di se stesso» di fronte al cibo e al vino; ma testogreco1 senz’altro, rimase sempre il «padrone» delle proprie passioni, il «dominatore» di tutte quante, cioè l’ideale del filosofo. Presso gli Ebrei antichi l’ideale della vita umana fu il possedere la sapienza e la giustizia della Legge divina: ora, chi era pervenuto a tale possedimento fu designato appunto con l’aggettivo testogreco1, cioè continens, «padrone», «dominatore». È chiaro in proposito l’esempio di Ecclesiastico, 15, 1, qui continens est iustitiae, «possessore» della giustizia della Legge, ove il greco ha testogreco1; altrove, invece, questo solito aggettivo è usato senza la specificazione, che viene sottintesa, come in Ecclesiastico, 6, 28, et continens factus, ne derelinquas eam, naturalmente la sapienza, cioè «diventato che tu sii padrone (della sapienza), non l’abbandonare». È chiaro quindi che continens per gli Ebrei non era l’uomo soltanto «casto», come il sostantivo continentia per gli scrittori e traduttori della Bibbia non era sinonimo di «castità». Fra i due termini non c’è contrasto, e anzi il primo include necessariamente il secondo, ma sinonimi non sono: il continens era anche un «casto», ma oltre a ciò era molte altre cose, come - per portare un esempio cristiano - la «santità» include necessariamente la «castità» ma oltre a questa molte altre cose, e i due termini non sono sinonimi; e difatti, mentre non vi può essere un «santo» che non sia «casto», vi può essere un «casto» che non è «santo». Ebbene, moltissimi scrittori ascetici citando il passo di Sapienza, 8, 21: Ut scivi quoniam aliter non possem esse continens, nisi Deus det... adii Dominum et deprecatus sum, attribuiscono a questo continens il preciso senso di «casto», traendone varie conclusioni. Sennonché, anche qui il testo greco al posto di continens ha testogreco1, e quindi anche qui vale quanto si è detto sopra. L’elasticità di significato della parola spirito - che già notammo corrispondere all’ebraico ruah - si è mantenuta anche nei testi greci e latini. È notissimo l’aforisma, Spiritus ubi vult spirat (Giovanni 3, 8); ed è importante rilevare, che mentre qui per «spirito» il greco ha testogrecospirito, questo vocabolo ritorna poi alla fine della comparazione, in fondo al versetto, sic est omnis qui natus est ex spiritu. Ora, poiché in quest’ultimo passo si parla indubbiamente di «Spirito Santo», verrebbe da supporsi che anche nell’aforisma si tratti dello «Spirito Santo». Così, di fatto, fu interpretato da molti Padri: lo Spirito Santo spira con la sua grazia dove vuole. Ma altri Padri, ad es. il Crisostomo, e generalmente i moderni - con le solite eccezioni di scrittori ascetici - lo interpretano del vento; il non sospetto Knabenbauer è esplicito: Non si può spiegare dello Spirito Santo, ma del vento (in Comment. in evang. S. Joannem, 2a ed., Parisiis 1906, p. 151). L’aforisma quindi significa che il vento soffia scorrendo ove che sia. ...