L’anno diciannove volte secolare di nostra santa Redenzione è singolarmente propizio per ridestare nei fedeli il culto illuminato e operoso per la SS. Trinità, poiché questo augusto Mistero fu solennemente rivelato da N. S. Gesù Cristo, un po’ prima della sua Ascensione al cielo come il coronamento di tutta la sua dottrina, e quindi nell’anno stesso che registrò i capolavori dell’amore di Dio, dall’Eucaristia alla Passione, dall’Agonia alla Risurrezione, dalla proclamazione della SS. Vergine a Madre adottiva degli uomini al conferimento del Primato a S. Pietro. E’ ben vero che in ogni divozione particolare per altri misteri della Fede o verso i Santi è inchiuso il culto alla SS. Trinità, come da ogni quadro di paesaggio emerge in lontananza un po’ di cielo, ma ciò non toglie che dalla venerazione simultanea, diretta e approfondita per le Tre Divine Persone il fedele abbia pure a risentire un particolare vantaggio spirituale, un'onda di ammirazione, di riconoscenza e di gioia, come in chi contempla non più soltanto un lembo di cielo sulle case o sui monti, ma tutto e solo l'immenso padiglione del firmamento stellato. Nessuna divozione è più comprensiva e universale che quella tributata alla SS. Trinità, perchè da essa, come dal centro, partono i raggi che conducono a tutti i punti della fede e a tutti i mezzi di santificazione, come si vedrà in questo Corso di brevi meditazioni, dedicate, esclusivamente a questo sublime soggetto, donde è facile sfiorare l'intera dogmatica e ascetica cristiana.

Questa forma di pietà così sostanziale, recando luce, ordine e unità alle altre divozioni, le impedisce di tralignare in esclusivismi, che renderebbero monca o confusa la vita spirituale. Malgrado l’altezza del Mistero, non si pensi che esso si offra soltanto alla meditazione dei dotti, perchè nel S. Battesimo, che è per tutti la porta d'ingresso nella Chiesa e nella vita cristiana, si domanda l’espressa professione di fede in questo Mistero, fede che non è arida nozione mentale, ma amplesso di tutta l’anima, consacrazione della vita intiera alla gloria della SS. Trinità. Nel suo nome ogni preghiera, ogni azione, ogni sacramento, ogni atto del culto si apre e si chiude; a Essa il Te Deum innalza i ringraziamenti per tutti i benefìci che la Chiesa e le nazioni ricevono; alla sua gloria finale il Pange lingua dirige tutta la pietà eucaristica; da Essa scende sulla terra l’onda incessante di carità, per fecondarla d’ogni messe di benedizione.

L’antichità cristiana per la difesa della Trinità condusse memorande battaglie contro le eresie che ferivano ora questa or quella Divina Persona; il Medio Evo ci diede le tre cantiche di Dante, le tre caravelle di Colombo e gli apostoli della Redenzione degli Schiavi, che sotto gli stendardi della Trinità scrissero pagine d’oro nell’albo della civiltà cristiana; e l’epoca posteriore della Riforma cattolica fece sorgere quegli ospizi dei pellegrini e dei convalescenti, che S. Filippo Neri pose sotto gli auspici della Trinità stessa. Non vi fu città, né quasi paese cattolico senza la sua chiesa confraternale o il suo oratorio dedicato alla augustissima Triade.

Perché non faremo rivivere una devozione che è nata regina su tutti gli altri esercizi di pietà? Perché non le dedicheremo, oltre la festa della prima Domenica di Pentecoste, il triduo, la novena, il mese intiero in preparazione? Possa questo manuale conferire al risveglio della fede, della speranza e dell’amore nelle Tre Divine Persone, sorgente unica e inesauribile di tutti i nostri beni, termine ultimo di tutte le adorazioni, di tutti i ringraziamenti, di tutti i cuori. Sac. A. V. Torino, 1° Maggio 1934 A. S.

La velocità di scaricamento delle pagine può variare in base alla connessione internet utilizzata. Per scaricare il PDF del libro cliccare qui. Per inviare una donazione a Sursum Corda cliccare qui. «Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida... Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili» (San Francesco di Sales, «Filotea»).

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