Secondo le teorie moderne e le dottrine dei cosiddetti riformatori, introdotte in nome di una certa scienza, della libera critica e del nuovo progresso, si vorrebbe far credere che non è il Papa, non sono i Vescovi, successori degli Apostoli nella Chiesa di Dio, che abbiano la potestà d’insegnare ed ai quali si debba sottostare, ma sibbene i cultori del diritto, i medici, i farmacisti, i notai, i deputati, i giornalisti e particolarmente i professori d’Università, ai quali soltanto si debba prestare fede. Questo non è che una sfacciata negazione della costituzione data da Gesù Cristo al suo Regno! Ci sono coloro la cui superbia giunge a far loro pretendere che ne sanno più di quello, che la religione loro insegna. Non contenti del campo mondano, che pure è abbastanza vasto, della speculazione, che rimane a loro sempre libera ed aperta, dell’impero e governo, che padroni li fa del mondo terracqueo, tentano d’impadronirsi eziandio del governo della Chiesa e perfino d’immischiarsi del Magistero commesso da Cristo esclusivamente agli Apostoli e per mezzo loro ai Vescovi. E poiché ciò non è loro possibile, si sforzano di far valere le loro dottrine facendo appello alla pubblica opinione per mezzo della stampa. Questa, irrequietezza e questi sforzi di ribellione all’autorità della Chiesa è esistita più o meno in tutti i tempi; tanto che lo stesso san Paolo già se ne doleva ed esclamava: «Vi sono alcuni che si conturbano, e vogliono capovolgere il Vangelo di Cristo» (Galat., I, 6, 8) e per lo stesso motivo dà al suo diletto discepolo Timoteo lo stretto comando, dicendo: «Ti scongiuro innanzi a Dio ed a Gesù Cristo, il quale giudicherà i vivi ed i morti, per la venuta e per il Regno di Lui, predica la parola, sprona a tempo e fuori di tempo; riprendi, supplica, esorta con ogni pazienza, insegnando: imperocché verrà tempo che non potranno patire la sana dottrina, ma secondo le proprie passioni per prurito di udire, moltiplicheranno a se stessi i maestri, e si ritireranno dall’ascoltare la verità, e si rivolgeranno alle favole» (II Tm., IV, 1, 4).

Affinché poi il Vescovo per le false idee del suo gregge non si lasci trattenere, quando occorra, dall’intervenire, lo eccita alla vigilanza e in pari tempo gli ricorda che soltanto lo zelo e l’attività di un vero maestro lo renderanno atto a compiere i difficili doveri del suo ministero (Ib., 5). «Ma tu veglia sopra tutte le cose, sopporta le afflizioni, fa l’ufficio di predicatore del Vangelo, adempi il tuo Ministero». I doveri del Magistero ecclesiastico sono perciò, certo, di non fatale adempimento; tuttavia i ministri dell’Altare sanno che essi hanno la loro origine dalla più alta autorità dell’Universo, cioè da Dio medesimo: quindi sono obbligati di imporli ai fedeli in nome dello stesso Dio. Fa appunto accenno a questi loro doveri l’Apostolo delle genti quando anima i pastori dell’Asia Minore a diportarsi (comportarsi, ndR), verso i loro fedeli, quali veri maestri delle plebi. «Badate a voi stessi — dice loro — ed a tutto il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi, per pascere la Chiesa di Dio, acquistata da lui col proprio sangue» (Atti. Ap., XX, 28). Dunque per la Chiesa docente l’Autorità divina è la sola regola e legge dirigente, mediante la quale essa ha ricevuto l’incarico «d’insegnare a tutte le genti, tutto ciò che Cristo ha insegnato»; non hanno quindi alcun valore le fluttuanti idee e pensieri del giorno, che come le ombre di un paesaggio sorvolano sulla superficie della pubblica opinione; né tampoco valgono le viste scientifiche dei superuomini; che si chiamino teologi, filosofi, naturalisti o cultori di qualsiasi altra disciplina profana, giammai possono considerarsi per la Chiesa quali veri espositori ed interpreti della sua dottrina, e molto meno sono capaci di dare la norma per le prove dei suoi domini, a difesa della verità ed a condanna dell’errore, quando anche la scienza a ciò possa essere di amminnicolo (di supporto, ndR). Chiunque di fronte alla Chiesa non si convinca da credente, che è lo Spirito Santo, che per mezzo dei suoi Ministri da Dio chiamati insegna in essa, e che sono le autorità legittimamente costituite dal suo fondatore quelli, che la guidano e la reggono, di costui l’Apostolo non si perita di dire «che egli sia anatema». In questa condanna non si esclude né un laico, né un chierico, anzi neppure un Vescovo, nella sua particolare individualità o qualità di privato. Prosegue ...

[Stiamo usando il Capitolo I del libro di Commento al Decreto Lamentabili ..., Editori Pontifici, Roma, 1914, scritto da Mons. Francesco Heiner ed introdotto dal Card. Merry Del Val (a nome del Sovrano Pontefice, san Pio X).]

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