Certamente sia la Chiesa, sia lo Stato, hanno una loro sovranità: pertanto nessuno dei due, nella propria sfera e nei propri limiti costituiti dai singoli fini, ubbidisce all’altro. Ma da questo non si deve tuttavia concludere che i due poteri siano fra loro separati e tanto meno in lotta l’uno contro l’altro. La natura non ci ha dato soltanto un’esistenza fisica, ma anche una morale. Per questo l’uomo chiede alla tranquillità dell’ordine pubblico, che la società civile si propone come fine prossimo, di poter vivere bene, ma soprattutto chiede sempre maggior aiuto per perfezionare i costumi; e questa perfezione non consiste altro che nel conoscere e praticare la virtù. Contemporaneamente l’uomo vuole doverosamente trovare nella Chiesa gli aiuti dei quali possa fruire per la sua perfezione religiosa, la quale si trova nella conoscenza e nella pratica della vera religione che è la regina delle virtù, appunto perché, ordinandole a Dio, le compie e le perfeziona tutte. Nel sancire le leggi e le istituzioni si deve aver riguardo alla natura morale e religiosa dell’uomo, e si deve curare la sua perfezione, ma rettamente e con ordine: non si deve comandare o vietare alcunché, senza tener conto di quello che spetta alla società civile e di quello che spetta alla società religiosa. Per questa ragione la Chiesa non può disinteressarsi delle leggi che hanno valore nello Stato, non in quanto tali, ma perché, uscendo dai limiti del proprio ambito, talvolta invadono il diritto della Chiesa. Anzi, per essa è un dovere impostole da Dio di resistere ogni volta in cui la legislazione dello Stato danneggi la religione, e di impegnarsi attivamente affinché lo spirito del Vangelo arrivi a permeare le leggi e le istituzioni dei popoli. Poiché le sorti degli Stati per lo più dipendono dall’indole dei governanti, la Chiesa non può favorire e appoggiare coloro dai quali si sente contestata: cioè coloro che apertamente ricusano di rispettare i suoi diritti e che vogliono separare due cose connesse per la loro natura, la religione e la vita civile. Al contrario essa favorisce, come è suo dovere, coloro che avendo un giusto concetto dello Stato e della società cristiana, vogliono operare concordi per il bene comune. In questi precetti è contenuta la norma che ogni cattolico deve seguire nell’esercizio della vita pubblica. Pertanto, è permesso ovunque militare per la Chiesa nella politica, favorendo uomini di specchiata probità morale che diano buona speranza di onorare il nome cristiano, e non c’è nessuna ragione per cui si debba dare la preferenza a uomini ostili alla religione. Da questo appare chiaramente quanto sia importante il dovere di conservare l’unità degli animi specialmente in questi tempi, in cui con tanta astuzia viene impugnato il cristianesimo. Tutti coloro che vogliono restare fedeli alla Chiesa che è «colonna e fondamento della verità» (1Tm. 3,15) eviteranno facilmente i maestri menzogneri «che promettono agli altri la libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione» (2Pt. 1,19). Anzi, resi forti della potenza spirituale della Chiesa, sapranno vincere con la saggezza le insidie, e con il coraggio la violenza. Non è questo i luogo per indagare se e quanto abbiano contribuito a creare questo nuovo stato di cose l’opera troppo debole e l’interna discordia dei cattolici: ma certamente gli uomini malvagi sarebbero stati meno audaci e non avrebbero provocato tante rovine se ci fosse stata negli animi di molti una fede più vigorosa: quella fede che «opera per mezzo della carità» (Gal. 5,6), e non sarebbe tanto scaduta nel costume quella morale cristiana che ci è stata divinamente affidata. Voglia Dio che il passato, attraverso il ricordo, procuri maggiore saggezza nell’avvenire. Prosegue qui ...

Leone XIII, «Sapientiae christianae»