Giovani cari, io conoscevo un vecchio avaro il quale possedeva un tesoro. Erano parecchie migliaia di lire in oro che egli teneva ben custodite in una cassetta che portava sempre con sé. Mentre mangiava, poneva la preziosa cassetta sulla tavola, quando andava a letto, la metteva sotto il guanciale, quando camminava per la strada, teneva la cassetta sotto il braccio, e guai ad avvicinarlo, ringhiava come un cane rabbioso! Era un povero infelice che aveva posto il cuore nei soldi ! Ma c’è un tesoro, o giovani, che ci diede Iddio e che tutti dobbiamo custodire con la cura con cui il vecchio avaro custodiva il suo oro, un tesoro che tanti ladri tentano strapparci, un tesoro che dobbiamo sempre accrescere e portare con noi fino alla morte: il tesoro della fede. La fede ce la diede Dio e noi dobbiamo custodirla. Iddio ci ha dato la Fede. «La fede - dice il Catechismo - è quella virtù soprannaturale per cui crediamo sull’autorità di Dio ciò che Egli ha rivelato, e ci propone a credere per mezzo della Chiesa». è essa il più gran dono che Iddio ci ha dato: Egli ce l’ha infusa nel Santo Battesimo, l’ha alimentata sulle ginocchia di nostra madre, che ci insegnò le prime e le più evidenti verità, l’ha accresciuta con tante istruzioni che abbiamo sentito in Chiesa e con le grazie che ci ha donato negli altri Sacramenti. La fede è la sola strada che ci conduce al Cielo; solo per essa si può entrare in Paradiso: «Chi crederà e sarà battezzato, dice Nostro Signore Gesù Cristo, sarà salvo» (San Marco XVI,16). Dobbiamo custodirla. Questo preziosissimo tesoro, questo unico mezzo che ci conduce al Cielo, dobbiamo custodirlo bene da tanti ladri che cercano rapircelo. E quali sono questi ladri? Sono le passioni carnali che vogliono entrare nel nostro cuore per cacciarne la fede, sono discorsi irreligiosi che tante volte ci tocca sentire, sono compagni ed amici peggiori del diavolo, è il rispetto umano che spesso ci fa vergognare di mostrarci cristiani, è l’ambiente corrotto in cui, o giovani, siamo costretti a vivere. Tutto purtroppo congiura contro la fede! E quali sono le armi per vincere? Mantenersi puri ed istruirsi nella Religione. Che scostumatezza ed incredulità vadano tanto spesso d’accordo non si può mettere in dubbio, e nella mia poca esperienza posso dirvi d’aver visto che tante volte Iddio castiga il corrotto togliendogli la fede, ossia fa in modo che non creda più a nulla. è questo il più grande castigo che il Signore possa dare a un giovane, perché chi non crede, chi non ha fede, è già condannato : lo dice il Vangelo. Della necessità poi dell’istruzione religiosa ve ne ho parlato qualche domenica fa, ma è tanto il bisogno, che non lo si inculca mai abbastanza. Quanta ignoranza fra i cristiani d’oggi! Domandate a tanti di costoro: quante sono le Persone della Santissima Trinità? Quale si è incarnata e fatta Uomo? Non vi sanno rispondere! Così pure ignoranza perfetta, o quasi, intorno ai Comandamenti di Dio e della Chiesa, agli obblighi del proprio stato, ai Santissimi Sacramenti. Perché si bestemmia, si manca di rispetto ai genitori, si ruba, si parla male, si fanno delle azioni cattive e vergognose? Spesso perché si è ignoranti. Chi è istruito nella sua Religione sa che se bestemmia non fa che attirarsi i castighi di Dio e guadagnarsi l’inferno per sempre; sa che, se ruba, deve poi restituire se vuole il perdono del suo peccato; sa che, se manca di rispetto ai genitori, avrà la maledizione di Dio; sa che il Signore lo vede sempre e da per tutto, e quindi non v’è luogo dove possa peccare impunemente. L’ignorante invece non pensa a tutto questo e manda in rovina anima e corpo. Sentirete anzi alle volte alcuni di costoro vantarsi, almeno con la bocca, di non credere più, di non aver più fede, ossia vantarsi del più gran castigo col quale il Signore, li ha colpiti. Sono poveri infelici che, come vili animali, non sanno più alzare la fronte da terra, che non sanno più pregare, ma sanno solo maledire, che non conoscono il baratro dove sono caduti, ma se ne fanno anzi una gloria. Se voi vedeste per la strada un povero cieco, sporco di fango dalla testa ai piedi, e lo sentiste vantarsi della sua cecità e del suo pantano, voi certo lo compassionereste pensando che, poveretto, non abbia il cervello a posto. No, non è onore, non è bravura quella di non credere, perché qualunque minchione può sempre dire: io non credo! L’onore invece sta nel conoscere bene le verità della propria fede, nel crederle fermamente e nel saperle difendere a fronte alta dinanzi a chiunque. Che si direbbe di un pescatore che non sa pescare, di un contadino che non sa zappare, di un barbiere che non sa radere la barba? E che cosa si deve dire di un giovane cristiano che non conosce, almeno sufficientemente, la sua Religione? Solo quando la conoscerete bene, o giovani, calpesterete qualunque rispetto umano, vi vanterete della vostra fede e la onorerete con una vita cristiana! Ed ora un bel fatto e basta. Esempio: san Pietro da Verona. Un giovinetto, di nome Pietro, che abitava coi suoi genitori nella nostra città di Verona, tornava un giorno dalla scuola con la sua cartella a tracolla, quando s’incontrò con suo zio che, fermatolo, gli domandò che cosa di buono avesse imparato a scuola. In quel giorno il maestro aveva tenuta la lezione di Catechismo, e il fanciullo pronto: il Credo, disse, ho imparato! e congiunte le mani, incominciò a recitare il primo articolo: io credo in Dio Padre Onnipotente ecc. Lo zio, che era un eretico dei più arrabbiati, poco mancò che non lasciasse andare un ceffone al nipotino, e alle cattive parole che in quel momento d’ira gli uscivano di bocca: io credo, rispondeva Pietro, io credo! Da quel giorno passarono quaranta anni, ed il pio giovinetto, fattosi prete, era divenuto un santo e celebre predicatore, tanto che il Papa di allora, Innocenzo IV, lo incaricò di parlare contro l’eresia nelle province lombarde. Il bene che compiva era grande, ed il demonio istigò gli eretici a toglierlo dal mondo. Pagarono due assassini, lo appostarono lungo la strada che da Como mette a Milano, per dove il santo predicatore doveva passare, e costoro con un colpo di accetta gli spaccarono il cranio. Era la sera del 6 aprile 1252. Mentre i manigoldi, compiuto il misfatto, si allontanavano, Pietro ripeteva ancora con un filo di voce quelle parole che da fanciullo aveva detto allo zio: io credo, io credo! Sulla sua tomba si operarono molti miracoli ed il Sommo Pontefice Innocenzo IV, il 24 marzo 1253, lo annoverò tra il numero dei Santi e martiri. è san Pietro Martire di Verona. La sua casa, fatta ora Chiesa, è in via Santo Stefano nella nostra città. Giovani, la fede è un tesoro che dobbiamo custodire con ogni cura, che dobbiamo cercare di accrescere sempre più, che dobbiamo difendere fino alla morte, fino al martirio! Domenica prossima incomincerò a spiegarvi parte per parte il Credo: cercherò parlarvi nel modo più facile che mi sarà possibile, e voi ricordate l’attenzione e la frequenza promessa!

Il Credo all’oratorio.  Il tesoro. Da Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. SS n° 5, p. 1 - 2