La realtà - come ci appare dalla constatazione nostra, dal ragionamento e dalla Rivelazione - è simile ad una scala, dove si procede dall’infimo gradino sino a Dio. Gli esseri - molteplici e svariati - sono disposti con un ordine mirabile. Si comincia dalla materia inorganica; ci si innalza alla vita vegetale con la numerosa famiglia di generi, di specie, di varietà, di individui diversi; si passa, poi, al regno animale, ricco anch’esso e svariatissimo; di lì, si ascende all’uomo, il vivente composto di anima e di corpo, che vegeta, sente, ma anche ragiona; dopo l’uomo, abbiamo gli Angeli, che sono spiriti puri, senza materia e senza sensi; finalmente, sopra gli Angeli, abbiamo lo Spirito perfettissimo, Iddio. Solo gli Angeli e l’uomo - fra gli esseri di questa scala - potevano essere elevati all’ordine soprannaturale, poiché, se non ripugna che Dio possa innalzare un’intelligenza creata alla sua visione intuitiva e ad un corrispondente amore di Lui, ripugna invece che un sasso - ad esempio - possa vedere intuitivamente ed amare Dio. Occorrerebbe, prima di tutto, che a questo sasso fosse data una natura ragionevole; solo allora una tale natura potrebbe essere elevata alla grazia ed alla gloria soprannaturale. Di fatto, la Rivelazione c’insegna che Dio ha elevato alle glorie della divinizzazione gli Angeli e gli uomini. Dobbiamo, quindi, brevemente studiare la storia degli uni e degli altri. - Gli Angeli. Sebbene Dio non fosse obbligato a creare gli Angeli, tuttavia non può sfuggirci la convenienza di questi spiriti che segnano il passaggio progressivo, secondo la legge della gradazione, fra l’uomo e Dio. La Scrittura ci attesta l’esistenza di questi esseri semplici, puri, spirituali, incorruttibili perciò, ed immortali, forniti d’intelligenza e di volontà. Essi appaiono ad Abramo, a Giacobbe, a Giosuè, a Tobia, ai Profeti e via dicendo. Nel Vangelo noi li incontriamo ad ogni passo: portano l’annuncio alla Vergine, a Zaccaria ed a Giuseppe; cantano sulla grotta nella notte della natività il «gloria a Dio nel più alto dei cieli» ed augurano «la pace in terra agli uomini di buona volontà»; invitano i pastori a Betlemme; salvano la sacra famiglia da Erode; scendono intorno a Gesù nel deserto dopo le tentazioni di Satana; agitano l’acqua della piscina probatica; consolano l’agonia del Getsemani; rovesciano la pietra sepolcrale ed annunciano il Risorto. Negli Atti degli Apostoli essi spesso compaiono. Gesù stesso sovente parla di loro. Il Redentore divino, mentre accarezza i riccioli biondi dei fanciulli, ci avverte che «i loro angeli nei cieli vedono sempre il volto del Padre». E come la Scrittura ci discorre di questi Angeli buoni, così ci mette in guardia dagli Angeli ribelli, o demoni, i quali, come leoni ruggenti, ci circondano, tentando di divorarci. - Gli Angeli e l’ordine soprannaturale. Dio aveva creati gli Angeli; e non contento di avere dato ad essi una natura angelica, così superiore alla natura di tutti gli altri esseri creati che noi conosciamo, li aveva elevati all’ordine soprannaturale. Anch’essi erano creature, e Dio li volle innalzare alla dignità di figli. Furono, però, sottoposti ad una prova, in cui molti, guidati da Lucifero, si ribellarono, mentre altri, seguendo san Michele, furono fedeli. I primi vennero precipitati nell’inferno, e sono i demoni; i secondi sono gli Angeli buoni, che godono la visione beatifica di Dio. 2. - Noi e gli Angeli. Non bisogna credere che noi siamo separati da questi due regni di spiriti: siccome tutti gli esseri provengono da un unico Essere, Iddio, nulla di più conveniente che la massima varietà degli esseri non ne distrugga l’unione. E come lo spirito umano è in contatto con la natura, coi suoi simili e subisce l’influsso del mondo che lo circonda e della carne sua, così può entrare in comunicazione con gli Angeli. Cosa sono, infatti, molte tentazioni, se non l’influsso degli Spiriti ribelli, ai quali il cristiano deve rivolgere la parola di Gesù: «Va’ indietro, o Satana?». È vero; molte altre tentazioni provengono da noi stessi, dalla nostra carne, dalle passioni, ed anche dal mondo che ci circonda; ma è altresì vero, che dall’Eden al deserto - dopo il digiuno di Gesù di 40 giorni e di 40 notti - e a tutti noi, il demonio tenta. Noi, figli di Dio, siamo un rimprovero, una condanna ed un rimorso per lui. Ma quanti, purtroppo, cadono nelle sue reti e lo seguono nella ribellione! Fortunatamente, anche gli Angeli buoni sono in unione con noi. Essi non solo amano, adorano e lodano il nostro e loro Padre; ma per amore del Padre, di cui sono i messaggeri ed i ministri, ci custodiscono e ci difendono. Noi non siamo mai soli; un Angelo sempre ci sta accanto. Eppure non ci pensiamo mai, o quasi! Questo spirito puro ci ama, ci segue, prega per noi, prende le nostre preghiere e le nostre opere virtuose e le offre a Dio, ci ispira santi pensieri, ci assiste anche quando noi ci ribelliamo al Padre e, come fratello buono ed amico fedele, cerca di ricondurci a Lui. Se noi abbiamo coscienza di questo gran dono di Dio, non dimentichiamo mai il nostro Angelo. È così bello pregarlo quando siamo soli, con l’unica sua compagnia! È così dolce affidarci al suo aiuto nei momenti del pericolo o nelle battaglie del bene! Non dovremmo mai rivolgere una parola di consiglio o di ammonimento a nessuno, senza parlare anche col suo Angelo! Ed a questi - come ad un filo sicuro - dovremmo ricorrere per parlare a Dio. La Chiesa, nel prefazio della Messa, ci invita ad unirci «a tutta la milizia del celeste esercito» ed a cantare con gli Angeli l’inno del trionfo, dicendo perennemente: «Santo, Santo, Santo sei Tu, o Signore, il Dio degli eserciti; il cielo e la terra son pieni della tua gloria; evviva nel più alto dei cieli! Benedetto Colui, che viene nel nome del Signore! Evviva nel più alto dei cieli!». I Santi non dimenticavano mai il loro Angelo. Noi scorgiamo gli Angeli accanto alle Vergini ed alle Martiri, nel momento della lotta. Essi difendono santa Cristina fra i tormenti. Ad essi si appella Agnese, quando al prefetto di Roma, che la minacciava di morte, rispose di non temere, perché aveva con sé un Angelo, uno dei ministri del suo sposo Gesù, pronto a difenderla. Santa Francesca Romana vedeva sempre accanto a sé il suo Custode celeste; la Beata Angela da Foligno nel suo aureo Libro delle mirabili visioni e consolazioni gode della presenza degli Angeli, i quali, col loro aspetto, le infondevano una letizia placida e riposante; e san Luigi Gonzaga, interrogato perché stava un po’ discosto dal muro, passando per le strade, replicava: «Per lasciare il posto all’Angelo mio». Non lasciamo gli Angeli alla fantasia dei pittori, che li materializzano in nome dell’arte, né al canto dei poeti estasiantisi sul loro aspetto di folgore o sul loro vestimento di neve. Imitiamo, piuttosto, Gemma Galgani, che tanta devozione aveva per l’Angelo suo. Diceva questa vergine lucchese: «Gesù non mi lascia mai sola; ma fa stare con me sempre l’Angelo Custode». Ed ella, insieme con l’Angelo, faceva a gara per gridare più forte: «Viva Gesù!... » e Gesù se ne mostrava tanto contento. Spesso conversava così col suo Angelo: «Caro Angelo, quanto ti voglio bene!... Voi mi insegnate ad essere buona, a mantenermi in umiltà ed a piacere a Gesù»; oppure gli dava questo dolce incarico: «Salutami Gesù!». Si dirà da qualche piccola mente superba: - Questo è bigottismo! - Davvero? A me pare che, se abbiamo fede, non possiamo trascurare il nostro Angelo Custode; dobbiamo - mediante il suo aiuto - ricorrere a Gesù; dobbiamo recitare con maggiore attenzione, pensando all’Angelo buono che ci accompagna, il nostro Angele Dei: «O Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste», ossia dalla bontà del Padre comune - Angele Dei, qui custos es mei, me, tibi commíssum pietáte supérna, illúmina, custódi, rege et gubérna. Amen. Se poi assomigliassimo a chi tiene aperti gli occhi soltanto alla luce del giorno, alle cose sensibili e ci sembrasse di entrare in una notte oscura, quando la fede ci parla di Angeli, allora sarebbe il caso di rispondere: - Non temere, o fratello, le «tenebre della fede»; esse sono le tenebre feconde; come solo nella notte tu puoi contemplare quelle miriadi di soli che sono le stelle, così solo con la fede potrai scorgere gli splendori del cielo di Dio, gli Angeli nostri. Ahimè! la questione forse è diversa: non si pensa, o non si crede, agli Angeli, perché si guarda al fango. Guardiamo in alto! In alto brillano gli astri!

Il fatto della caduta. Gli Angeli. Da Il Sillabario del Cristianesimo, mons. F. Olgiati, Vita e Pensiero, Milano, 1942. SS n° 14, p. 3 - 4