Questo breve articolo di approfondimento teologico-politico vuol integrale le nostre recenti ripubblicazioni web: - Perché Alcide De Gasperi non fu cattolico; - È un errore propugnare una Unione Politica Europea; - Mussolini e De Gasperi nel giudizio della coscienza cattolica. Gli articoli, scritti molti anni fa dal Cav. Carlo Francesco D’Agostino per il Centro Politico Italiano, li trovate sul nostro sito (...) con i dati bibliografici.

• Notoriamente la Democrazia Cristiana è continuazione del Partito Popolare Italiano, fondato da don Luigi Sturzo (e dall’apostata Romolo Murri, ndR) nel 1918 -19. Trattavasi di un Partito che comportava una rinunzia ai principii politico-sociali cattolici, per poter allearsi con demoliberali e massoni. Già nell’agosto 1920 il Cardinale Arcivescovo di Genova, Tommaso Pio Boggiani, mise clamorosamente in rilievo che gli uomini del P.P.I. pretendevano «operare il cristiano restauro della Società relegando di fatto in soffitta Dio, Gesù Cristo, la Chiesa ed il Papa, e concedendo uguali diritti alla verità ed all’errore». Il testo completo della Lettera Pastorale, dedicata dal Cardinale esclusivamente a smascherare gli errori del Partito di Don Sturzo, De Gasperi e Gronchi, è nel volume «I due anni di Episcopato genovese del Cardinale Boggiani», ed. Lemurio, Acquapendente, 1922 (è stato ripubblicato nel 2008 dal Centro Librario Sodalitium di Verrua Savoia, col titolo «Un vescovo contro la Democrazia Cristiana», pagine 30, euro 5, ndR): noi lo ristampammo in amplissimo estratto su L’Alleanza Italiana n. 87 del settembre 1955. Papa Benedetto XV con sua lettera autografa al Boggiani, lo lodò affermando che aveva «fatto bene a mettere le cose a posto»: questa lettera del Papa è nel medesimo volume, e fu da noi pubblicata per intero di nuovo nel gennaio 1956.

• Contro gli errori del Partito Democristiano, e perché non fossero trascinati in inganno i Cattolici e non ne venissero i mali, purtroppo poi verificatisi, che da una mistificazione del Cristianesimo sarebbero derivati all’Italia, l’avv. C. F. D’Agostino, a nome del Partito Cattolico «Centro Politico Italiano», ha presentato due denunzie al Sant’Offizio. La prima, del marzo 1946, era costituita da cinque quesiti, cui seguì amplissima memoria illustrativa. Il testo della denuncia e la memoria furono pubblicate su L’Alleanza Italiana, di quel tempo (di cui possediamo copia in originale e possiamo fornire il PDF agli Associati interessati, ndR): la ripercussione ne fu notevolmente ampia, su almeno quindici quotidiani, di Roma e fuori. Tra i quesiti, due riguardavano tesi sostenute in due serie di articoli apparsi su Civiltà Cattolica, la nota rivista quindicinale dei Padri Gesuiti di Roma, a noi, del resto, carissimi (lo Indirizzo programmatico, da noi stampato clandestinamente nel dicembre 1943 e con cui iniziò la sua attività il Partito Cattolico Centro Politico Italiano, era stato in tutta la fase preparatoria sottoposto al parere di notissimi Padri di quel Collegio di Gesuiti, tanto che è esatto dire che, pur non avendo minimamente coinvolto Ecclesiastici con Partiti politici, uscì dai corridoi della Civiltà Cattolica). Il testo completo delle due denunce al Sant’Offizio, una del 1946 e l’altra del 1947, da noi presentate contro i ritenuti errori dell’indirizzo ideologico e pratico dei Democristiani italiani e loro fautori, è ristampato, con annotazioni, in altra collana di pubblicazioni del nostro Partito. Ognuno può richiedercelo.

• Il progetto di Costituzione, presentato dall’apposita Commissione alla Costituente Italiana, era ateo: nessuna professione religiosa da parte dello Stato: nessuna invocazione a Dio: questo era ateismo, perché nel campo dell’Etica ignorare una Verità vale quanto negarla: se ne prescinde, infatti, nella propria azione pratica e si violano i precetti che da quella Verità derivano: la cosa è tanto più evidente e grave in un Testo Costituzionale, destinato a dare e spiegare la «direttiva», la impostazione, l’indirizzo di tutta una Legislazione e struttura statali. In sede di Assemblea nessun Parlamentare democristiano mosse obiezioni. Lo fece invece l’onorevole Roberto Lucifero, proponendo la istituzione di un Preambolo alla Carta Costituzionale, che iniziava con le parole: «Il Popolo Italiano, invocando l’assistenza di Dio, nel libero esercizio della propria sovranità... ». L’onorevole Umberto Tupini, che presiedeva il Gruppo Parlamentare democristiano, nel discorso del 5 marzo 1947, preparato in iscritto, quindi particolarmente meditato, e letto in Assemblea, (pagina 1761 vol. 1°, Atti della Costituente), si oppose alla proposta con parole che disonoravano lui e il suo Partito. Il secondo rude colpo contro una impostazione religiosa della Carta Costituzionale, e quindi del nuovo Stato che si voleva costruire, fu dato dall’onorevole Giovanni Gronchi, succeduto al Tupini come presidente del Gruppo Parlamentare democristiano: Procedendosi nell’esame del progetto dei 75, giunti all’articolo 7, l’onorevole Gennaro Patricolo propose fosse precisato che «La Religione Cattolica è la Religione ufficiale della Repubblica Italiana». Patricolo sostenne la sua proposta con un apprezzabile discorso. In una maniera veramente miserevole si oppose il Gronchi, a nome dei 207 Parlamentari D.C., dicendo: «Una brevissima dichiarazione per osservare che l’emendamento dell’onorevole Patricolo, ove non abbia un intento politico, che potrei dire di concorrenza, il che non voglio supporre, è da collocare sulla stessa linea di quello dell’onorevole Rodino, il quale aveva un puro e semplice valore di constatazione statistica. Esso è per noi irrilevante dato lo spirito e la lettera dell’art. 7 quale è proposto dalla Commissione. Perciò noi ci asterremo nella votazione di questo emendamento». (vedere pag. 2447 e ss. vol. 1, Atti della Costituente). è da notare che l’Italia, coi Patti Lateranensi, aveva avuto di mira non solo di regolare «i rapporti» con la Santa Sede, ma anche la «condizione della Religione e della Chiesa», nel nostro Stato: e l’impegno che Papa Pio XI aveva posto come condizione preliminare all’insieme degli Accordi, assunto dall’Italia nell’art. 1 del «Trattato» e richiamato nell’articolo 1 del Concordato, vincolava la nostra Nazione, dinanzi a Dio, dinanzi alla Santa Sede, alla Chiesa ed alla Storia, a mantenere l’adesione solenne al Cattolicesimo, quale era nell’art. 1 dello Statuto del Regno. Orbene questo impegno fu violato con la Carta Costituzionale Repubblicana - e l’onorevole Patricolo tendeva invece a farlo rispettare - negandosi l’adesione dello Stato ad una qualsiasi “fede”, ed accordandosi uguale libertà a tutte le «Confessioni religiose», il che significa che si metteva allo stesso livello Buddha, Nostro Signore Gesù Cristo e lo pseudo-profeta del Monte Amiata, dello scorso secolo, ai cui seguaci recentemente è stato riconosciuto «valore giuridico», come per il Sacramento Cattolico, ai “matrimoni” celebrati secondo un preteso loro rito! Il fatto che l’art. 7 confermasse che i «rapporti» tra la Chiesa Cattolica e lo Stato «sono regolati dai Patti Lateranensi», manteneva in piedi, di questi Patti, solo la eliminazione della «questione romana», ossia di una questione politica che implicava il riconoscimento da parte del Papa delle Annessioni, e le norme, appunto, sui «rapporti» tra due diverse Sovranità: non impediva, peraltro, che la «condizione della Religione e della Chiesa», nel Diritto Costituzionale interno, proprio dello Stato Italiano, fosse funestamente ed ateisticamente innovato in confronto alla precedente situazione di diritto. In più, nell’art. 7, lo Stato finiva col negare alla Chiesa anche la veste di effettiva Sovranità, teoricamente riconosciutale, in quanto rivendicava un proprio, assurdo, diritto di modificare unilateralmente i Patti, sia pure esigendo che queste modifiche fossero votate con le forme richieste per le Leggi Costituzionali ed a parte, naturalmente, le innovazioni già in atto, qui ricordate. In proposito abbiamo pubblicato un’ampia disamina nel volume: «La illusione democristiana», da noi diffuso nel 1951.

• Le falsificazioni, apparse sulle Riviste o Bollettini ufficiali delle Archidiocesi di Milano e di Udine, e delle Diocesi di Bergamo e Padova, nonché nell’opuscolo della collana «La parola del Papa», della Gregoriana Editrice (del Seminario) di Padova, salvo qualche variante sono le seguenti. Laddove Pio XII, nel Radiomessaggio (di Natale del 1944, ndR), diceva: «è appena necessario di ricordare che, secondo gli insegnamenti della Chiesa, non è vietato di preferire governi temperati di forma popolare, salva però la dottrina cattolica circa l’origine e l’uso del potere pubblico e che la Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini (Leone XIII, Enciclica Libertas, 20-6-1888)», si mutò come segue: «è forse necessario ricordare che, secondo l’insegnamento della Chiesa, non è vietato preferire un governo temperato di forma popolare, salvo però la dottrina cattolica circa l’origine e l’uso del potere pubblico, e che tale forma di governo nel rispetto della dignità e libertà umana, rappresenta la migliore salvaguardia dell’ordine interno e la migliore garanzia della prosperità di uno Stato? La Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini assicurando però nel contempo all’individuo una considerazione, un trattamento ed un tenore di vita confacenti alla dignità della persona umana». Più oltre, quando il Papa inizia con «Premesso che la democrazia, intesa in senso largo, ammette varie forme...» gli si fa dire, invece: «Premesso che una vera e sana democrazia, intesa in senso largo, rispondente anche all’indirizzo sociale proprio della Chiesa, ammette...» e si aggiunge: «in base a quali norme dovrà essere realizzata una simile democrazia, l’unica atta al conseguimento del vero bene comune?». Omettiamo qualche altra, pur significativa, variante al Testo Pontificio. Avendo noi scritto anzitutto al Vescovo di Padova, perché facemmo la scoperta dei falsi sull’opuscolo della Gregoriana Editrice, ci rispose il Cancelliere Vescovile rivelandoci che «le interpolazioni si trovano quasi identiche nei Bollettini» delle altre Diocesi da noi ricordate «dai quali fu sostanzialmente preso l’estratto padovano»: con che si ammetteva che a Padova si era... rimaneggiato, nel Bollettino Diocesano, al confronto delle fonti usate! La lettera concludeva: «Egregio avvocato, creda a me, Ella provveda ai fatti suoi ...» (...). La falsificazione continua a riapparire, qua e là, ancora nell’anno di Grazia 1964, nonostante nostre appassionate istanze perché si ponga riparo.

(di Carlo Francesco D’Agostino - Centro Politico Italiano - Ed. L’Alleanza Italiana. Da Quaderni della Nuova Alleanza n° 48, pag. 77 seg. - Estratto dalla Lettera aperta a Mons. Mario Rossi, Parroco di Trecate, pubblicata sul n° 2 del Corriere di Trecate del gennaio 1965, accresciuta da note documentative, ndR).

In alto un volantino dell’epoca contro la D.C. - In basso il libro del Cardinale Boggiani


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