Teologia Politica n° 13. Roma locuta, causa finita est

Poste le premesse elencate nei precedenti articoli, passiamo adesso ad un’essenziale precisazione, al fine di svolgere una corretta apologia della Teologia politica, contro tutti quelli che, definendosi pure a “vario titolo” cristiani, si rifiutano di aderire alla stessa, adducendo svariate motivazioni, prima fra tutte il rigetto di seguire la medesima Dottrina sociale così come viene insegnata e difesa da scuole o movimenti a loro poco congeniali o che essi ripugnano.

Sarebbe come dire: “non mangio la pasta al ragutto, poiché lo fanno anche i comunisti” o “non cammino con le scarpe da ginnastica, perché è abitudine dei fascisti”. L’esempio estremizza molto il concetto, tuttavia le perversità pratiche a cui porta il libero esame possono essere di gran lunga peggiori.

Papa Pio XII, quasi certamente l’ultimo Pontefice ad aver retto la Cattedra anche formalmente e non solo materialmente, il 17 ottobre 1953, nel Discorso per il IV Centenario dell’Università Gregoriana a Roma, ci illumina con le seguenti parole:

«Questo Istituto si propone come scopo la divulgazione della Dottrina sociale della Chiesa, i cui punti principali sono contenuti nei documenti della Sede Apostolica, nelle Encicliche, nelle Allocuzioni e nelle Lettere pontificie». Avendo chiarito il «carattere vincolante» della Dottrina sociale, approfondisce: «Per quanto riguarda questo argomento sorsero varie scuole di sociologia che chiarirono i Documenti pontifici, li spiegarono e li raccolsero in sistemi».

Papa Pacelli prosegue: «Riteniamo che ciò sia stato fatto giustamente, ma non si poteva evitare che le medesime scuole, nell’applicazione dei princìpi e nella deduzione delle conclusioni, procedessero in modo diverso e non raramente discordassero fra di loro». Infine delinea la soluzione veramente cattolica e sentenzia: «A anche in questa materia bisogna evitare quanto già esponemmo trattando della Dottrina della fede cattolica e delle Scuole teologiche. Non si confonda la vera e genuina Dottrina sociale della Chiesa con le varie sentenze particolari di ciascuna scuola» (cf. Documentation Catholique, 7 febbraio 1954, col. 156-157 - Trad. it. di Salvatore Renda in La Dottrina sociale della Chiesa, Ares 1958, p. 20).

Come evidenzia il Pontefice, difatti, è necessario fare sempre distinzione fra l’autentica Dottrina sociale e le conclusioni teologiche o socio-politiche delle varie scuole o correnti, posto che le elaborazioni di alcuni economisti e/o politici, che pur si possono dire cristiani, non sono affatto vincolanti e non fanno parte del Magistero.

L’assistenza nella diretta infallibilità promessa da Nostro Signore Gesù Cristo al Pontefice, ed alla Chiesa docente solo se è a lui suddita, è sì indirettamente estesa anche al popolo (o Chiesa discente), ma solo a condizione che quest’ultimo si attenga scrupolosamente e senza alcuna devianza al Magistero stesso.

Sua Eccellenza Pietro Maria Ferrè, nel suo Commento alla Costituzione Dogmatica Dei Filius sulla Fede Cattolica, sancita e promulgata nella Sessione Terza del Sacrosanto  Concilio Ecumenico Vaticano (Casale, 1874) esplicita in maniera elementare questo concetto di fede e cattolica, smorzando anche le frequenti tentazioni di sedicente “tradizionalismo”, di scisma “progressista” ed i tanti sofismi con i quali alcuni auspicano il “ritorno” a presunte “origini”. Egli afferma: «È chiarissimo (scrive indi procede) che realmente la dottrina proposta dal Magistero è antica quanto la Chiesa perchè sempre identica a se stessa, è diffusa in tutto il mondo cattolico, ed è conosciuta e professata da tutti i cattolici. Ciò detto (scrive in questo senso), quindi, è verissimo che si deve credere ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto. Ma, per fare ciò, non si richiede altro che aderire semplicemente e con tutta fermezza al Magistero universale ed ordinario della Chiesa».

Prima dell’intervento del Magistero della Chiesa, anche gli studi di economia e sociologia probabilmente hanno ricoperto un importante ruolo di preparazione e di documentazione, tuttavia a seguito della promulgazione di un Documento pontificio a riguardo, ciò che è stato accettato e sancito per vero ed utile dalla Chiesa costituisce Dottrina sociale, ciò che è stato scartato non è più oggetto di trattativa, se ritenuto eretico, offensivo, erroneo, scandaloso o comunque pericoloso.

Lo stesso concetto, di cui vi parlerò con maggiore incisività nel prossimo articolo, è valido per qualsivoglia materia vincolante e raccolta nell’insieme della Scienza teologica, come precisa sempre Pio XII nella sua mirabile Humani Generis: «[Alcuni] vanno dicendo che i Pontefici non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero. Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse».

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata