Teologia Politica n° 17. La buona politica alza muri, non fa ponti con l’errore!

Mons. Emile Guerry (Op. cit.), che stiamo utilizzando come guida nel nostro percorso teologico-politico, sottolinea che il fine essenziale perseguito dalla Chiesa «mediante l’insegnamento della sua Dottrina sociale» è lo sviluppo del Regno di Dio «attraverso le relazioni umane e le realtà terrene, per la salvezza degli uomini».

La Chiesa intende assolvere, così, alla sua missione spirituale che è quella di «unire gli uomini a Dio e fra di loro». Tale compito, delle volte, a causa di varie problematiche che in seguito analizzeremo, la conduce a «condannare ciò che le si oppone»; ordinariamente a «predicare ciò che l’agevola».

Sulla base di questa incrollabile premessa, contro la quale nessuna obiezione può reggere poiché sarebbe storicamente falsa, si comprende la necessità d’intervento della Chiesa, “ingerente” secondo alcuni egocentrici “rivoluzionari”, nelle relazioni fra gli uomini e fra i popoli, alle quali essa non può assolutamente «restare indifferente», soprattutto nei casi in cui tali relazioni «non sono fraterne».

Il «principio di fratellanza» di cui stiamo parlando non è assolutamente quello framassonico e filantopista celebrato prima dai “franco rivoluzionari” ed oggigiorno soprattutto dagli alti vertici del Vaticanosecondo, bensì è quello eterno e cattolico della «fratellanza in Cristo», ossia della difesa della verità dall’errore, del giusto dall’errante, del trionfo della verità contro ogni sorta di menzogna.

Solo la buona politica, dietro la guida della Chiesa e per grazia di Dio, può alzare muri granitici contro l’errore; al contrario, la cattiva politica fa ponti e condanna gli innocenti alla depravazione molto probabile o comunque, quasi certamente, ad una vita di ingiustizie e di sofferenze.

Ciò che distingue il cattolico dal non cattolico, nella vita come in politica, è soprattutto la carità.

Spiega san Pio X nel suo Catechismo, che «tra le virtù soprannaturali la più eccellente è la carità», perché essa «è inseparabile dalla grazia santificante, ci unisce intimamente a Dio ed al prossimo, ci muove alla perfetta osservanza della Legge e ad ogni opera buona, e non cesserà mai: in essa sta la perfezione cristiana».

Al numero 240 (Op. cit.) il Pontefice (veramente Santo) ci spiega che cos’è la carità: « La carità è quella virtù soprannaturale» per cui prima «amiamo Dio per se stesso sopra ogni cosa», dopo amiamo «il prossimo come noi medesimi per amor di Dio». E come si ama Dio sopra ogni cosa? «Si dà prova della carità osservando i comandamenti ed esercitando le opere di misericordia, e se Dio chiama, seguendo i consigli evangelici». Una delle più importanti opere di misericordia spirituale è: «ammonire i peccatori» (Ivi.). Peccato e carità sono incompatibili, come sono incompatibili peccato ed amore.

Sebbene non sia compito specifico della Chiesa quello di edificare città squisitamente terrene, dato che ciò spetta ai governi temporali dei popoli, essa è, come abbiamo appreso, «custode per volontà di Dio e per mandato di Gesù Cristo dell’ordine naturale e soprannaturale».

Ho testé citato, sulla scia del Guerry, un estratto dal Radiomessaggio di Papa Pio XII del Natale 1942, che così prosegue: «[…] la Chiesa non può rinunziare a proclamare davanti ai suoi figli e davanti all’universo intero le inconcusse fondamentali norme, preservandole da ogni travolgimento, caligine, inquinamento, falsa interpretazione ed errore».  La Chiesa ha, inoltre, il diritto ed il dovere di vigilare sull’osservanza di tali norme e regole, consapevoli tutti che «[…] tanto più che dalla loro osservanza, e non semplicemente dallo sforzo di una volontà nobile e ardimentosa, dipende la fermezza finale di qualsiasi nuovo ordine nazionale e internazionale, invocato con cocente anelito da tutti i popoli» (Ivi.).

Il motto «Misereor super turbam», aggiunge il Pontefice, «è per Noi una consegna sacra, inviolabile, valida e impellente in tutti i tempi e in tutte le situazioni umane, com'era la divisa di Gesù; e la Chiesa rinnegherebbe se stessa, cessando di essere madre, se si rendesse sorda al grido angoscioso e filiale, che tutte le classi dell’umanità fanno arrivare al suo orecchio».

Nell’azione politica, pertanto, la Chiesa non si sostituisce agli Stati ed ai laici, ma si interessa, secondo la propria missione, al loro bene, alla propagazione di quella “città spirituale” che sola è necessaria all’edificazione ed all’organizzazione della città terrena.

In modo sostanziale quando un gruppo di persone o più famiglie si uniscono in una Società naturale, si suole parlare di Nazione; le famiglie unite e coscienti della loro unità di origine, religiosa, linguistica (quasi sempre), tradizionale, culturale, di costumi, ecc … intendono, appunto, costituitisi in Nazione, difendere, conservare e sviluppare questo importante patrimonio di valori.

Da qui la necessità dei muri di difesa, di conservazione, di sviluppo!

Tuttavia dobbiamo fare distinzione fra Nazione e Stato. Per Stato intendiamo quella Società civile, confinata in un determinato territorio, che ha una definita Autorità, la quale provvede a legiferare e garantire gli interessi temporali della Società civile medesima, ovvero che vuole uno specifico regime di Governo. Uno Stato, a prescindere dalle persone che compongono la Nazione, si prefigge un dato FINE e lo difende. Questo FINE non può altri che essere la «pax Christi» in «Regno Christi»!

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata