Teologia Politica n° 48. Dignità dell’uomo o via dell’illusione?

Una delle principali obiezioni che la politica cosiddetta “laica”, soprattutto “democristiana”, muove a questi nobili ed elevati princìpi che abbiamo studiato (dignità dell’uomo = sottomissione totale alla divina volontà) è che non sarebbe possibile tradurli in applicazioni pratiche, quindi la “mediazione” col mondo sarebbe una necessità. Eppure l’Apostolo ci ammonisce: «Modo enim hominibus suadeo aut Deo? Aut quaero hominibus placere? Si adhuc hominibus placerem, Christi servus non essem!» (Gal., I, 10).

Così il politicante obietta all’Apostolo: «Ma se non piaccio al mondo, come faccio a prendere voti?». Ebbene, replica san Paolo, qual meschino baratto: «Non sei servitore di Cristo». Per dirla tutta, costoro, che sono la migliore spalla per gli atei (sinistra), poi per gli statolatri (destra) ed infine per i rivoluzionari più sempliciotti (liquidi), non fanno altro che riproporre l’eresia socio-politica del Sillon francese, già biasimata da Papa san Pio X (25 agosto 1910). Essi pongono, fra le altre, «alla base di tutte le falsificazioni delle nozioni sociali fondamentali, un’idea falsa della dignità umana».

In cosa consiste questa contraffazione? Secondo loro, «l’uomo sarà veramente uomo, degno di questo nome, soltanto a partire dal giorno in cui avrà acquisito una coscienza illuminata, forte, indipendente, autonoma, che può fare a meno di un padrone, che ubbidisce solo a sé stessa». In parole povere si fanno promotori della negazione pratica di Dio nella vita pubblica, millantando tuttavia una certa naturale osservanza privata (sic!), e con tali «paroloni [esaltano] il sentimento dell’orgoglio umano» e «trascinano l’uomo senza luce, senza guida e senza soccorso, sulla via dell’illusione, dove, aspettando il gran giorno della piena coscienza, sarà divorato dall’errore e dalle passioni».

Il Pontefice li ammonisce e li deride pure: «E questo gran giorno, quando verrà? A meno di cambiare la natura umana (il che non rientra nel potere della politica), non verrà mai». Ancora: «Ed i Santi, che hanno portato la dignità umana al suo apogeo, avevano tale dignità? …». Dunque Papa Sarto - Chiesa indefettibile nella Nostre Charge apostolique - contrappone i Santi ai cosiddetti “democristiani”, dimostrando che non si può essere nel contempo santi e politicamente così orientati.

Papa Leone XIII afferma nella Rerum Novarum, 15 maggio 1891, che «a nessuno è lecito di violare impunemente quella dignità dell’uomo che Dio stesso tratta con grande rispetto». Siamo dunque in presenza di una proibizione formale ed universale, imperativa: «Non è lecito a nessuno...». Il Guerry (Op. cit., pag. 61) giustamente protesta che «se questa norma fosse applicata dovunque si esercita una autorità, in ogni pubblica funzione, in tutte le amministrazioni, in tutte le officine e gli uffici, nelle famiglie verso i dipendenti e i domestici, è certissimo che un clima nuovo regnerebbe in ogni paese».

Tuttavia, oramai, molti di coloro che hanno la pesante responsa­bilità di un’autorità, non hanno ancora compreso che ciò che conta è il rispetto della dignità di persona umana sì, ma quella vera, alla maggior gloria di Dio: «… Sive ergo manducatis sive bibitis sive aliud quid facitis, omnia in gloriam Dei facite …» (1Cor., X, 31). È proprio dalla vigorosa e cristiana difesa della vera dignità della persona umana, che sono venute a noi tutte quelle misure legislative atte, per esempio, a sradicare la schiavitù, a tutelare il lavoro delle donne e dei bambini, a limitare il tempo di lavoro degli operai, a garantire il diritto alla salute, a contenere la tassazione, etc…

Dov’erano questi diritti nelle pretese “civiltà” tanto lusingate dai falsi filosofi e dagli storici partigiani? Erano forse nella “grande” Grecia, dove gli schiavi non potevano neanche prendere moglie? Erano nella “progredita” Cina, dove le bambine dovevano morire (e dove tuttora si divorano i cani)? O piuttosto erano nella “mistica” India, dove il brahmano (il puro) disponeva della vita di chi (il non puro) pesta la sua ombra?

Carlo Di Pietro da Il Roma