Comunicato numero 163. I dieci lebbrosi. La parusia del Cristo gloriosoStimati Associati e gentili Sostenitori, l’Abate Ricciotti finalmente ci erudisce sugli insegnamenti dogmatico-morali e sulle vicende che caratterizzano la «Vita di Nostro Signore Gesù Cristo» (Opera citata) dall’ultimo viaggio lungo la Giudea e fino alla settimana di Passione.

• § 473. Le peregrinazioni di Gesù, frattanto, continuavano; trasferitosi dalla Transgiordania nuovamente nella Giudea, egli dovette spingersi fin verso la Galilea, donde scese per il suo ultimo viaggio alla volta di Gerusalemme (§§ 413 segg., 462). All’inizio di questo viaggio, mentre Gesù stava per entrare in un villaggio posto sui confini tra la Samaria e la Galilea (che una tradizione molto tardiva vorrebbe riconoscere in Genin) gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali, tenendosi a distanza per la nota prescrizione (§ 304), si dettero a gridargli che avesse pietà di loro. Gesù rispose che andassero a presentarsi ai sacerdoti, come aveva già ordinato l’altra volta; non era già la guarigione, ma una promessa di guarigione. I lebbrosi interpretarono la risposta in questo senso, e s’incamminarono per obbedire; strada facendo si trovarono guariti. La felicità della guarigione fece dimenticare ad essi i doveri della gratitudine e tutti se ne andarono per i fatti loro, tranne uno, che glorificando Dio tornò addietro a ringraziare Gesù. Ora, costui era proprio un Samaritano. Gesù gradi l’omaggio di quello straniero, rilevò che egli solo aveva sentito il dovere della gratitudine, e gli confermò che era stato salvato dalla sua fede (§ 349 segg.).

• § 474. Dopo l’episodio dei lebbrosi, San Luca introduce i Farisei, e riporta un dialogo di Gesù con essi e poi con i suoi discepoli. Il dialogo, riferito quindi dal solo San Luca, contiene tuttavia vari elementi che si ritrovano nel grande discorso escatologico degli altri Sinottici (§ 523 segg.), di cui questo dialogo sembra un’ anticipazione; ma anche qui Luca è da preferirsi sotto l’aspetto cronologico, perché è assai probabile che l’argomento comune al dialogo e al discorso fosse trattato più di una volta da Gesù, sebbene gli altri Sinottici per ragioni redazionali riuniscano le varie trattazioni in una sola. Questo dialogo è provocato da una interrogazione dei Farisei che domandano a Gesù quando viene il regno d’Iddio (Luca, 17, 20). Era ironica la domanda, ovvero si riferiva seriamente alla venuta clamorosa del regno nazionalistico-messianico? Non si potrebbe dire con certezza, sebbene la risposta di Gesù faccia propendere per il secondo senso. Gesù rispose agli interroganti in maniera sbrigativa, come a gente non disposta a lasciarsi convincere: «Il regno d’Iddio non viene con avvertenza, né si dirà “Ecco (è) qui” ovvero “(È)lì”. Ecco, infatti, il regno d’Iddio è dentro voi».  Questa indicazione dentro voi si riferiva alla collettività (in mezzo a voi) non ai singoli (nell’interno di ciascuno di voi), perché Gesù vuol far rilevare che il regno di Dio si propaga, non in maniera spettacolosa come l’attendevano i Farisei, ma senza avvertenza: tanto è vero che esso è già in mezzo a loro. E altro Gesù non disse a quegli interroganti maldisposti.

• § 475. Tuttavia, data l’importanza dell’argomento, vi tornò sopra rivolgendosi nell’intimità ai suoi discepoli; ai quali disse: «Verranno giorni quando desidererete vedere uno solo dei giorni del figlio dell’uomo, e non vedrete (tal giorno)». I giorni qui annunziati sono di distretta e di calamità: in quelle circostanze i discepoli di Gesù desidereranno di vedere uno solo dei giorni in cui il figlio dell’uomo viene in possanza (§ 401), cioè dispiegando quella sua forza che gli assicurerà il trionfo finale: eppure quel sospirato giorno, di manifesta ripresa e palese sopravvento contro le calamità imperversanti, non verrà. Si avranno piuttosto annunzi fallaci, contro i quali Gesù mette in guardia i suoi discepoli: «E vi si dirà “Ecco (è) qui”, “Ecco (è) là”» il sospirato figlio dell’uomo che torna da trionfatore; ma voi non prestate fede, «non vi muovete, né andate appresso» a tali indicazioni. «Come infatti la folgore folgoreggiando da un punto all’altro del cielo lampeggia, così sarà il figlio dell’uomo nel giorno suo». Dunque il figlio dell’uomo verrà indubbiamente da trionfatore a compiere la consumazione del regno messianico, ma quel suo giorno sarà subitaneo e improvviso come la folgore del cielo né alcuno potrà prevederlo; oltre a ciò, quel suo trionfo dovrà essere preceduto dalla sua sofferenza (§ 400): «Prima però è necessario che egli soffra molto, e che sia riprovato da questa generazione» (Luca, 17, 25). Stante questa sicurezza del fatto unita con l’incertezza del tempo, i discepoli dovranno stare sempre pronti e non abbandonarsi alla negligenza a cui si abbandoneranno gli altri uomini. «E come avvenne nei giorni di Noè, così sarà anche nei giorni del figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno che Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e distrusse tutti. Similmente, come avvenne nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano, ma nel giorno che Lot uscì da Sodoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e distrusse tutti; conforme a ciò sarà nel giorno in il figlio dell’uomo si rivela». Cosicché molti, moltissimi, saranno coloro che nel giorno del figlio dell’uomo penseranno a tutt’altro che a lui e al suo trionfo; questi moltissimi staranno tenacemente attaccati al mondo che tuttora li avvolge, e non si accorgeranno del mondo nuovo che sopravviene: come appunto la moglie di Lot al tempo del cataclisma era ancora attaccata col desiderio alla sua casa di Sodoma, e fu uccisa da questo suo attaccamento che la fece rivolgere indietro. «In quel giorno chi starà sul tetto e i suoi oggetti (staranno) dentro la casa, non scenda a prenderli; e chi (starà) nel campo, egualmente non si rivolga addietro. Ricordatevi della moglie di Lot! Chi cerchi di porre in salvo la sua vita la perderà, e chi la perderà la farà vivere». Perciò l’avvento glorioso del figlio dell’uomo, essendo subitaneo ed imprevisto, esige che tutti siano staccati da tutto, perfino dalla propria vita, onde seguire immediatamente il trionfatore apparso. Questo distacco sarà il criterio di discriminazione per selezionare coloro che seguiranno il trionfatore. «Vi dico: in quella notte saranno due in un solo letto; l’uno sarà preso e l’altro sarà lasciato. Saranno due (donne) macinanti alla stessa (mola); e l’una sarà presa e l’altra sarà lasciata». Ma, fatta la discriminazione, coloro che saranno presi dove andranno? Evidentemente presso il trionfatore apparso. I discepoli ne interrogano Gesù dicendogli: «Dove, Signore?». Forse, più che la risposta, intendevano il luogo. A quest’ultimo punto non rispose Gesù, che si limitò a far rilevare come i prescelti si raccoglieranno spontaneamente da tutto il mondo attorno al trionfatore, con la stessa rapidità sicura con cui le aquile si raccolgono attorno al carname: «Dove (sta) il corpo, là pure sopra s’accoglieranno le aquile».

• § 476. Riassumendo in poche parole l’intero dialogo, troviamo che Gesù ha parlato del regno di Dio ai Farisei e ai discepoli. Ai Farisei egli ha confermato che quel regno è un fatto, non fragoroso o folgoreggiante, ma pure realissimo, tanto che è già in mezzo ad essi: è dunque la predicazione stessa di Gesù, simboleggiata nella stessa maniera per mezzo delle parabole (§ 365 segg.). Ai discepoli Gesù ha parlato di una nuova venuta del figlio dell’uomo, destinata al trionfo palese di lui ed alla consumazione del regno messianico: essa sarà subitanea ed imprevista, e poiché deciderà circa la sorte degli eletti e dei riprovati, tutti devono tenersi pronti col distacco assoluto da ogni bene presente. È dunque la parusia del Cristo glorioso, che instaurerà il regno di palese ed universale giustizia e che costituisce l’ultimo risultato della predicazione di Gesù, presentata poco prima ai Farisei egualmente come regno di Dio. Di questa parusia parlerà nuovamente Gesù (§ 525 segg.). 

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Da «Vita di Gesù Cristo», Imprimatur 1940, Giuseppe Ricciotti (preghiamo l'Eterno riposo ...), 7a Edizione, 32° - 36° migliaio, Encomio solenne della Reale Accademia d’Italia, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941.