Papa Bonifacio II, Lettera «Per filium nostrum» al Vescovo Cesario di Arles, 25 gennaio 531. Conferma del 2° Sinodo di Orange. Leggiamo subito l’introduzione: «(c. 1) [...] Alla tua richiesta, che hai concepito con lodevole sollecitudine di fede, non abbiamo aspettato a dare una risposta cattolica. Mi fai sapere, infatti, che alcuni vescovi delle Gallie, che già avevano acconsentito che i rimanenti doni provenissero dalla grazia di Dio, vogliono che soltanto la fede, con la quale crediamo in Cristo, venga dalla natura, non dalla grazia, e che essa sia rimasta agli uomini da Adamo nel (potere del) libero arbitrio - ciò che è nefandezza che venga detto -, e che non venga anche ora concessa ai singoli dalla liberalità della divina misericordia; tu chiedi che per togliere ogni dubbio, noi confermiamo con l’autorità della sede apostolica la vostra professione, con la quale voi diversamente (da loro) definite che la retta fede in Cristo e che l’inizio di ogni buona volontà, secondo la verità cattolica, è ispirata ai sensi dei singoli mediante la grazia preveniente di Dio» (in «Denzinger», numero 398). Poi viene enunciato il principio di convergenza dei Padri: «(c. 2) E perciò, risultando che su tale questione hanno trattato in maniera amplissima molti padri, e prima degli altri il vescovo Agostino di beata memoria, ma anche i nostri predecessori, i vescovi della sede apostolica, così che nessuno in futuro dovesse avere dubbio che anche la fede stessa ci venga dalla grazia: abbiamo ritenuto di dover rinunziare ad un’ampia risposta; soprattutto giacché appare chiaramente secondo le citazioni che hai esposto dell’apostolo Paolo, nelle quali dice: “Ho conseguito la misericordia di essere fedele” (1 Cor. 7, 25), ed altrove: “A voi è stato dato riguardo a Cristo, non solo che crediate in lui, ma anche che soffriate per lui” (Fil. 1, 29), che la fede, con la quale crediamo in Cristo, come ogni cosa buona, venga alle singole persone dal dono della grazia celeste, non dal potere della natura umana».

Infine il Pontefice conferma ed insegna: «Ci rallegriamo che anche la tua Fraternità, avendo avuto un incontro con alcuni sacerdoti delle Gallie, abbia sentito ciò secondo la fede cattolica: nell’avere definito cioè, come mi hai fatto sapere, con unanimità che la fede, con la quale crediamo in Cristo, viene conferita dalla grazia preveniente della divinità, aggiungendo anche che secondo Dio non c’è nulla affatto di buono che qualcuno possa o volere o iniziare o operare o portare a compimento senza la grazia di Dio, giacché lo stesso nostro Salvatore dice: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv. 15, 5). È sicuro infatti e cattolico, che in tutti i beni, il massimo dei quali è la fede, la misericordia divina ci prevenga quando ancora noi non vogliamo, affinché vogliamo, che essa sia in noi quando vogliamo, che pure (ci) segue affinché perseveriamo nella fede, come dice il profeta Davide: “Dio mio, la sua misericordia mi preverrà” (Sal. 59, 11); ed ancora: “La mia misericordia è con lui” (Sal. 89, 25); e altrove: “La sua misericordia mi segue” (Sal., 23, 6). In modo simile anche il beato Paolo dice: “O chi gli ha dato per primo, e gli avrà restituito? Giacché da lui, e mediante lui e in lui sono tutte le cose” (Rm. 11, 35s). Perciò ci meravigliamo altamente che coloro che sentono in maniera contraria, siano ancora finora oppressi dai resti dell’antico errore, di non credere che si venga a Cristo per beneficio di Dio, ma della natura; e dicono che il bene della natura stessa, il quale si sa guastato dal peccato di Adamo, sia autore della nostra fede più che Cristo; e non comprendono che si oppongono alle parole del Signore che dice: “Nessuno viene a me, se non gli sarà stato dato dal Padre mio” (Gv. 6, 44); ma anche si oppongono contemporaneamente al beato Paolo che proclama agli Ebrei: “Corriamo alla gara che ci sta davanti, guardando all’autore e perfezionatore della fede Gesù Cristo” (Eb. 12, 1s). Stando così queste cose, non possiamo trovare che cosa attribuiscano alla volontà umana nel credere in Cristo senza la grazia di Dio, essendo Cristo l’autore e il perfezionatore della fede. - (c. 3) Approviamo quindi la vostra professione sopra scritta come concorde con i principi cattolici dei padri» (in «Denzinger», numeri 399-400). Andiamo avanti ...

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