E’ poi grandemente desiderabile e necessario che l’uso della divina Scrittura domini in tutta la scienza teologica e ne sia quasi l’anima. Questo affermarono in ogni età i Padri e i più insigni teologi e questo procurarono di fare. Essi infatti cercarono di stabilire e assodare le verità che sono oggetto di fede, come pure le altre che ne derivano, soprattutto per mezzo delle divine Lettere, e per mezzo di esse, come parimenti per mezzo della divina tradizione, cercarono di confutare i commenti innovatori degli eretici, di investigare la ragione, l’essenza, la correlazione dei dogmi cattolici. Nessuno dovrebbe meravigliarsi di ciò, se si pensa che, tra le fonti della rivelazione, è così insigne il luogo dovuto ai Libri divini che, senza uno studio e un uso assiduo di essi, non si può trattare di teologia in modo retto e secondo la sua dignità. Sebbene sia cosa giusta che nelle accademie e nelle scuole i giovani vengano esercitati specialmente nell’acquisto della conoscenza e scienza dei dogmi così che, posta l’argomentazione degli articoli di fede, si arrivi da questi alla conclusione di altri, seguendo le norme di una provata e solida filosofia, tuttavia un grave e dotto teologo non dovrà mai trascurare la stessa dimostrazione dei dogmi dedotta dall’autorità della Bibbia: «Infatti (la teologia) non riceve i suoi principi da altre scienze, ma immediatamente da Dio per mezzo della rivelazione. E perciò non riceve dalle altre scienze come fossero superiori, ma si serve di esse come inferiori e ancelle». Questo modo di insegnare la dottrina sacra ha quale maestro e auspice il principe dei teologi, l’Aquinate [san Tommaso d’Aquino, ndR], il quale, partendo da questa chiara comprensione dell’indole della teologia cristiana, insegnò in che modo il teologo possa difendere i suoi stessi principi, caso mai qualcuno li impugnasse: «Per mezzo dell’argomentazione rigorosa se l’avversario ammette qualcosa di ciò che si ha per divina rivelazione; come quando per mezzo dei testi autorevoli della sacra Scrittura disputiamo contro gli eretici, e per mezzo di un articolo ammesso disputiamo contro coloro che ne negano un altro.

Se poi l’avversario non crede ad alcuna delle cose divinamente rivelate, non rimane la possibilità di provare gli articoli di fede per mezzo di argomentazioni, ma solo si possono in tal caso sciogliere le obiezioni, se l’avversario ne adduce, contro la fede». Bisogna dunque provvedere affinché i giovani intraprendano gli studi biblici convenientemente preparati e agguerriti, perché non venga frustrata la giusta speranza che riponiamo in essi e perché, ciò che sarebbe maggior male, presi dagli inganni dei razionalisti e dall’apparenza di erudizione, non corrano incautamente il pericolo di sviarsi. Saranno ottimamente preparati, se avranno religiosamente coltivato e profondamente compreso la disciplina della filosofia e della teologia, secondo la guida dello stesso san Tommaso, seguendo quella via che additammo e prescrivemmo [cf. Æterni Patris, 4 agosto 1879, ndR]. Così cammineranno rettamente, sia nella scienza biblica come in quella parte di teologia cosiddetta positiva, e faranno in ambedue felicissimi progressi. [Prosegue la prossima settimana con la «Difesa - di Papa Leone XIII - della Sacra Scrittura contro gli errori moderni» ...]. Qui sarà possibile leggere tutta l'Enciclica ...

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