Noi tutti, per grazia di Dio, siamo cristiani, ma ci pensiamo così poco a questo dono grande che ci ha dato il Signore ! Potevamo nascere in terre selvagge, dove non si conosce ombra di Religione, potevamo nascere fra i turchi, dove si seguono pessime dottrine, potevamo nascere fra i protestanti, dove s’insegna l’errore; invece il Signore ci ha voluti in paesi cristiani, tra gente cristiana, con genitori cristiani. Vi par poca la grazia? Pensiamoci, o giovani, e ringraziamone Iddio! Ma tutto questo sarebbe stato inutile, se noi non cercassimo istruirci in quella Religione santa, in grembo alla quale Iddio ci ha posti, se non adempissimo il dovere sacrosanto di conoscere bene chi sia Nostro Signore Gesù Cristo, dal cui Nome noi ci diciamo cristiani, di conoscere gli esempi che Egli ci diede nei 33 anni che rimase con noi, tutte le verità che ci ha insegnato e che sono compendiate nel Credo, tutti i precetti che ci ha dato e che sono compendiati nel Decalogo. Ed imparare tutto questo per praticarlo, perché inutile sarebbe l’istruzione senza la pratica della vita cristiana, pratica necessaria per giungere alla salvezza eterna. è tutto qui, o giovani, il perché della nostra esistenza, tutto il resto è nulla. Voi sapete di quell’astronomo che, guardando le stelle, mentre passava su di un ponticello di legno, posto a cavallo del fiume, cadde nell’acqua e miseramente affogò. Gli vennero fatti funerali solenni e discorsi funebri interminabili, dove si lodava la sua scienza e le sue scoperte. Ma un vecchietto del popolo, dopo aver assistito a quel gran funerale: tutto bene, disse, ma se invece di studiare tanto le stelle quell’astronomo avesse imparato come si fa ad attraversare un fiume, non vi sarebbe caduto dentro. Importanza. Ricordo quando da piccino andavo all’esame della prima Comunione. Il mio vecchio Parroco ripeteva spesso, durante le sue istruzioni, una frase che, ben compresa, ha un’influenza grandissima sulla vita di un uomo. Egli diceva: fra tutti gli affari, il più importante è quello di salvare l’anima! Egli lo diceva con tanta insistenza e con tanta bontà, che era impossibile non imprimerselo nel cuore. Crescendo, negli anni, conobbi sempre meglio la verità di quella frase, mentre dall’istruzione religiosa apprendevo il perché della vita, la nullità delle cose di quaggiù e la necessità di acquistare dei meriti per la vita eterna. Quest’istruzione ci convince del dovere di condurre una vita buona, ci parla dell’assoluta necessità di raggiungere il fine ultimo per il quale siamo creati! Un giorno Gesù Redentore diceva ai discepoli che Lo attorniavano: «che giova all’uomo conquistare anche tutto il mondo se poi perde l’anima?» (San Matteo XVI,26). E dallo studio attento di questa frase noi abbiamo avuto in tutti i secoli dei Santi. Un altro giorno, là nel castello di Betania, diceva: «una cosa sola è necessaria» (San Luca X,42), salvare l’anima nostra. E noi dobbiamo imparare questa scienza che ci conduce alla vita. Obbligo. Ma voi non avete i libri per apprendere quest’istruzione da voi stessi, non ne avete il tempo, perché dovete frequentare la scuola, o lavorare nei campi od in bottega; e, dato anche che aveste tempo e libri, vi mancherebbe tanto spesso la buona volontà o il comprendonio per apprendere verità anche un po’ difficili. Dunque? Dunque ecco la Chiesa, ecco l’Oratorio, ecco il Catechismo domenicale, ecco la Scuola di Religione! Sono queste, o giovani, le aule che Iddio vi apre perché possiate istruirvi in questa scienza tanto necessaria, e voi dovete frequentarle con tutto l’impegno possibile, vincendo qualunque ostacolo: è un obbligo che ci fa il Signore, e davanti all’obbligo non si discute. Buone disposizioni. Non basta però andare all’istruzione religiosa, ma bisogna andarvi per imparare, e non tanto per accontentare la mamma, per avere un premio, per passare un po’ di tempo, o magari per disturbare... La conoscete la parabola del seminatore? è tanto bella e fa proprio al caso nostro. Un giorno il Salvatore divino, ad una gran folla di gente che si era adunata intorno a Lui, disse: «un seminatore andò a seminare e mentre spargeva il seme, parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli dell’aria e lo mangiarono. Altra parte cadde in luogo sassoso dove non trovò molta terra, e subito spuntò perché non aveva profondità di terreno, ma levatosi il sole, riarse, e perché non aveva abbarbicato, si seccò. Un’altra parte cadde tra le spine, e cresciute le spine, lo soffocarono e non recò frutto. Altro cadde in buon terreno, e dette frutto che venne su rigoglioso, e rese dove trenta, dove sessanta e dove cento». Ma i presenti non intesero il significato della parabola del Salvatore, e lo pregarono di spiegarla. Gesù, buono, acconsentì e spiegò loro: «quelli che sono lungo la strada dove è seminata la parola, sono coloro che appena l’hanno udita, subito viene Satana e porta via la parola seminata in loro. Similmente i seminati in luoghi sassosi sono coloro che, udita la parola, subito l’accolgono con gioia, e non hanno in sé radice, ma sono di corta durata, e venuta poi la tribolazione e la persecuzione per la parola, subito si scandalizzano. Gli altri seminati tra le spine sono coloro che ascoltano la parola, ma le cure del mondo e l’inganno delle ricchezze e le voglie delle altre cose s’insinuano a soffocare la parola; così resta infruttuosa. Ma quelli seminati in buon terreno sono coloro che sentono la parola e l’accolgono e fruttificano chi trenta, chi sessanta, chi cento» (San Matteo XIII,3-23). Tutti noi, o giovani, dobbiamo essere di questi ultimi, dobbiamo ascoltare la parola di Dio per farla fruttificare, dobbiamo imparare per mettere in pratica, istruirci per salvarci. Se si trattasse di cosa che, appresa una volta, bastasse per mantenerci sempre in salute, per farci contenti, per renderci ricchi, quanti sforzi si farebbero per impararla e per ritenerla! E non si deve fare altrettanto per imparare e praticare le verità della fede, che sole possono farci felici per sempre? Quando finirà questa vita, ci resteranno solo le opere buone compiute che ci condurranno al Cielo: guadagnato il Paradiso, lo godremo per sempre! Esempio: I due Apaches. Il mattino del 28 marzo 1912 alla prigione militare di Mans, presso Parigi, venivano giustiziati due giovani: Enrico Nolat di 20 anni e Beniamino Tisseau di 22. Il Consiglio di guerra li aveva condannati a morte, perché avevano assassinato una vecchia di 65 anni per derubarla di 16 lire e 60 centesimi. Erano cresciuti sul marciapiede, senza cognizione alcuna delle verità eterne: unico loro fine il capriccio ed il piacere. Ma in carcere erano spesso visitati da due santi sacerdoti, e da essi furono istruiti nella Religione e convertiti. In una lettera indirizzata ai suoi difensori il Tisseau scriveva: «Sono caduto tanto in basso per il cattivo insegnamento ricevuto in gioventù... ma la colpa che mi ha reietto dalla società è divenuta per me un bene, poiché in questa prigione ho trovato un prete che mi ha insegnato che cosa sia veramente la vita, poiché confesso di non averla mai appresa». E terminava: «Vorrei che queste righe potessero servire di lezione a molti giovani i quali, come me, si lasciano ingannare dalle idee menzognere che si spargono nel mondo». E noi, o giovani, ringraziamo il Signore di avere chi ci dà quest’istruzione che troppo tardi ha trovato questo disgraziato!

Il Credo e il Decalogo all’oratorio. Istruzione religiosa. Da Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. SS n° 2, p. 1 - 2