La culla di Betlemme è una cattedra sublime: vi siede sopra N. S. Gesù Cristo, Salvatore delle genti, Verbo del Padre, Maestro supremo ed unico, e vero. Da quella cattedra Gesù Bambino insegna: 1° a rinunciare alle vanità del mondo; 2° ad apprezzare la povertà; 3° ad amare le sofferenze. Gesù Bambino ci insegna a rinunciare alle vanità del mondo, cioè alla superbia e al fasto esteriore. La superbia rovinò l’uomo nel paradiso terrestre; da quel giorno essa regnò nel mondo. E Gesù nasce umile bambino, nasce in una squallida grotta, per dirci che la gloria del mondo, la grandezza terrena, e la superbia umana non devono sedurre il nostro cuore. Egli incomincia a predicarci coll’esempio ciò che più tardi ci dirà colla parola: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore; e troverete riposo alle anime vostre» (S. Matt. XI, 29). Gesù Bambino ci insegna ad apprezzare la povertà. Il nostro spirito ci inclina a pensare secondo le massime del mondo. Il mondo riguarda come beati i ricchi, e come sventurati i poveri. Gesù insegnerà invece che beati sono i poveri di spirito, cioè quelli che hanno il cuore staccato dalle ricchezze e dai beni terreni; e incomincia, nascendo povero e chiamando i poveri per primi alla sua culla, ad insegnarci coll’esempio che la povertà non è sventura, a farci sentire che nella povertà vi sono invece dei preziosi tesori. Il povero è più caro a Dio, il povero è più generoso, è staccato dal mondo e perciò pensa più facilmente al cielo. Il Signore di tutti, nasce nella più squallida povertà. Se noi, o fedeli, siamo poveri, non invidiamo i ricchi, e procuriamo di acquistarci i beni eterni del cielo. Se siamo ricchi amiamo i poveri, vediamo in loro la persona del Bambino di Betlemme, ricordiamoci che le ricchezze non sono nostre, ma di Dio, che ne siamo non proprietari, ma amministratori, che dovremo rendergli conto dell’uso che n’avremo fatto; che le ricchezze, se non ci servono per l’acquisto del cielo, sono per noi una sventura, e che perciò dobbiamo essere generosi verso i poveri, verso la Chiesa e verso tutte le opere ed istituzioni buone (di corretta dottrina e di sana morale, ndR). Gesù Bambino ci insegna ad amare e stimare le sofferenze. Egli soffre appena nato; soffrirà per tutta la vita mortale; la chiuderà, tra dolori inenarrabili, sulla croce. Anche noi abbiamo a soffrire, e in molti modi: nell’adempimento del nostro dovere, nel lavoro, nelle malattie, nelle croci, nel sopportare le persone moleste, con cui dobbiamo necessariamente vivere. Talora calunnie, disprezzi, rovesci di fortuna; sono tante le sofferenze che ci accompagnano nel cammino della vita terrena. Chi soffre con rassegnazione, per amore e ad imitazione di Gesù, trae largo frutto dalle croci, soddisfa la giustizia di Dio, si acquista meriti per il cielo, si stacca sempre più, coll’affetto, dalla terra, si rende conforme a Gesù accompagnandolo per la via del Calvario, che è la via regia del cielo.

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