Teologia Politica n° 35. Obiezione numero quattro. La Chiesa è contro la laicità degli Stati, ciò è un male!

Passiamo in rassegna, con mons. Emile Guerry (Op. cit., pag. 43 ss.), la quarta obiezione nota: «Molti cristiani sono contrari alla Dottrina sociale della Chiesa, perchè difendono la laicità dello Stato».

Per principiare, bisogna chiarire cosa si intende con l’espressione: «laicità dello Stato», dunque è necessario dare una definizione chiara, se non si vuole che venga «gravemente compromessa la libertà delle coscienze» (Ivi.), da non confondere con la pretesa «legalizzazione dell’errore», poiché l’errore non ha diritti.

Premettiamo, altresì, con Papa Leone XIII, che: «vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo governava la società: allora la forza della sapienza cristiana e lo spirito divino erano penetrati nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in ogni ordine e settore dello Stato, quando la religione fondata da Gesù Cristo, collocata stabilmente a livello di dignità che le competeva, ovunque prosperava, col favore dei Principi e sotto la legittima tutela dei magistrati; quando sacerdozio e impero procedevano concordi» (cf. Immortale Dei, 1° novembre 1885).

A tali condizioni, «la società trasse […] frutti inimmaginabili, la memoria dei quali dura e durerà, […] nessuna mala arte di nemici può contraffare od oscurare. Il fatto che l’Europa cristiana abbia domato i popoli barbari e li abbia tratti dalla ferocia alla mansuetudine, dalla superstizione alla verità; che abbia vittoriosamente respinto le invasioni dei Maomettani; che abbia tenuto il primato della civiltà; che abbia sempre saputo offrirsi agli altri popoli come guida e maestra per ogni onorevole impresa; che abbia donato veri e molteplici esempi di libertà ai popoli; che abbia con grande sapienza creato numerose istituzioni a sollievo delle umane miserie; per tutto ciò deve senza dubbio molta gratitudine alla religione » (Ivi.).

Il Pontefice prosegue affermando che «certamente tutti quei benefìci sarebbero durati, se fosse durata la concordia tra i due poteri (sacerdozio e impero): e a ragione se ne sarebbero potuti aspettare altri maggiori, se con maggiore fede e perseveranza ci si fosse inchinati all’autorità, al magistero, ai disegni della Chiesa» (Ibid.).

Si deve infatti attribuire, secondo la Chiesa,  «il valore di legge eterna» alla «grandissima sentenza» scritta da Ivo di Chartres al Pontefice Pasquale II: «Quando regno e sacerdozio procedono concordi, procede bene il governo del mondo, fiorisce e fruttifica la Chiesa. Se invece la concordia viene meno, non soltanto non crescono le piccole cose, ma anche le grandi volgono miseramente in rovina».

Ciò premesso, diciamo col Guerry che «la laicità dello Stato deve essere intesa come affermazione della sua autonomia nell’ambito suo proprio dell’ordine temporale, nell’esercizio delle proprie funzioni e dei propri servizi dell’ordine politico, economico, amministrativo, giudiziario, militare, scolastico, ecc. […]» ed «in questo campo lo Stato non ha nulla da temere dalla Dottrina sociale della Chiesa, nè dalla sua azione».

Tuttavia la Chiesa «ha distinto da questo senso, del tutto […] legittimo della ‘laicità’, un altro senso: quello di una dottrina filosofica del ‘laicismo’ che lo Stato pretenderebbe imporre alle coscienze nelle sue scuole, nelle sue amministrazioni, nei suoi pubblici servizi, ‘laicismo’ che va sino alla formale negazione di Dio, della sua legge morale, del Vangelo ed a volte sino ad una lotta contro la Chiesa, che è [falsamente, ndA] presentata come desiderosa di imporre alle società moderne il suo dominio universale» (Op. cit., pag. 44).

Questa concezione anti-religiosa è «ben logico che la Dottrina sociale la respinga, la combatta come un attentato alla vera libertà delle coscienze [da non confondere con la pretesa legittimazione dell’errore, ndA], alla missione stessa dello Stato […]. Il rifiuto dello Stato di riconoscere una morale superiore universale fondata sulla legge naturale (sul vero Dio) conduce, per esempio, direttamente all’assolutismo, a tutti gli abusi della dittatura, come ne ha fatto esperienza la Russia sovietica [o] la Germania hitleriana» (Ivi.).

Alla luce della storia e dopo aver dimostrato che civiltà e civilizzazione vengono dalla Chiesa, dai gloriosi regnanti e popoli che furono Cattolici, Leone XIII conclude: «è grande e deleterio errore escludere la Chiesa, che Dio stesso ha fondato, dalla vita pubblica, dalle leggi, dall’educazione dei giovani, dalla famiglia. Non possono esservi buoni costumi in una società cui sia stata tolta la [vera, ndA] religione: e si sa ormai anche troppo bene in che consista, e a che porti quella filosofia di vita e di costumi che chiamano civile. La Chiesa di Cristo è vera maestra di virtù e custode della buona condotta: essa è colei che mantiene fermi i principi dai quali derivano i doveri, e che, esposti i più efficaci motivi per vivere virtuosamente non solo ammonisce a fuggire le azioni malvagie, ma a controllare altresì i moti dell’animo contrari alla ragione, anche quelli che non sfociano in azioni concrete» (Ibid.).

Abbiamo brevemente dimostrato che anche questa obiezione è mendace, viene confutata dalla storia stessa: che il tentato sovvertimento di Trono e Altare produce rovina, essendo esso stesso un attentato a Dio, alla Sua Chiesa, dunque alla civiltà!

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata