• Ci sono alcune cause le quali, considerate in se stesse, sono indifferenti verso effetti contrari: e questo capita specialmente per le facoltà di ordine razionale, le quali, come nota il Filosofo, sono capaci di atti opposti. E tali effetti, come pure gli effetti che derivano di rado dalle cause fisiche, non si possono conoscere in precedenza dall’analisi delle loro cause: perché appunto queste non hanno un’inclinazione determinata a codesti effetti. Perciò tali effetti non si possono conoscere in precedenza che osservandoli in se stessi. Ma l’uomo non è in grado di farlo, se non quando essi sono presenti, come quando uno vede Socrate correre o camminare. Invece osservare codesti fatti in se stessi prima che avvengano è proprio solo di Dio, il quale nella sua eternità vede il futuro come il presente, secondo le spiegazioni date nella Prima Parte. Di qui le parole di Isaia: «Annunziate le cose che verranno in futuro, e conosceremo che siete dei». Perciò se uno presume in qualsiasi modo di conoscere e di predire il futuro, senza una rivelazione di Dio, evidentemente usurpa una prerogativa divina. Ecco perché alcuni si dicono indovini, o divini, come spiega S. Isidoro nelle sue Etimologie: «Si denominano indovini, o divini come si dicesse pieni di Dio: infatti essi fingono di essere ripieni della divinità, e con astuzia e con frode predicono alla gente il futuro». (...) Allora soltanto si parla di divinare, o indovinare, quando uno usurpa ingiustamente la facoltà di predire il futuro. Ora, questo è peccato. Dunque la divinazione è sempre peccato. Ecco perché S. Girolamo afferma, che «la divinazione si prende sempre in senso cattivo». (...) Certe discipline mirano a conoscere eventi futuri che avvengono in maniera necessaria e costante. Ma per conoscere eventi futuri di altro genere non ci sono delle vere arti o discipline, bensì arti ingannevoli e vane, inventate dalle industrie del demonio, come afferma S. Agostino (cf. Somma Th., II-II, q. 95, a. 1).

• Rientrano nella superstizione non soltanto l’offerta idolatrica del sacrificio fatto ai demoni, ma anche il ricorso all’aiuto dei demoni per fare, o per conoscere qualche cosa. Ebbene, qualsiasi divinazione deriva dall’intervento diabolico: o perché i demoni sono espressamente invocati per manifestare il futuro; oppure perché essi intervengono nelle vane ricerche del futuro, per irretire le anime umane nelle vanità, a cui il giusto, a detta del Salmista, «non volge l’occhio, come non bada alle follie menzognere». Ora, si ha una vana ricerca del futuro quando uno tenta di conoscerlo da chi non può apprenderlo. Perciò la divinazione è una specie di superstizione. (...) La divinazione appartiene alla curiosità quanto allo scopo perseguito, che è la conoscenza del futuro. Ma appartiene alla superstizione per i suoi procedimenti. (...) La divinazione rientra nel culto dei demoni, perché in essa si ricorre a dei patti taciti o espressi col demonio (cf. Somma Th., II-II, q. 95, a. 2).

• Qualsiasi divinazione, come abbiamo già detto, fa ricorso al consiglio e all’aiuto dei demoni al fine di conoscere il futuro. E questo intervento, o è invocato espressamente; oppure prescindendo dall’invocazione dell’uomo, i demoni stessi pensano a intromettersi nella predizione di cose future che sono ignote all’uomo, ma non ad essi (e solamente) nella maniera indicata da noi nella Prima Parte. Ora, i demoni espressamente invocati usano predire il futuro in molte maniere. Talora infatti si offrono alla vista e all’udito degli uomini per annunziare il futuro con prestigiose apparizioni. E questa specie di divinazione è chiamata prestigio, dal restringimento dell’occhio nella visione. - Talora si presentano nel sonno. E abbiamo la divinazione onirica. - Altre volte si ricorre all’apparizione e alla locuzione dei morti. E questa specie si denomina negromanzia; perché, come spiega S. Isidoro, «necros, in greco significa morto; e mantia, divinazione: poiché dopo certi incantesimi, dove si fa uso del sangue, si vedono dei morti risuscitati, i quali predicono l’avvenire e rispondono alle questioni che loro sono proposte». - Talora invece essi predicono il futuro servendosi di uomini vivi: come avviene negli ossessi. È questa la divinazione delle pitonesse, così denominate, a detta di S. Isidoro, «da Apollo Pitico, che era considerato l’autore degli oracoli». - In altri casi essi predicono il futuro mediante figure o segni che appaiono nelle cose inanimate. Se appaiono in corpi terrestri, come il legno, il ferro o la pietra lavorata, si parla di geomanzia; se appaiono nell’acqua, abbiamo l’idromanzia; se nell’aria, l’aeromanzia; se nel fuoco, la piromanzia; se poi quei segni si riscontrano nelle viscere degli animali immolati sulle are dei demoni, si parla di aruspicio. A sua volta la divinazione che viene fatta senza l’espressa invocazione del demonio si divide in due generi. Il primo consiste nel prevedere il futuro in base alla disposizione di determinate cose. Se uno tenta di farlo basandosi sulla posizione e sul moto delle stelle, si mette nel numero degli astrologi; i quali sono chiamati anche genetliaci, perché partono dalla considerazione del giorno della nascita. - Se invece si ricorre al moto o al canto degli uccelli, oppure di altri animali; o anche allo starnutire degli uomini o alle reazioni delle loro membra, si ha l’augurio, parola latina che deriva da avium garritus (garrire di uccelli), come auspicio da avium inspectio (osservazione di uccelli), che si riferiscono rispettivamente l’uno alle orecchie, e l’altro agli occhi; perché in queste predizioni si conta specialmente sull’osservazione degli uccelli. - Se invece l’osservazione prende di mira le parole umane pronunziate con altra intenzione, ma che vengono applicate al futuro di cui si vuole la previsione, allora si ha il presagio. E come scrive Valerio Massimo, «l’osservazione dei presagi ha dei legami con la religione. Poiché si crede che non fu per un atto fortuito, ma per divina predisposizione che mentre i Romani deliberavano se dovessero trasferirsi altrove, per caso un centurione gridasse: “Portabandiera, pianta l’insegna: fermiamoci qui”; parole che in quel momento furono prese per un presagio, rinunziando all’idea del trasferimento». - Se poi ci si ferma ad osservare certe disposizioni nelle figure di determinati corpi, si hanno altri tipi di divinazione. Poiché la divinazione tratta dalle pieghe della mano si denomina chiromanzia: chiros infatti in greco significa mano. Quella invece tratta dalle figure rilevate nella spatola di certi animali si denomina spatolomanzia. L’altro genere di divinazioni, fatte senza l’espressa invocazione dei demoni, abbraccia la divinazione che si compie mediante l’osservazione degli indizi forniti seriamente dagli uomini per scoprire cose occulte: sia col prolungare dei punti (il che ci riporta alla geomanzia); sia mediante l’osservazione delle figure riscontrate nel piombo fuso e gettato nell’acqua; sia ricorrendo a delle carte, scritte o non scritte, di cui si considera la scelta che uno ne fa senza conoscerne la collocazione; sia proponendo delle festuche più o meno lunghe, e osservando come uno sceglie; sia gettando i dadi per vedere quanti punti uno fa; sia considerando le parole che capitano nell’aprire un libro. Tutte queste pratiche si denominano sortilegi. Perciò è evidente che vi sono tre generi di divinazione. Il primo è quello che ricorre all’aperta invocazione dei demoni: e questo appartiene ai negromanti. Il secondo si limita all’osservazione delle disposizioni e del comportamento di cose esterne: e questo è il dominio degli auguri. Il terzo consiste nel fare noi stessi qualche cosa per conoscere cose occulte: e allora abbiamo i sortilegi. Ma ciascuno di questi generi abbraccia molte specie, come risulta da quanto abbiamo detto. (...) La conoscenza del futuro o delle cose occulte è il fine ultimo, dal quale deriva la nozione generica di divinazione. Ma le varie specie si distinguono secondo il proprio oggetto, o materia: e cioè in quanto codesta conoscenza dipende da cose diverse (cf. Somma Th., II-II, q. 95, a. 3).

• Come sopra abbiamo notato, nella divinazione che deriva da opinioni false e menzognere si intromette l’operazione del demonio, per irretire le anime nella menzogna e nell’errore. Ora, uno accetta opinioni false e menzognere, se pretende di conoscere dall’osservazione degli astri cose future che in tal modo non si possono prevedere. Perciò bisogna stabilire quali siano le cose future che è possibile prevedere dall’osservazione dei corpi celesti. Ora è evidente che è possibile prevedere così certi fenomeni che avvengono per necessità causale: gli astronomi, p. es., prevedono in questo modo le eclissi future. Però sulla previsione del futuro dall’osservazione degli astri molte sono state le opinioni. Infatti ci furono alcuni i quali dissero che le stelle non producono ma piuttosto significano, o indicano gli eventi previsti dall’osservazione di esse. - Ma questa tesi è insostenibile. Perché un segno materiale, o è effetto di ciò che indica, come il fumo indica il fuoco dal quale è prodotto; oppure deriva con esso da una medesima causa, cosicché mentre indica la causa indirettamente indica pure l’effetto: così l’arcobaleno talora indica il sereno perché la causa di esso è la causa stessa della serenità. Ora, non si può dire che la posizione e i moti dei corpi celesti siano effetti degli eventi futuri. E neppure si possono ricollegare a una causa superiore comune di ordine materiale. Possono però risalire a quell’unica causa comune che è la provvidenza divina: ma quest’ultima dispone i moti e la posizione degli eventi futuri contingenti. Perché gli astri sono disposti con criteri di necessità, dovendo comportarsi sempre allo stesso modo, i futuri contingenti seguono criteri di contingenza, in modo da capitare in diverse maniere. Perciò, dall’osservazione degli astri, non è possibile desumere altra previsione degli eventi futuri, all’infuori di quella che consiste nel prevedere gli effetti dalle loro cause. Ma alla causalità dei corpi celesti sfuggono due serie di effetti. Primo, tutti i fatti che avvengono per accidens, sia negli avvenimenti umani, che nei fenomeni naturali. Poiché, come spiega Aristotele, ciò che è per accidens non ha causa: specialmente se s’intende una causa naturale, qual è appunto la virtù dei corpi celesti. Infatti ciò che avviene per accidens propriamente non ha né entità né unità: che mentre cade una pietra, p. es., capiti un terremoto; oppure che un uomo nello scavare un sepolcro trovi un tesoro; e altre cose del genere sono fatti che non hanno connessione o unità, ma di suo rimangono cose sconnesse e molteplici. Invece la natura termina sempre a un’unità: come parte da un principio unitario che è la forma dell’essere fisico che agisce. Secondo, alla causalità dei corpi celesti sfuggono gli atti del libero arbitrio, che è «facoltà della volontà e della ragione». Infatti l’intelletto, o ragione, non è corpo, né atto di organo corporeo, e quindi neppure è tale la volontà, che è insita nella ragione, come il Filosofo dichiara. Ora, nessun corpo può agire su una realtà incorporea. Perciò è impossibile che i corpi celesti direttamente agiscano sull’intelletto e sulla volontà: ciò infatti equivarrebbe a negare la differenza tra l’intelletto e i sensi; cosa che Aristotele rimprovera a coloro i quali affermavano che «tale è negli uomini il volere, quale ogni giorno lo dà il Padre degli uomini e degli dei», cioè il sole, o il cielo. Dunque i corpi celesti non possono essere la causa diretta degli atti del libero arbitrio. - Tuttavia essi possono inclinare ad agire in dato senso come predisposizioni: perché influiscono sul corpo umano, e quindi sulle facoltà sensitive, che, attuandosi in organi corporei, influiscono come inclinazioni sugli atti umani. Siccome però le potenze sensitive ubbidiscono alla ragione, come il Filosofo insegna, questa inclinazione non impone nessuna necessità al libero arbitrio, ma l’uomo può agire contro l’inclinazione dei corpi celesti. Se uno quindi si serve dell’osservazione degli astri per prevedere il futuro casuale e fortuito, oppure per predire con certezza gli avvenimenti umani, ciò si deve a un’opinione falsa e menzognera. E allora interviene l’opera del demonio. Perciò tale divinazione è superstiziosa e illecita. - Se uno invece si serve dell’osservazione degli astri per prevedere fenomeni che son causati dai corpi celesti, quali la siccità, la pioggia, e simili, allora la sua divinazione non è né illecita né superstiziosa. (...) Il fatto che gli astrologi spesso predicono il vero si può spiegare in due modi. Primo, perché la massa degli uomini segue le passioni corporali, e quindi i loro atti per lo più seguono l’inclinazione dei corpi celesti: mentre sono pochi, e cioè i savi soltanto, che pensano a governare con la ragione codeste inclinazioni. Ecco perché gli astrologi in molti casi predicono il vero: e specialmente a proposito degli avvenimenti pubblici, che dipendono dalla massa. Secondo, con l’intervento diabolico. Afferma infatti S. Agostino: «Bisogna riconoscere che quando gli astrologi dicono il vero, ciò avviene sotto una ispirazione occultissima, che le anime umane subiscono senza saperlo. E siccome ciò avviene allo scopo d’ingannare gli uomini, è opera di spiriti immondi e seduttori, ai quali è permesso di conoscere alcuni dati veri sulle cose temporali». E quindi conclude: «Per questo il buon cristiano deve guardarsi dagli astrologi e da tutti coloro che da empi esercitano l’arte divinatoria, specialmente se predicono il vero: affinché la sua anima non venga irretita da essi mediante il commercio con i demoni, in un’intesa con questi» (cf. Somma Th., II-II, q. 95, a. 1).

San Tommaso d’Aquino