• La Chiesa (...) ha sempre proseguito nel medesimo cammino, e anche oggi non procede diversamente. Chi non sa come il Nostro Predecessore Pio X, di santa memoria, aprì largamente ai fedeli, e specialmente ai fanciulli, le porte verso le fonti eucaristiche della grazia? Sarebbe però una funesta illusione il credere che l’efficacia del sacramento, l’opus operatum, dispensi le anime dalla cooperazione nel procurare la loro salvezza. Uno degli effetti della Santissima Eucaristia, «tamquam antidotum, quo liberemur a culpis quotidianis, et a peccatis mortalibus praeservemur» (Conc. Trident. Sess. XIII cap. 2), consiste appunto nel dare la forza per la lotta contro il peccato. La vita del cristiano, che s’informa all’esempio di Cristo, è vita di combattimento contro il demonio, il mondo e la carne. Il darsi al quietismo non è stato mai un bene, e un bene (non) è oggidì, meno che mai, nella Chiesa come società, e nella vita religiosa di qualsivoglia persona. Possano i fedeli, i quali ascoltano dai pergami la parola di Dio, schiudere con avida brama il loro spirito alla cognizione della verità e della vita soprannaturale, che viene loro offerta; ma a tale cognizione è necessario che facciano seguire l’osservanza dei comandamenti e che, perseverando nelle opere buone, crescano e si rinvigoriscano nella grazia. • Non è nostra intenzione favorire un duro rigorismo. Chi ha cura di anime sa con benevola comprensione aver riguardo alle persone e alle circostanze, che consigliano mitezza e adattamento nelle cose non essenziali. Ma l’inflessibilità della ragione e del dovere possiede un largo campo irriducibile là dove imperano i comandamenti di Dio, obbliganti sempre e dappertutto alla volontaria sommessione e abnegazione di se stessi e delle proprie passioni, al dominio delle male inclinazioni e al rafforzamento del proprio coscienzioso volere per i momenti delle più gravi risoluzioni.
• L’eroismo, Cristo non lo rinvenne in tutti; a chiunque manifestava anche soltanto una traccia di buona volontà, (Egli) porgeva la mano e ispirava coraggio; al tempo stesso, però, non si astenne dall’enunciare le più alte domande: «Se alcuno vuol tenermi dietro, rinneghi se stesso e prenda ogni giorno la sua croce e mi segua» (Luc., IX, 23). «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Matth., V, 48). Per condurre gli uomini a così alta meta, la Chiesa tutti soccorre, sempre con l’intento di più e più avvicinare alla perfezione del Padre celeste quanti credono in Cristo e praticano i suoi insegnamenti e comandi.
• Essa sta sul monte, visibile a tutti, «madre de’ santi, immagine della città superna»‚ mentre pur apparisce che lo scristianamento intorno a lei ha guadagnato e guadagna terreno. Ma questo fatto, per quanto doloroso, deve forse scoraggiarvi (...)? La Chiesa è là sul suo fondamento, inflessibile alle defezioni e alle persecuzioni, perché essa è la forza di Dio e di Cristo. Fu detto che, se Dio non vi fosse, bisognerebbe inventarlo [Cf. Fiòdor Dostojevskij, I fratelli Karamàzov (traduzione dal russo) lib. 2 n.. 6 e lib. 5 n. 3]: senza un Dio che abbia segnato agli uomini la distinzione e i confini del bene e del male, non splenderebbe alla ragione una legge di moralità su questa terra. Là ove domina la fede (nel) Dio personale, rimane saldo l’ordine morale, determinato dai dieci precetti del Decalogo; altrimenti, o prima o poi, miseramente crolla. Soltanto là ove quest’ordine illumina la mente, dirige il cuore e impera alle passioni, la vita dei singoli individui e delle comunità ha sostegno e vigore, e si mostra degna della creatura ragionevole. Poiché esso solo assicura e nobilita la dignità umana, i cui lineamenti si identificano con quelli del Decalogo; cosicché solamente se opera entro quell’ordine, entro quel limite dei dieci comandamenti, la libera volontà grandeggia nella virtù e nei suoi atti, come (il maggior dono che Dio, per Sua grandezza, fece creando) all’uomo. Quando invece (l’uomo)esce da quei confini e fa lecito ogni suo libito (Cf. Inf. 5, 56), voi la vedete tramutarsi in un torrente impetuoso, che ha lasciato il suo alveo e, varcati gli argini, si riversa attraverso la regione, recando devastazione e morte. Non è forse vero che senza quei legami la libera volontà è più pericolosa e audace che il naturale istinto degli animali selvatici o feroci? Le masse umane, che non conoscono Dio nella (vera) religione, non si possono alla lunga frenare e reggere se non col terrore; ma il terrore è la fine e la morte della dignità e della libertà umana.
• Oggigiorno l’umanità, che non ha chiuso gli occhi sopra i movimenti sociali, vede e contempla tale concatenazione di tristi cause ed effetti e le amare e dolorose loro conseguenze. Se la elevata prosperità materiale delle ultime generazioni tenne in qualche modo lontani i rovinosi mali derivanti dall’allontanamento da Dio, o almeno li ricoprì, quando umanamente parlando vi sarebbe potuto essere motivo di scoraggiamento; al presente, in questo tempo di miseria, senza nome e soccorso, che ha fatto scomparire ogni alta floridezza economica, ecco che in mezzo al disfacimento dei pubblici ordinamenti, mentre la convivenza umana avrebbe tanto più bisogno delle forze religiose e morali, si fa invece tristemente sentire la diminuzione della fede in Dio e della osservanza dei Suoi comandamenti. Ciò che ci insegnano l’esperienza e la contemplazione di quest’ora tragica è quasi un insegnamento intuitivo dell’ammonimento della Sacra Scrittura, la quale proclama che l’uomo, libero di risolversi, deve sapere quel che egli sceglie, acqua o fuoco, vita o morte: ciò che preferisce gli sarà dato (Cf. Eccli., XV, 17-18). Il tempo, che sì fieramente volge e trascina nel sangue e nel dolore tanti popoli e nazioni [il Papa sta insegnando in tempo di guerra, ndR], è veramente tale da far sentire e ascoltare i comandamenti di Dio non come voce di molesta coazione, (così come) si amava di rappresentarli nei giorni di prosperità esteriore e di benessere materiale, ma come lieta novella, come promessa, di protezione, salvezza e redenzione; e così possiate voi (Parroci) annunziarli al popolo!
[Dal Discorso di Sua Santità Pio XII ai parroci ed ai quaresimalisti di Roma, martedì 23 febbraio 1944; cf. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, V, Quinto anno di Pontificato, 2 marzo 1943 - 1° marzo 1944, pp. 185-207. Tipografia Poliglotta Vaticana. Documento ricco di infallibili sentenze ed attualissimo].