Alcune sere dopo, nella camera del comunista, Cesare Fortini e Paolo Selva discutevano animatamente. Sandro insolentiva, come al solito, contro i ricchi! — Se ne vanno a spasso in macchine di lusso — diceva — e sprecano la benzina che potrebbe servire a mandare avanti tante macchine agricole, o che so io!... —       Ma senti un po’: — lo interruppe Paolo — ti ricordi il mattino di sabato scorso, in corriera, che cosa ci hai detto quando vedesti quella bellissima macchina ferma a Valtornenza? — Sì, lo ricordo. Vi ho detto: «Vedete quella macchina? Io vorrei pigliare il padrone per il cravattino e mandarlo a lavorare: deve essere uno di quelli che non fanno nulla tutto il giorno!». E con questo? — E con questo hai detto una grande sciocchezza: perchè il padrone di quella macchina non era altri che il signor Silvio Montini... — Sul serio?!... Una scampanellata troncò la discussione. Mamma Laura corse ad aprire: era papà Vincenzo.— Oh, venite avanti, signor Cavaliere! — Tutti si alzarono e gli fecero festa. Per chi non lo sapesse, papà Vincenzo era il vecchio cavalier Vincenzo Borghi, uomo rettissimo, proprietario di una modesta officina meccanica, nella quale lavoravano una quarantina di operai. Ma, per i nostri tre amici, egli era qualche cosa di più ancora. Era stato il loro maestro di Catechismo nella vicina parrocchia, e li aveva poi sempre seguiti nella vita come un buon padre. Se avevano ottenuto un buon impiego, lo dovevano proprio a lui, e più volte, ora l’uno, ora l’altro, avevano dovuto esperimentare gli effetti del suo buon cuore. Sedutosi accanto all’infortunato, dopo le sincere condoglianze e le altre domande det­tate dalle circostanze, finalmente venne al punto ...

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Per inviare una donazione Cliccare qui. «Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida... Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili» (San Francesco di Sales, «Filotea»). Per scaricare il PDF cliccare qui.

Vette Colline Pianure

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