Dal Palazzo Arcivescovile di Salerno. «Abbiamo dovuto constatare spesso una vera igno­ranza di elementari principii circa il culto dovuto a Dio e ai Suoi Santi, la Santa Messa, la pratica dei Sacramenti, vene inesauribili di oro spirituale per le anime nostre. E così è che vien fatto di vedere in certe chiese il Tabernacolo Eucaristico deserto di ornamenti e di luce, e le statue dei Santi illuminate con sfarzo, ricche di ornamenti, spesso, perfino grotteschi! E mentre il fedele passa qualche volta innanzi al San­tissimo, senza nemmeno inchinare la fronte, si pro­stra in doppia genuflessione dinanzi all’immagine del Protettore!... Molto c’è da correggere nelle ma­nifestazioni del Culto; come urge moderare certe feste che oggi, per mancanza di disciplina, riescono poco edificanti. Che se dal campo della fede passiamo a quello della morale, come già di sopra abbiamo accennato, quella mancanza di coscienza che deve regolare le nostre azioni, informandole alla giustizia distributiva, e quanti altri mali lamentiamo nell’individuo e nella famiglia, non devono essi pure attribuirsi, per la massima parte, alla mancanza di cognizione della Legge di Dio e dei precetti della Chiesa? Contro tale deplorata deficienza giova ricordare che il culto e l’atto che esprime la nostra fede. Questa fede è venuta da chi ebbe la missione di predicarla “Fides ex auditu”. L’espressione, dunque, di nostra fede dobbiamo impararla da chi ne è il banditore. La stessa ragione, pertanto, è di credere e di operare, di guisachè per piacere veramente ai Santi ed ottenerne l’intercessione, bisogna strettamente attenersi al culto quale e dalla Chiesa pre­scritto; né è lecito ai semplici fedeli intromettersi in ciò che loro non compete. La stessa legislazione civile riconosce esclusivamente alla Chiesa il diritto di disciplinare il culto e le feste religiose. Dobbiamo noi enumerare tutti gli abusi che ab­biamo constatato al riguardo delle feste religiose?... Sorgono comitati autonomi, non sempre composti degli elementi migliori del paese; formano a talento il programma, v’includono ancora la scelta del pre­dicatore, e poi ne pretendono dal parroco o dal clero l’osservanza. Se si osa affacciare eccezione, sentite rispondere: “I preti” (e qualche volta anche “il Vescovo”) “fanno perdere la fede!!”. Si può dare ignoranza più crassa? Si può tollerare che l’incom­petenza di pochi profani le feste religiose e, conse­guentemente, impedisca tutte quelle grazie che il Signore è disposto a concedere per l’intercessione dei Santi Patroni nei giorni delle loro solennità ? Può più a lungo durare un simile stato di cose, quando i fedeli hanno il diritto di celebrare santamente tali feste, dando la dovuta importanza a ciò che è vera­mente religioso e non già all’accessorio, che — ri­manendo nei propri limiti — va pure incoraggiato? Le sacre funzioni passano spesso in seconda linea mentre per i festeggiamenti esterni si sperpera inu­tilmente tanto danaro, senza tener conto che le chiese reclamano dei restauri, che tanti poveri hanno bi­sogno d’ essere soccorsi». Questo tratto altamente paterno l’abbiamo accolto dalla Pastorale di Mons. Carlo Gregorio M. Grasso, Arcivescovo Primate di Salerno, scritta per la Qua­resima del 1923. Esso illumina lo scopo del nostro opuscoletto. Esso v’ incoraggi, o lettori, a seguirci con cortese attenzione. Prosegue nel PDF ...

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Per inviare una donazione a Sursum Corda Cliccare qui. «Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida... Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili» (San Francesco di Sales, «Filotea»). Per scaricare il PDF ocr cliccare qui.

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