L'uso delle maschere ne' sacerdoti in tempo di Carnevale, esaminato dal P. Girolamo Dal Portico della Congregazione della Madre di Dio. Imprimatur 1738.
Un breve sintesi tratta dall'Enciclopedia Treccani: «Della questione dell'uso della maschera da parte dei preti avevano dibattuto, dal Seicento, anche i probabilisti e gli esperti di casistica compresi non pochi esponenti della corrente del lassismo. Un estremista di questa corrente, il veneziano Marco Vidal, dei teatini, nel suo Arca Vitalis ... (Venetiis 1650) aveva dedicato (sbagliando, ndr.) non poche pagine alla dimostrazione che non v'era peccato mortale per gli ecclesiastici secolari o regolari che si fossero travestiti e mascherati e ciò sia perché in proposito s'era andata formando una specie di tollerata consuetudine, sia perché maschera e travestimento conferivano l'incognito e quindi toglievano la possibilità di scandalo, e sia perché nessun canone lo vietava e non vi era assimibilità del mascherarsi all'abbandono dell'abito talare, questo sì colpito da esplicite censure. A sostegno della convinzione che il portar maschera non fosse lecito ai sacerdoti e fosse colpa grave (peccato mortale, ndr.) e a confutazione delle (erronee, ndr.) proposizioni del Vidal ed in generale di coloro che in materia erano per il permissivismo, il D. argomenta per pagine e pagine che l'emergere dello scandalo sarebbe stato sempre possibile in quanto un accidente qualsiasi avrebbe potuto disvelare il sacerdote sotto la maschera; argomenta che se era colpa grave portare per maschera abiti sacri, altrettanto doveva esserlo il partecipare di persona consacrata, con altri abiti, alle mascherate; argomenta che se era biasimevole il sacerdote che si vestiva in abiti secolari (e c'era una condanna in proposito del Concilio di Trento) ancor di più doveva esserlo il sacerdote che si fosse mascherato».
«Il D. elenca poi i trattatisti di teologia morale che dalla metà del Quattrocento si erano occupati della questione concludendo per la maggior parte ... con la sentenza affermativa di peccato mortale a carico dei preti che pubblicamente se ne fossero andati mascherati o comunque travestiti. Altra ampia elencazione il D. dedica ai vescovi e ai sinodi diocesani i quali, soprattutto nel Seicento, ma anche nel primo Settecento, si erano occupati della questione comminando pene (dalla sospensione a divinis, alla multa, alla prigione, al bando) a quei sacerdoti che si fossero mascherati, che avessero partecipato a balli, a rappresentazioni e pubblici giochi; decisioni condannatorie (confermate dalle sentenze, ndr.) della Congregazione del Concilio alla quale si erano appellati taluni dei sacerdoti colpiti dalle censure».
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