Insegna san Paolo nella Lettera ai Romani, I, 18-32 e II, 1-3: «Ecco infatti che l’ira di Dio si manifesta dal cielo contro ogni genere d’empietà e d’ingiustizia degli uomini che tengono la verità prigioniera dell’iniquità; perché ciò che di Dio si può conoscere è palese in essi, avendoglielo Iddio stesso manifestato. Sì, gli attributi invisibili di Lui, l’eterna sua potenza e la sua divinità, fin dalla creazione del mondo si possono intuire, con l’applicazione della mente, attraverso le sue opere. Costoro sono dunque senza scusa, perché, pur avendo conosciuto Iddio, né gli diedero gloria, come a Dio, né gli resero grazie, ma vaneggiarono nei loro ragionamenti e il loro cuore insensato s’offuscò. Essi, che pretendevano d’essere sapienti, diventarono stolti e sostituirono la gloria del Dio immortale con immagini di uomini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Per questo Iddio li diede, secondo le voglie dei loro cuori, in balìa dell’impurità, così che giunsero al più profondo avvilimento dei loro corpi; proprio essi, che avevano permutato il vero Dio con la menzogna, reso culto ed adorazione alla creatura in cambio del creatore - che sia benedetto per sempre. Amen! Per questo Iddio li diede in balìa di passioni vergognose. Infatti, le donne loro tramutarono i rapporti conformi a natura con rapporti contro natura; del pari anche gli uomini abbandonarono i rapporti naturali con la donna e si accesero di brame gli uni verso gli altri, facendo, maschi con maschi, cose infami e ricevendo in loro stessi la giusta paga dovuta alla loro aberrazione. Disdegnarono di conservare la vera conoscenza di Dio; Iddio li diede allora in balìa della loro mentalità pervertita ed essi compirono cose indegne. Sono riboccanti di ogni sorta di ingiustizia, malvagità, avidità, malizia. Son pieni di invidia, omicidi, discordie, inganni, malignità. Son diffamatori, maldicenti, odiosi a Dio, insolenti, superbi, arroganti, escogitatori di mali, ribelli ai genitori, privi di senno, perfidi, senza cuore, senza compassione. Pur conoscendo il decreto di Dio, che vuole che gli autori di azioni siffatte siano degni di morte, essi non solo le compiono ma approvano altresì coloro che le commettono. Per questo sei senza scusa tu che ti erigi a giudice, chiunque tu sia; sì, mentre giudichi gli altri condanni te stesso, perché commetti le medesime azioni tu, il giudice. Ora sappiamo che il giudizio di Dio condanna secondo verità gli autori di opere simili. E pensi tu, che giudichi coloro che compiono tali azioni mentre tu pure le fai, di poter sfuggire al giudizio di Dio?» (La Sacra Bibbia, Marietti, a cura e sotto la direzione di mons. Salvatore Garofalo, Imprimatur 1960, pag. 520 ss.). Breve commento: «Il Concilio Vaticano [1869 - 1870] cita san Paolo a conferma della sua definizione dogmatica sopra la possibilità di conoscere con certezza, mediante il lume della ragione, l’esistenza di Dio, principio e fine di tutte le cose. [...] Quel perdersi dell’uomo dietro se stesso, quel cullarsi orgoglioso nelle sue trovate e nelle sue scoperte è all’antitesi della glorificazione di Dio. Ed ecco allora la conseguenza: il vaneggiare della mente straniata da Dio o meglio, se si vuol essere fedeli al verbo greco per far posto a nullità e stupidità [...] e l’offuscarsi dell’intelligenza. [...] La stessa natura si vendicò, degenerando e corrompendosi. I vizi descritti nei versetti 26-27, ben noti nell’antichità tra gli strati superiori del mondo greco-romano, furono talvolta oggetto di compiacenti approvazioni da parte di letterati ed artisti. La pederastia era entrata persino in certi culti. L’Apostolo non poteva essere più crudo e più efficace nel denunciare le tare d’una società abbandonata ai suoi istinti, all’orgoglio, alla rivolta contro il dovere [...]» (note pag 520 e 521).

Per approfondimenti studiare la Casti Connubii.

Definizione propria e cattolica del rapporto contro natura: «Come già abbiamo notato, esiste una specie distinta di lussuria là dove si riscontra uno speciale disordine, che rende ripugnante l'atto venereo. E questo può avvenire in due maniere. Primo, perché ripugna alla retta ragione: il che si riscontra in tutti i peccati di lussuria. Secondo, perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura. Ciò può avvenire in più modi. Primo, quando senza nessun commercio carnale si procura la polluzione per il piacere venereo: e questo è il peccato di immondezza, che alcuni chiamano mollezza (o masturbazione). - Secondo, praticando la copula con esseri di altra specie: e questo si chiama bestialità. - Terzo, accoppiandosi con sesso indebito, cioè maschi con maschi e femmine con femmine, come accenna San Paolo scrivendo ai Romani: e questo è il vizio della sodomia. - Quarto, non osservando il modo naturale della copula; o non usando i debiti organi; o adoperando nell'atto altri modi mostruosi e bestiali» (San Tommaso d'Aquino, Somma teologica, II-II, q. 154, a. 11 co.).