Nell’assidua Nostra sollecitudine per ogni classe di sofferenti, ai quali Ci legano speciali vincoli di paterna pietà, non ultimi siete Voi, diletti figli e figlie d’Italia e del mondo, che gemete negli Istituti di pena, ivi condotti per amare vie da circostanze talora a voi stessi inesplicabili. Ma in questi giorni di solennità natalizie, dalle quali ogni cristiano attinge motivi di gaudio, Noi Ci sentiamo particolarmente a voi vicini, come a coloro che più degli altri anelano nella solitudine al lenimento del conforto, e nelle tenebre alla luce della speranza. E siamo altresì accanto alle vostre famiglie, a cui la vostra assenza sottrae, non di rado insieme col pane, la gioia propria del Natale, che è di godere dei sacri misteri della infanzia di Gesù, - stretti nell’affettuoso tepore del santuario domestico. Tuttavia, se il rigore della umana giustizia vi nega per qual che tempo questa dolcezza, altri più profondi e veraci conforti a voi offre il Neonato divino giacente sulla dura paglia per amor nostro, quel Gesù che a ragione fu invocato da tutti, e specialmente da voi, con la voce della liturgia dell’Avvento: «Veni, et educ vinctum de domo carceris» (Ant. O Clavis; cfr. Is. 42, 7). Non meno che per gli altri uomini — tutti quaggiù in qualche modo rei e prigionieri —, per voi Gesù è venuto a recare una più nobile ed intima liberazione, quella che dal giogo e dalle catene delle passioni e del peccato redime alla pace dello spirito annunziata nella Notte santa; che opera la interiore rinnovazione della vita e rapisce nella luce ristoratrice di una Epifania di redenzione. Se dalle pene che vi stringono saprete librarvi sulle ali della fede, non solo gusterete queste gioie arcane, ma le possederete così che nessuno mai varrà a rapirvele: né le avversità degli eventi, né le asprezze del carcere, né i possibili errori della giustizia terrena, né la incomprensione degli uomini, né lo stesso rimorso, dalla grazia elevato a salutare e consolante pentimento. Riprovando e rinnegando, ove occorra, nel profondo del vostro cuore, un triste passato, che consumino e disperdano la contrizione e l’amore ; illuminati e sorretti dalla fede a guardare e a sentire le vicende della terra con occhi e spirito di cristiani; voi scoprirete nella stessa vostra condizione presente occasioni preziose e sorgenti sommamente feconde di grandi beni.
Quale provvidenziale disegno non potrà compirsi in voi e per voi, se vi rimetterete umilmente e volonterosamente nelle mani di Dio, oggi severe, ma pur sempre benefiche! Quantunque si fosse operato in voi quasi «un mistero d’iniquità», Noi, consapevoli come siamo della fragilità e della debolezza incommensurabile, che spesso fiacca a morte l’animo umano, comprendiamo il triste dramma, che può avervi sorpresi e coinvolti, per un concorso sventurato di circostanze, non sempre interamente imputabili al vostro libero volere, anche se le leggi umane, per la loro naturale insufficienza, non possono tener conto di tutte le attenuanti, che diminuiscono le responsabilità, né tanto meno valgono a indulgere a tutte le debolezze. A voi, però, spetta di far sì che si attui nel segreto dell’animo vostro un fulgore di redenzione, analogo a quello operato da Gesù, allorché, innocentissimo, venne a prendere su di sé le nostre colpe. Ove la costrizione non esacerbi il vostro spirito, ma, superato l’abbattimento, l’espiazione, più che subita quale ineluttabile fatalità, venga volonterosamente abbracciata, ciascuno di voi si farà artefice consapevole della propria risurrezione morale e si aggiudicherà l’onore di ministro dell’alta giustizia di Dio, per il quale è pari gloria l’ordine inviolato e quello ristabilito dall’espiazione. Non più reo e bersaglio di vendetta ognuno è allora nella realtà interiore della coscienza affrancata dalla colpa, bensì collaboratore di Dio nella reintegrazione dell’ordine leso. E come nel Cielo si fa più festa per un peccatore che si converte, così sulla terra ogni uomo onesto deve inchinarsi dinanzi a colui, che già caduto, forse in un istante di smarrimento, sa poi penosamente redimersi e risorgere. Non sono più dunque perduti i lunghi giorni trascorsi in codesti luoghi di pena, ov’è con voi, quasi in volontaria catena, il Nostro cuore, poiché nulla è vano agli occhi di Dio, quando il vostro volere si conformi al volere di Colui, che ha sempre disegni di misericordia e di vita anche nel severo esercizio della giustizia, e soprattutto quando li impiegherete nelle opere della dolce carità, comprendendo le pene altrui, incoraggiando, confortando, aiutando i fratelli che soffrono con voi. Qualora poi, in tutto o in parte, l’innocenza si facesse usbergo alla vostra coscienza netta, e vi convincesse che i rigori della giustizia umana hanno trasmodato nella misura della colpa, oh, non maledite l’avverso destino o le creature fallaci, ma aprite l’animo alla fiducia nel trionfo finale della verità e del bene, confortatevi con la certezza di aver con voi solidali tutti gli onesti consapevoli, siate talmente forti nella sventura da elevarvi a compatire gli errori di diritto e di fatto, cui pur troppo va soggetta l’intrinseca imperfezione dell’umano giudizio, e, operando efficacemente per la vostra reintegrazione giuridica e morale, fate che una vita di espiazione non colpevole sfolgori di dignità sovrumana, oltre la stessa riparazione dell’errore. Molto più dolorosa è la sorte di coloro che in non pochi Paesi soffrono innocenti per effetto di leggi inique, o perché ispirate da false concezioni che reggono le norme del vivere civile, o perché dettate da faziose passioni politiche, ovvero dal blasfemo pregiudizio che stima reato il prestare ossequio a Dio. A questi Nostri figli di predilezione, perseguitati per la giustizia, va tutto il Nostro affetto umano e soprannaturale di Padre. Comprendiamo l’atroce martirio, specialmente morale, che li affligge. Ma se Dio Onnipotente, che è la stessa Giustizia — la quale tuttavia Egli si riserba di attuare integralmente nel soggiorno eterno, ove non sarà ombra di male —, se l’Onnipotente, diciamo, non impedisce talvolta quaggiù che l’innocente sia ingiustamente colpito, ciò significa che, pur rispettando sovranamente le leggi della libertà umana, non ne lascia però l’esercizio sfrenato senza sanzioni, e che più alti beni sa trarre dal male e riservarli alle vittime stesse e alla società, che di scarso pane le nutre e di molte lacrime le irrora. Tuttavia, mentre Noi non tralasciamo di esortare i legislatori e i magistrati a rivedere, a riparare, a risanare quelle anomalie o aberrazioni, che tornano a disdoro della giustizia, specialmente cristiana, o ad oltraggio dei diritti divini; a voi, innocenti vittime, ripetiamo la parola incoraggiante dell’Angelo: «Forti animo esto, in proximo est, ut a Deo cureris»: Sta di buon animo; fa presto Iddio a guarirti (Tob. 5, 10). Ma fino a quel giorno, è a voi assegnata una vocazione straordinaria, e vorremmo dire di privilegio: espiare per il mondo veramente colpevole; espiazione che va salutarmente congiunta con le ineffabili beatitudini annunziate dal Salvatore nel discorso della montagna: «Beati gli afflitti ... Beati gli affamati e assetati di giustizia ... Beati i perseguitati a causa della giustizia ... Beati quando vi perseguiteranno per causa mia» (cfr. Matth. 5). Oh se vi fosse dato, diletti figli e figlie, sparsi su tutta la faccia della terra, di vedere quanto torna gradita la vostra immolazione agli occhi di Dio! di quanta efficacia ridonda per la comune salvezza! e quale assegnamento osa fare il Vicario di Cristo sulle vostre sofferenze, per ottenere da Dio la pace sincera e la vera salute del mondo in questi tristissimi tempi! Una parola, infine, quanto mai affettuosa e paterna, intendiamo di rivolgere a voi, su cui si piega accorata la predilezione del vostro Amico divino, e che nell’ancor tenera età della vita, già ne conoscete gli amari frutti. Intossicati precocemente dalla perversione della società odierna, posti in circostanze avverse alla retta educazione, siete forse più vittime che colpevoli. La vostra condizione sia di severo monito a chi, più di voi, è veramente colpevole; a coloro che della stampa, degli spettacoli delle associazioni, e talora anche della scuola, fanno mezzi di avido lucro, se non proprio di premeditata corruzione dell’infanzia, calpestando la sacra innocenza dei piccoli e accumulando immense rovine morali. Diletti giovani, ciò che è avvenuto nella vostra inesperta età, seppellite nel pentimento cristiano, con una piena risurrezione agl’ideali di onestà e di virtù. Le presenti sofferenze non spezzino le vostre speranze, né l’impulso della vostra giovinezza. Il Bambino Gesù ha per voi sguardi di particolare benevolenza. Egli vi sorreggerà, affinché la pianticella della vostra vita, provata e salvata, cresca quale robusta quercia a sfidare le burrasche e ad essere esempio di timore di Dio e di obbedienza alle leggi. Diletti figli e figlie! In contraccambio dei preziosi doni che il Bambino Gesù viene a recarvi nel luogo del vostro dolore, offrite coraggiosa mente e generosamente a Lui, che si è fatto espiatore fin dalla culla per i peccati, del mondo, le vostre pene e la vostra tristezza con quell’ardore di fede, che trasforma le lacrime in perle, il dolore in gaudio. Lungi dallo sprezzare il vostro dono, Egli ne farà titoli preziosi di misericordia, di salvezza e di grazia, per voi stessi e per le vostre famiglie, per il mondo intero e per la sua Chiesa. Non meno che dai sacri templi dedicati al suo culto, anche dalle prigioni, dai campi di concentramento, dagli ospedali, da ogni luogo dove si soffre, si piange e s’implora, si levi al cielo il profumo dell’incenso, che placa e che salva. Noi invochiamo dalla divina Bontà che affretti per ciascuno di voi il giorno della liberazione, affinché, tornati in seno alle vostre famiglie e alla società, — trasformati e quasi sovrumanati dalla prova, accettata con fede cristiana —, ne diveniate l’onore e il presidio contro il male che la insidia. Con questi voti e nel costante ricordo di voi, discenda su di voi e sui vostri cari, apportatrice di celesti consolazioni, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
[Radiomessaggio di Sua Santità Papa Pio XII ai detenuti, 30 dicembre 1951. Da Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIII, Tredicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1951 - 1° marzo 1952, p. 443 - 447, Tipografia Poliglotta Vaticana].