Pertanto, se in così difficili frangenti i cattolici daranno ascolto, com’è loro dovere, alle Nostre parole, si renderanno chiaramente conto di quali siano i compiti di ciascuno, sia nel campo delle idee, sia in quello delle azioni. Riguardo alle idee, è necessario tenere saldi nella mente, con intima adesione, tutti gli insegnamenti passati e futuri dei romani Pontefici, nonché essere pronti a professarli apertamente ogni volta che appaia opportuno. E particolarmente riguardo a quelle cosiddette libertà alle quali si aspira nei tempi più recenti, conviene che ciascuno si attenga al giudizio della Sede Apostolica e che pensi in totale accordo con essa [Correva l’anno 1885, ben prima del “colpo di Stato protosessantottino” del cosiddetto “Vaticano Secondo”, da cui verranno con gradualità ed arbitrio rigettate, apertamente o dietro sofismi, quasi tutte le qui enunciate definizioni dottrinali: necessarie e non riformabili, ndR]. Occorre stare attenti a non farsi trarre in inganno dalla loro apparente onestà, tener presente da quali premesse traggono origine e da quali confuse passioni sono rinvigorite e alimentate. Ormai si sa abbastanza, per esperienza, quali effetti esse abbiano sulla società, poiché esse hanno ovunque prodotto frutti, dei quali i saggi e gli onesti a ragione si rammaricano. Nel caso che esista realmente da qualche parte, o si immagini, una comunità nella quale il nome cristiano sia perseguitato con leggi proterve e tiranniche, se ad essa si paragona il moderno sistema di governo di cui parliamo, questo potrà risultare più tollerabile. Tuttavia i principi su cui si fonda sono certamente di per sé, come abbiamo detto, tali da non meritare che riprovazione. Quanto all’azione, essa può interessare la sfera privata e domestica, oppure la sfera pubblica. Nell’ambito individuale il primo dovere è di conformare la vita e la condotta, col massimo scrupolo, ai precetti evangelici, senza sottrarvisi nemmeno quando la virtù cristiana esiga qualche più arduo esercizio di pazienza e di sopportazione. Si deve inoltre amare la Chiesa come una madre comune; osservarne fedelmente le leggi, averne a cuore l’onore, e salvaguardarne i diritti; adoperarsi perché sia amata e rispettata con pari devozione da coloro sui quali ci si trovi ad esercitare qualche forma di autorità. È inoltre di pubblico interesse che il singolo dia un saggio contributo all’amministrazione cittadina, e in particolare si adoperi a far sì che la comunità provveda all’educazione religiosa e morale degli adolescenti nel modo più consono ai principi cristiani: condizione dalla quale dipende in gran parte il benessere delle singole comunità. Allo stesso modo, è generalmente utile e opportuno che la partecipazione dei cattolici si estenda da questo campo più ristretto fino a comprendere il più vasto ambito dello Stato. Diciamo generalmente, perché questi Nostri insegnamenti si rivolgono a tutti i popoli. Ora può accadere in qualche luogo che, per cause molto gravi e fondate, non sia affatto conveniente prendere parte alla vita pubblica e assumere incarichi politici. Ma generalmente, come abbiamo detto, l’astenersi del tutto dal partecipare alla vita politica sarebbe altrettanto colpevole quanto negare il proprio contributo operoso al bene comune: tanto più in quanto i cattolici, proprio in ragione della dottrina che professano, sono impegnati ad agire con particolare scrupolo e integrità. Per contro, se essi si tengono in disparte, prenderanno facilmente il potere uomini, le cui opinioni danno ben poco affidamento di poter giovare allo Stato. E ciò sarebbe dannoso anche per la religione, poiché acquisterebbero moltissimo potere coloro che osteggiano la Chiesa, pochissimo quelli che l’amano. È quindi evidente come i cattolici abbiano validi motivi per prendere parte alla vita politica: essi non lo fanno né lo debbono fare per assecondare quanto vi è di riprovevole nei metodi di governo attuali, ma per rivolgere questi stessi metodi, ogni volta che sia possibile, al vero e autentico bene pubblico, con il proposito di infondere in tutte le vene del corpo sociale, come linfa e sangue donatore di vita, la sapienza e la forza benefica della religione cattolica. Non diversamente accadde nei primi secoli dell’era cristiana. I princìpi e lo spirito dei popoli pagani erano allora quanto mai lontani dallo spirito e dai princìpi evangelici; tuttavia era dato vedere i cristiani, in mezzo alla superstizione, incorrotti e sempre coerenti con se stessi, introdursi animosamente ovunque intravedessero un varco. Esempio di fedeltà ai prìncipi, obbedienti all’imperio delle leggi fino a che ciò non fosse in contrasto con la legge divina, diffondevano in ogni luogo un mirabile splendore di santità; si impegnavano ad aiutare i fratelli, a convertire tutti gli altri alla sapienza di Cristo, pronti tuttavia a ritirarsi e ad affrontare intrepidamente la morte, qualora non fosse stato loro possibile conservare gli onori, le magistrature e i comandi senza venir meno alla virtù. In tal modo fecero sì che il cristianesimo penetrasse rapidamente non solo nelle famiglie, ma anche nell’esercito, nel Senato e nello stesso palazzo imperiale. «Siamo nati ieri, ed abbiamo riempito ogni vostro luogo, città, isole, castelli, municipi, assemblee, gli stessi accampamenti, le tribù, le decurie, il palazzo, il Senato, il foro», sicché la fede cristiana, quando la legge consentì la pubblica professione del Vangelo, apparve non come creatura ai primi vagiti e in culla, ma adulta e già sicura in un considerevole numero di città. Ora, veramente, i nostri tempi richiedono che tali esempi dei nostri padri siano riproposti. I cattolici, quanti sono degni di questo nome, devono anzitutto essere e manifestarsi apertamente figli amorosissimi della Chiesa, respingere senza esitazione tutto ciò che non possa conciliarsi con tale professione, servirsi delle istituzioni pubbliche, ogni volta che possano onestamente farlo, a difesa della verità e della giustizia, adoperarsi perché la libertà d’agire non travalichi i limiti stabiliti dalle leggi di natura e divine, contribuire a far sì che tutta la società si uniformi a quel modello e a quell’ideale cristiano che abbiamo descritto. Non è facile indicare un metodo certo e valido universalmente per realizzare tali propositi, dovendo esso adeguarsi a circostanze di tempo e di luogo che sono assai diverse tra loro. Nondimeno si dovrà anzitutto aver cura di conservare la concordia nelle volontà e l’uniformità nell’azione. L’una e l’altra si potranno pienamente raggiungere, se ciascuno si proporrà come norma di vita le prescrizioni della Sede Apostolica e se asseconderà i Vescovi, che «lo Spirito Santo pose a reggere la Chiesa di Dio» (At. 20,28) [Correva l’anno 1885, ben prima del “colpo di Stato protosessantottino” del cosiddetto “Vaticano Secondo”, da cui verranno con gradualità ed arbitrio rigettate, apertamente o dietro sofismi, quasi tutte le qui enunciate definizioni dottrinali: necessarie e non riformabili, ndR]. La difesa poi del nome cattolico postula la necessità che, nel professare le dottrine tramandate dalla Chiesa, siano in tutti un solo sentire e un’incrollabile fermezza; su questo fronte occorre guardarsi dall’essere in alcun modo conniventi con le false opinioni, o dal resistere ad esse più debolmente di quanto non richieda la verità. Riguardo alle teorie opinabili, si potrà disputare con moderazione e con l’intento di ricercare la verità, evitando peraltro i sospetti ingiuriosi e le reciproche denigrazioni. A questo proposito, affinché accuse sconsiderate non mettano in forse la concordia degli animi, tutti tengano a mente alcuni punti fermi: che l’integrità della professione cattolica non può in alcun modo conciliarsi con opinioni che si aprano al Naturalismo o al Razionalismo, il cui intento è sostanzialmente quello di distruggere dalle fondamenta la concezione cristiana e di stabilire nella società il primato dell’uomo, dopo aver scalzato quello di Dio. Parimenti non è lecito tenere in privato una linea di condotta ed in pubblico un’altra, cioè riconoscere l’autorità della Chiesa nella vita privata e sconfessarla in pubblico. Ciò significherebbe coniugare cose turpi e oneste, e accendere nell’uomo un conflitto interiore, mentre è doveroso essere sempre coerenti con se stessi e non allontanarsi mai, in alcuna situazione o scelta di vita, dalla virtù cristiana. Quando poi ci si interroghi su questioni meramente politiche, quali la miglior forma di governo, oppure i diversi sistemi amministrativi, su simili temi può senz’altro esservi legittima discordanza di opinioni. A coloro dunque di cui siano ben note altrimenti la fede e la propensione ad accogliere devotamente i decreti della Sede Apostolica, non sarebbe giusto muovere accuse per un’opinione discorde sugli argomenti testé accennati; e ancor più ingiusto sarebbe accusarli di lesa o dubbia fede cattolica, com’è accaduto, con Nostro rammarico, più di una volta. Queste raccomandazioni siano tenute bene in mente da coloro che usano affidare ai libri le loro idee e soprattutto dai giornalisti. Nell’attuale conflitto su argomenti di capitale importanza, non v’è posto per discordie intestine o per passioni di parte, ma tutti devono, con unanimità e fervore d’intenti, cooperare a quello che è il proposito comune, cioè agire per la salvezza della religione e dello Stato. Se dunque vi fu qualche dissidio nel passato, occorre sforzarsi di cancellarlo con l’oblio; se vi fu qualche leggerezza, qualche sopruso, a chiunque sia da ascrivere la colpa, si dovrà riparare con la mutua carità, e riscattare con un particolare atto di ossequio da parte di tutti verso la Sede Apostolica. Per questa via i cattolici conseguiranno due preziosi risultati: quello di collaborare con la Chiesa nella salvaguardia e nella diffusione della sapienza cristiana, e quello di esercitare un’azione grandemente benefica sulla società civile, la cui salute è esposta a grave pericolo a causa di dottrine e passioni malvagie. Ecco, Venerabili Fratelli, quanto abbiamo ritenuto di affidare alla riflessione delle genti cattoliche intorno alla costituzione cristiana delle società, e ai doveri dei singoli cittadini. Quanto al resto, dobbiamo invocare con ardenti preghiere l’aiuto celeste, e pregare Dio che conduca Egli stesso a felice compimento i Nostri voti e i Nostri sforzi tesi alla sua gloria ed alla comune salvezza del genere umano, Egli che può illuminare la mente e dar forza alla volontà degli uomini. Come auspicio dei doni divini e prova della Nostra paterna benevolenza, impartiamo affettuosamente a voi, Venerabili Fratelli, al Clero e a tutto il popolo affidato alle vostre vigili cure nel nome del Signore, l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 1° novembre 1885, anno ottavo del Nostro Pontificato. Sua Santità Papa Leone XIII. (Qui l'Enciclica in Paragrafi)