Noi dunque, o giovani, siamo in viaggio verso l’eternità, alla quale dobbiamo tendere come al fine ultimo e supremo della nostra esistenza. Ma che direste voi di un tale che, volendo stabilirsi in una data città, non si curasse di trovarsi la casa, di mandare avanti la mobilia ed il vestiario, ma dicesse: ah, io voglio godermela; mangiare e bere nei sette, otto giorni di viaggio e poi quel che sarà, sarà? Direste che è senza testa; si cura tanto di star bene durante il viaggio, che dura pochi giorni, e non pensa all’arrivo dove starà fino alla morte! Così noi che siamo viaggiatori diretti all’eternità, saremmo ancora più pazzi se pensassimo a godere qui durante il viaggio, invece di pensare al fine dove staremo per sempre. Insensati! Eh, ce ne sono dei giovani cattivi, lo so, che vi dicono: divertiamoci fin che siamo giovani! Essi vogliono dire: pecchiamo in tutti i modi, godiamo i beni presenti, perché non sappiamo nulla dell’al di là! Sono poveri illusi che pensano al viaggio e non pensano all’arrivo dove dovranno stare per sempre. Costoro ci sono sempre stati: ce li mostra la Sacra Scrittura ancora parecchi secoli prima della venuta di Nostro Signore Gesù Cristo, e li chiama «insensati» (Sapienza V,4). Oh, Quanti alla fine della vita dovranno ripetere «ergo erravimus» (Idem V,6) l’abbiamo sbagliata! Ma allora non c’è più tempo da rimediare, perché si è già entrati nell’eternità. Dovere e virtù. Giovani, dobbiamo seguire la via del dovere e della virtù, quale ce l’additano il Credo ed i Comandamenti, e non quella del piacere e del vizio! Se noi seguiremo e faremo ciò che ci piace, andremo certo a finire a casa del diavolo, perché la nostra natura è corrotta e ci attira sempre al male. è questo il solito allettamento col quale il demonio piglia tanti incauti. Anche voi quando volete prendere un topo, preparate la trappola, e dentro vi ponete ciò che piace al topo, un po’ di formaggio, una fettuccia di lardo od altro. Il topo, attirato da ciò che gli piace, va a mangiare e resta in trappola; allora si dà a correre a destra e a sinistra, ma è inutile: andrà a finire in bocca al gatto. Così il pescatore non mette mai in acqua l’amo scoperto, ma lo copre con l’esca (un vermetto od altro insetto), che è appunto ciò che piace al pesce, e così mangiando l’esca, manda giù anche ciò che non gli piace, ossia l’amo, per il quale vien tirato sulla barca e va poi a finire in padella: oppure inganna il carpione con le aolette di latta lucente: esso addenta ed è perduto. Così fa il diavolo con noi. Ci mette davanti ciò che ci piace: quei divertimenti peccaminosi, quelle libertà licenziose, quei balli, quei capricci, quei rispetti umani... e con questo attira tanti incauti all’inferno. No, o giovani, il formaggio, il lardo, l’esca del diavolo c’inganna: non abbocchiamo perché siamo perduti! Non quello che ci piace dunque, ma il nostro dovere, ci piaccia o non ci piaccia! Facciamo quello che c’insegna la fede, quello che Iddio ci comanda, e così saremo sicuri di giungere a quella salvezza eterna che è l’unico fine per il quale siamo creati, l’unico termine del gran viaggio intrapreso. Felicità eterna. Del resto la conoscenza e la pratica della Religione, mentre ha per scopo di farci felici nell’altra vita, ci fa contenti anche in questa e ci dà quella pace di coscienza e quella felicità che è possibile avere in questo basso mondo. Eccovi un uomo che ha ottenuto ricchezze, onori, potenza a forza di soperchierie, d’inganni, d’ingiustizie, tutte cose contro la fede ed i Comandamenti di Dio, e quell’uomo è inquieto, non trova pace. Cerca darsi bel tempo, divertirsi, ridere con gli amici che mangiano alle sue Spalle, ma quando è solo sente tutto il vuoto dell’anima, tutto il rimorso del malacquisto e soffre terribilmente. Eccovi invece una povera donna che abita in una stamberga, ha una larga corona di figli ai quali, a stento provvede il pane, eppure sorride di contentezza, lavora e canta, perché ha la coscienza che non le rimorde, perché vive sotto lo sguardo di Dio. Talvolta essa soffre, sì, sente tutto il peso della responsabilità e della vita; ma sa che Nostro Signore Gesù Cristo ha detto che sono beati non coloro che godono, ma coloro che soffrono, e che i dolori sopportati con generosità e pazienza saranno ricompensati con un Paradiso di felicità. E come gli individui, così i paesi, le città, le nazioni! Felice quel popolo che segue la fede e la legge di Dio, disgraziato quello che la calpesta! Ne abbiamo un esempio nel mondo di oggi. Perché tanti odi, tante rovine, tanto male? Perché si dimentica la Religione, perché non si vuole osservare ciò che essa impone! Conclusione. Senza altro dilungarci, tiriamo la conclusione, o giovani, di questa e della precedente istruzione. Noi siamo in viaggio e dobbiamo guardare al fine, all’eternità, per la quale siamo creati; non pensiamo a godere durante il viaggio che dura poco tempo, anzi affatichiamoci pure, il viaggio non è fatto per godere... godremo all’arrivo, allo sbarco, al traguardo; non cerchiamo il piacere, ma il dovere; non affezioniamoci alle cose di quaggiù, che non sono nostre, ma di Dio, e non fanno che farci perdere dei meriti! Ed ora due fatti che confermeranno i nostri propositi. Esempio: I due Studenti. Si racconta che san Francesco d’Assisi un giorno s’incontrò con un muratore e gli chiese: che fai tu, amico mio? - Io innalzo dei muri e faccio delle case, rispose il muratore. - E perché fai le case? - Per guadagnarmi dei denari! - E perché vuoi guadagnarti dei denari? - Oh bella, per comperarmi da mangiare! - E perché ti comperi da mangiare? - Per poter vivere! - Benissimo, conchiuse san Francesco, ma per qual fine tu vivi? Questa volta il muratore non trovò la risposta; ma glielo spiegò bene san Francesco, parlandogli del fine ultimo della nostra esistenza, e mostrandogli che tutto è inutile se non arriviamo a salvare l’anima. Nella vita di san Filippo Neri si legge un fatto simile. Il Santo domandò al giovane studente Francesco Spazzara che cosa avrebbe fatto un giorno. - Farò l’avvocato, rispose lo studente. - E poi? - Trattando delle cause, mi guadagnerò del denaro! - E poi? - Diventerò ricco e passerò bene la vita! - E poi? - Avrò un bel nome nel mondo! - E poi? - E poi dovrò morire! - Ci siamo, continuò san Filippo, e poi? Questa volta il giovane non rispose: quelle due semplici parole: e poi? gli martellavano il cervello e partì di là pensieroso, ma furono bastanti per fargli condurre una vita virtuosa ed esemplare. Giovani, pensiamo anche noi a queste parole di san Filippo Neri, pensiamo che tutto è passeggero quaggiù, che passa questo corpo che accarezziamo con tante delicatezze, passa il piacere che si beve con tanta avidità, passa l’onore che tanto desideriamo, passa ciò che piace e resta ciò che facciamo di bene! Avanti dunque su questa via: costi quello che costi, dobbiamo riuscirci! Un giorno, dimenticando le fatiche del viaggio terreno, benediremo ai sacrifici, alle lotte, ai dolori che ci avranno procurato tanta felicita!

Il Credo e il Decalogo all’oratorio. Ciò che piace. Da Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. SS n° 4, p. 1 - 2