Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. «Di là da venire a giudicare i vivi e i morti». Gesù remuneratore. Ed in che cosa verremo giudicati, o giovani? Ci risponde il Catechismo: «Gesù Cristo ci giudicherà del bene e del male operato in vita, anche dei pensieri e delle omissioni». Del bene. Anche del bene? Sì, perché non basta fare il bene, ma dobbiamo farlo bene. Per es. voi venite ogni domenica alla S. Messa, al vostro Oratorio, alle sacre Funzioni: è un bene che fate. Ma come vi comportate voi alla S. Messa, all’Oratorio, alle Funzioni? Pregate, oppure ridete, ciarlate, guardate il soffitto? Ecco la necessità di ascoltare la Santa Messa in ginocchio, pregando Iddio; ecco il dovere di non mancare alla Dottrina, di non ciarlare in Chiesa, di compiere le vostre pratiche di pietà, di accostarvi con devozione ai santi Sacramenti, non per compiacere alla mamma o alla sorella, ma con retta intenzione, perché è vostro dovere, perché lo vuole il Signore. Di tutte queste mancanze nel bene bisogna risponderne a Dio. Del male. Ma più tremendo sarà il giudizio sul male che abbiamo fatto, anche su quello che forse noi abbiamo già dimenticato. Chi è di voi che ricorda tutti i peccati e le più piccole mancanze della vita intera? Quante cose si dimenticano col tempo... ma Iddio nulla dimentica! Quante azioni si fanno di nascosto, fra le tenebre, in luoghi solitari... ma Iddio tutto conosce! Quante parole di scandalo si dicono e poi vi si passa sopra... ma Iddio tutto ricorda! Tu, o giovane hai scandalizzato quel tuo fratello, quel tuo compagno, con parole sporche, con bestemmie, con atti illeciti, e credi aver rimediato a tutto quando ti sei confessato, senza preoccuparti del male che farà quell’anima scandalizzata da te; ma pensa che anche di questo male tu dovrai rispondere un giorno! Si può peccare con pensieri, parole, opere e omissioni: l’avete imparato all’esame della prima Comunione; e su pensieri, parole, opere e omissioni saremo giudicati. Pensieri: ossia tentazioni non cacciate subito, immaginazioni e desideri cattivi. Parole: quindi ingiurie, mormorazioni, bestemmie, discorsi osceni e tutti i mille peccati di lingua. Opere: quindi azioni turpi, atti illeciti. Omissioni: ossia mancanza ai nostri doveri, agli obblighi del nostro stato. In ictu oculi. Non crediate però, o giovani, che sia necessario al Signore istruire un processo come nei nostri tribunali con testimoni prò e contro, con avvocati difensori, con pubblico ministero, ecc. No, no! Gesù Giudice sarà tutto. Non crediate che ciascuna persona venga chiamata per un lungo interrogatorio: no! «In ictu oculi» (I ai Corinti, XV, 52), dice san Paolo, da un momento all’altro, in un istante un raggio della luce di Dio illuminerà tutte le coscienze, e ciascuno vedrà subito chiaramente il bene fatto ed il male operato. L’istruttoria del nostro processo si tesse in questa vita, ed il lavorio di opere buone o cattive rimane nascosto come il lungo lavoro di un pittore o di uno scultore, ma quando viene tolta la tela che copre il quadro od il monumento, questi appaiono d’un tratto agli occhi di tutti gli spettatori. Oh quella luce della Sapienza divina come rischiarerà tutti i nascondigli più riposti delle coscienze! Allora cadranno finzioni, maschere, ipocrisie: allora sapremo quello che ciascuno ha operato, sia di bene che di male. Un giorno mentre i farisei conducevano a Gesù una donna peccatrice per farla condannare, Egli si mise a scrivere col dito sulla polvere della strada. Ci dicono i sacri interpreti che il Maestro Divino scrivesse i peccati di quelli ipocriti. Fatto sta che a quello scritto i farisei, dice il Vangelo, se la svignarono chi di qua e chi di là, segno che videro in esso palesata la loro sporca coscienza. E se questo potessi io fare lì in piazza con ciascuno di voi appena uscite dall’Oratorio, quanti se la svignerebbero per paura d’essere svergognati! Ma nel giorno del giudizio non si potrà svignarsela: allora anche i peccati più nascosti e più vergognosi verranno messi alla luce... È vero che i peccatori, dice la S. Scrittura, invocheranno i monti a seppellirli e la terra ad ingoiarli, ma dovranno star là a loro dispetto. Tutta ciò che ora facciamo, pensiamo, diciamo, tutto verrà palesato dinanzi al mondo intero. Anche i peccati già confessati e perdonati? Anche questi, dicono i più grandi teologi, perché deve farsi palese in tutta la sua grandezza la grazia e la misericordia di Dio. È verità terribile, o giovani, ma è verità anche molto consolante: viviamo bene ora e non avremo un giorno da vergognarci! La sentenza. Ma c’è la chiusa del giudizio che è ancora più tremenda: è la sentenza che darà il Giudice divino. Dapprima Gesù si rivolgerà ai buoni e dirà loro: «venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato a voi fin dal principio del mondo» (S. Matteo, XXV, 34). Poi si rivolgerà ai cattivi e con voce di tuono dirà loro: «andate, o maledetti, al fuoco eterno che fu preparato per il diavolo e per gli angeli suoi» (Idem, XXV, 41). E a noi, o giovani, quale sentenza toccherà? Quella che vorremo: tutto dipende da noi! Esempio: I due Ebrei. Nel 1879 a Littok, in Polonia, avveniva un fatto abbastanza strano. Due ebrei, padre e figlio, vivevano insieme, ma si odiavano l’un l’altro, tantoché il figlio giunse al punto da pagare un assassino perché uccidesse il padre. Ma nel momento di compiere l’orrendo delitto, l’assassino pagato svelò la congiura. Il padre rimase spaventato, e: prendi, gli disse, porta questo mantello a mio figlio e digli che hai compiuto il delitto! Uscì poscia per la porta del giardino e andò diritto dal Rabbino Boer per raccontare l’accaduto e consigliarsi sul castigo da dare al figlio ribelle. Ci penso io, rispose il Rabbino, vedrete! Si portò subito dal figlio snaturato e gli disse: questa notte mi è apparsa l’anima di tuo padre che hai fatto assassinare e m’incaricò di dirti se preferisci essere giudicato dagli uomini o da Dio. L’infelice, vedendosi scoperto, rabbrividì e rispose: preferisco esser giudicato dagli uomini. Il Rabbino preparò allora nel suo palazzo il luogo del processo e nascose il padre dietro una tenda. Il figlio era al banco degli accusati. Fra il silenzio dell’assemblea si alzò il Rabbino e disse: in tutte le cause la prima parola spetta alla parte offesa: parli dunque l’anima del padre! E la voce del padre si alzò tetra dal di là della tenda, e: figlio snaturato, disse, è qui l’anima di quel tuo padre che soffrì e lavorò per te, di quel tuo padre... ma non poté continuare: il figlio era caduto riverso, morto di spavento. Pratica. Giovani, e che sarà al giudizio finale? Chi ci giudicherà è quel Gesù che noi abbiamo tanto offeso e continuiamo ad offendere! Egli parlerà in quel giorno non come padre, ma come giudice. Oh, che spavento per chi avrà vissuto male!
De Fortes in Fide
Il Credo all’oratorio. «Di là da venire a giudicare i vivi e i morti». Gesù remuneratore
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