Pertanto dice san Tommaso, contro Giansenio, che non dobbiamo dire essere a noi impossibile il precetto della castità, o altro Precetto, poiché quantunque non possiamo noi osservarlo colle nostre forze, lo possiamo nondimeno coll’aiuto Divino: Dicendum, quod illud quod possumus cum auxilio Divino, non est nobis omnino impossibile. Né dicasi, che sembra un’ingiustizia il comandare ad un zoppo, che cammini diritto; no, dice sant’Agostino, non è ingiustizia, sempre che gli è dato il modo di trovare il rimedio che sani il suo difetto, onde s’egli poi segue ad andar tortamente, colpa è la sua: Consultissime homini praecipi, ut rectis passibus ambulet, ut, cum se non posse perspexerit, medicinam requirat ad sanandam peccati claudicationemx . Insomma dice lo stesso Santo Dottore, che non saprà mai vivere bene, chi non saprà ben pregare: Recte novit vivere, qui recte novit orare. Ed all’incontro diceva san Francesco d’Assisi, che senza Orazione non può sperarsi mai alcuno buon frutto in un’Anima. A torto dunque si scusano quei peccatori, che dicono di non aver forza di resistere alle tentazioni. Ma se voi (gli rimprovera san Giacomo) non avete questa forza, perché non la domandate? Voi non l’avete, perché non la cercate: Non habetis, propter quod non postulatis (Jac. 4,2). Non c’è dubbio, che noi siamo troppo deboli, per resistere agli assalti dei nostri Nemici; ma è certo ancora, che Dio è fedele, come dice l’Apostolo, e non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: Fidelis autem Deus est, qui non patietur vos tentari supra id quod potestis, sed faciet cum tentatione proventum, ut possitis sustinere (1 Cor. 10,13). Commenta Primasio: Illud faciet provenire gratiae praesidio, quod possitis tentationem sustinere. Noi siamo deboli, ma Iddio è forte; quando noi Gli domandiamo l’aiuto, allora Egli ci comunica la sua fortezza, e potremo tutto, come giustamente si prometteva lo stesso Apostolo dicendo: Omnia possum in eo, qui me confortat (Philip. 4,13). Non ha scusa dunque (dice san Giovanni Grisostomo) chi cade, perché trascura di pregare, giacché se pregava, non sarebbe restato vinto dai Nemici: Nec quisquam poterit excusari, qui hostem vincere noluit, dum ab orando cessavitab. Qui cade poi il dubbio, se sia necessario il ricorrere ancora all’intercessione dei Santi, per ottenere le Divine grazie. In quanto al dire, che sia cosa lecita ed utile l’invocare i Santi, come intercessori ad impetrarci per i meriti di Gesù Cristo quel che noi per i nostri demeriti non siamo degni di ottenere; questa è dottrina già della Chiesa, come ha dichiarato il Concilio di Trento (Sess. 25. in Decr. de Invoc. Ss.): Bonum atque utile est suppliciter eos invocare, et ob beneficia impetranda a Deo per Filium ejus Christum ad eorum opem auxiliumque confugere. Tale invocazione era condannata dall’empio Calvino, ma troppo ingiustamente; se è lecito e profittevole l’invocare in nostro soccorso i Santi viventi, e pregarli che ci assistano colle loro orazioni, come faceva il Profeta Baruch che diceva: Et pro nobis ipsis orate ad Dominum Deum nostrum (Bar. 1,13). E san Paolo: Fratres orate pro nobis (1 Thess. 5,25). E Dio medesimo volle, che gli Amici di Giobbe si raccomandassero alle di lui orazioni, acciocché per i meriti di Giobbe Egli poi li favorisse: Ite ad servum meum Job... Job autem servus meus orabit pro vobis; faciem ejus suspiciam (Job. 42,8). Se è lecito dunque raccomandarsi ai vivi, perché non ha da esser lecito l’invocare i Santi, che in Cielo più da vicino godono Dio? Ciò non è derogare all’onore, che a Dio si deve, ma duplicarlo, com’è l’onorare il Re non solo nella sua persona, ma ancora nei suoi Servi. Che perciò dice san Tommaso esser bene, che si ricorra ai molti Santi, quia plurium orationibus quandoque impetratur, quod unius oratione non impetratur. Che se poi dicesse taluno: Ma a che serve il ricorrere ai Santi, acciocché preghino per noi, quando Essi già pregano per tutti coloro che ne sono degni? Risponde lo stesso Santo Dottore, che alcuno non sarebbe già degno, che i Santi preghino per lui, ma ex hoc fit dignus, quod ad ipsum (Sanctum) cum devotione recurrit. Si controverte poi, se giovi il raccomandarsi all’Anime del Purgatorio. Alcuni dicono, che l’Anime Purganti non possono pregare per noi, indotti dall’autorità di san Tommaso, il quale dice, che quell’Anime, stando a purgarsi tra le pene, sono a noi inferiori, e perciò non sunt in statu orandi, sed magis ut oretur pro eis. Ma molti altri Dottori, come il Bellarmino, Silvio, Cardinal Gotti ecc. molto probabilmente l’affermano, dovendosi piamente credere, che Dio manifesti loro le nostre Orazioni, affinché quelle sante Anime preghino per noi, e così tra noi e loro si conservi questo bel “commercio” di carità, cioè che noi preghiamo per esse, ed esse per noi. Né osta (come dicono Silvio e Gotti) quel che ha detto l’Angelico, di non esser l’Anime Purganti in stato di pregare, perché altro è il non essere in stato di pregare, altro il non poter pregare. È vero, che quell’Anime sante non sono in stato di pregare, perché (come dice san Tommaso) stando a patire sono inferiori a noi, e più presto bisognose delle nostre Orazioni, nulladimeno in tale stato ben possono pregare, perché sono Anime amiche di Dio. ...
Della necessità della preghiera (Parte 4). Da Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori. SS n° 4, p. 7 - 8