Magistero Ecclesiastico è il potere conferito da Cristo alla sua Chiesa, avvalorato dal carisma dell’infallibilità, in virtù del quale la Chiesa docente è costituita unica depositaria e autentica interprete della Rivelazione divina da proporre autoritativamente agli uomini come oggetto di fede per la salute eterna. Che questo potere di insegnamento sia d’istituzione divina risulta chiaramente dalle parole con cui Cristo, sul punto di lasciare la terra, affida agli Apostoli la missione di evangelizzare il mondo: «Andate e insegnate a tutti i popoli» (Mt., 28, 18): «Andate in tutto il mondo e predicate l’Evangelo ad ogni creatura» (Mc., 16, 15). Il mezzo dunque stabilito da Cristo per la diffusione della sua dottrina non è lo scritto ma la predicazione orale, il Magistero vivo, cui Egli assicura la sua personale assistenza sino alla fine del mondo, con le parole che seguono nel luogo citato, di San Matteo: «Ed ecco che io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo ». Queste parole dimostrano che il Magistero fondato da Cristo è perpetuo e infallibile (v. Infallibilità). Affidato al collegio degli Apostoli dopo la costituzione del primato di Pietro, fondamento e pastore supremo della Chiesa (Mt., 16, 18; Giov., 21, 15 ss.), questo Magistero risiede in Pietro e nei suoi (legittimi) successori come nella sua fonte, negli Apostoli e nei Vescovi loro (legittimi) successori subordinatamente al Vicario di Gesù Cristo. La Tradizione, da Sant’Ignazio a Sant’Ireneo a Sant’Agostino, riconosce questa costituzione gerarchica e contro le aberrazioni dottrinali e morali fa costantemente appello all’insegnamento della Chiesa romana e del suo Vescovo, in cui vive San Pietro col suo primato. Sant’Agostino, raccogliendo la voce della Tradizione, arriva a dire che egli non crederebbe neppure all’Evangelo se il Magistero della Chiesa non glielo proponesse a credere (Contra ep. fundam. c. 5, P.L., 42, 176). Secondo la dottrina cattolica, pertanto, la Sacra Scrittura e la Tradizione non sono che la fonte e la regola remota della fede, mentre la regola prossima è il Magistero vivo della Chiesa, che risiede nel Romano Pontefice e nei Vescovi in quanto sono soggetti e uniti a lui. Il Conc. Vaticano (sess. 4, c. 4: D.B., 1832) ha suggellato questa verità definendo che nel primato di Pietro e dei suoi successori è incluso il supremo potere di Magistero, che è «veritatis et fidei numquam deficientis charisma». Lutero ha osato impugnare questa verità vissuta già da 15 secoli di Cristianesimo, e, rinnegando il Magistero vivo, ha proclamato come unica regola di fede la Sacra Scrittura affidata all’interpretazione individuale dei fedeli. Ma anche a prescindere dall’aperto contrasto con la Rivelazione, questa teoria si è dimostrata falsa per se stessa dai frutti maturati in quattro secoli di vita: le innumerevoli sette protestanti con lo smarrimento e la degenerazione dottrinale, che le caratterizza, sono una prova evidente del fallimento di quel falso principio (v. Protestantesimo, Articoli fondamentali). La stessa ragione vede la necessità d’una guida facile e sicura per la vita di fede, attesa la difficoltà di studiare e d’interpretare la Sacra Scrittura per gran parte dell’umanità.

Dal Dizionario di teologia dommatica, Piolanti, Parente, Garofalo - pace all’anima loro! - Studium, Roma, 1952.

[... Questo indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra, perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la salvezza di tutti, perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai velenosi pascoli dell’errore, si alimentasse con il cibo della celeste dottrina e perché, dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una e, appoggiata sul suo fondamento, resistesse incrollabile contro le porte dell’inferno ... Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema... Dalla Pastor Aeternus, Papa Pio IX, Concilio Vaticano, 18 luglio 1870, ndR]. Cliccare qui per approfondimenti

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