Eresia = scelta: originariamente (Eresia) significava una dottrina oppure un atteggiamento dottrinale contrario alla dottrina di fede comune. Nel Nuovo Testamento la parola è adoperata più volte: san Pietro (2a Lett. 2, 1) determina bene il senso di eresia, per la quale la via della verità è oltraggiata, gli uomini pervertiti ed il Signore rinnegato. Tertulliano (De praescript. c. 6) spiega l’eresia come arbitraria selezione di dottrine, senza tener conto della comune regula fidei, che vige nella Chiesa. San Tommaso riduce l’eresia a una specie di infedeltà positiva, per cui alcuni hanno una certa fede in Cristo, ma non accettano integralmente tutti i dommi (Summa Theol., II-II, q. 11, a. 1). Limitando la considerazione soltanto all’aspetto oggettivo (l’aspetto soggettivo appartiene alla morale) l’eresia si definisce: «Una dottrina che contraddice direttamente a una verità rivelata da Dio e come tale proposta dalla Chiesa ai fedeli». In questa definizione si rilevano due note essenziali dell’eresia: a) l’opposizione ad una verità rivelata; b) l’opposizione alla definizione del Magistero ecclesiastico. Se una verità è contenuta nel deposito della Rivelazione, ma non è proposta dalla Chiesa ai fedeli, si chiama verità di fede divina; se la verità rivelata è anche definita e proposta a credere dal Magistero ordinario o straordinario della Chiesa, si dice verità di fede divino-cattolica. L’eresia perfetta si oppone propriamente alla verità di fede divino-cattolica. Se manca la definizione della Chiesa, ma la rivelazione della verità negata è chiara e comunemente ammessa, chi la nega è almeno prossimo all’eresia. Per i rapporti dell’eretico con la Chiesa, v. Membri (della Chiesa). [Sotto l’aspetto soggettivo, che appartiene alla morale, l’eretico può essere inconsapevole o consapevole. Ordinariamente nel primo caso non è colpevole: pur essendoci la materia grave, mancherebbero, o la piena avvertenza, o il deliberato consenso, o tutti e due. In alcuni casi (per esempio di grave negligenza) anche l’“inconsapevole” può essere tuttavia colpevole. Sotto l’aspetto giuridico, l’eretico può essere giudicato, solo dalla Chiesa (cf. Mt., XVIII, 17), come eretico formale. La pertinacia è quella volontà, che propriamente costituisce l’eretico formale, di ricusare uno o più articoli di fede che gli vengono proposti dalla Chiesa, né vuole allontanarsi dall’errore, nonostante gli ammonimenti (cf. Tt. III, 10-11). Senza questa pertinacia, l’uomo, che non abbia già visibilmente aderito ad una setta eretica, può bensì dirsi errante (o eretico materiale), ma non eretico formale. Dice sant’Agostino: «Sine pertinacia, errare quidem potero; sed haereticus non ero». Come abbiamo già studiato, la Chiesa ha un corpo ed un’anima, dunque è la Chiesa a dover scindere anche dal corpo, chi già si fosse separato dall’anima di lei. Per approfondimenti e precisazioni: Quanto conficiamur, Pio IX; Satis cognitum, Leone XIII; Mystici Corporis, Pio XII, ndR].

 Dizionario di teologia dommatica. L’Eresia e gli eretici