Il Sillabario del Cristianesimo, mons. F. Olgiati, Vita e Pensiero, Milano, 1942. Cristo nella storia. La concezione cristiana della storia. Tracciando ad un giovane a lui caro le grandi linee della vita cristiana, Lacordaire scriveva: «Non avete voi mai notato, nel corso dei vostri studi classici, l’incomprensibile e divina magia della storia? Com’è che la Grecia è per noi una patria che non muore mai? Com’è che Roma, coi suoi tribuni e con le sue guerre, consegue ancora con la sua invincibile immagine e domina con le sue grandezze estinte una posterità che non è la sua? Perché questi nomi di Milziade e di Temistocle, perché questi campi di Maratona e queste acque di Salamina, invece d’esser tombe cadute nell’oblio, son cose dell’età nostra, son corone intrecciate ieri, sono applausi che risuonano ancora ai nostri orecchi, e ancor s’appigliano alle nostre viscere per commuoverle? Checché mi faccia, io non posso involarmi al poter loro; io sono Ateniese, Romano; io dimoro accanto al Partenone ed ascolto in silenzio - a’ piedi della Rupe Tarpea - Cicerone che mi parla e mi commuove. La storia è quella che fa tutto questo». Ogni uomo colto plaude a Lacordaire. È soltanto il bruto, che non ha una storia. Noi sentiamo di avere dietro le nostre spalle i millenni del passato, che ci sospingono innanzi; ed abbiamo coscienza di preparare, coi nostri liberi sforzi, un avvenire che succederà all’epoca nostra. L’eco delle memorie si ripercuote nella coscienza umana; e l’individuo, il piccolo e minuscolo essere, sa di essere una nota nel grande canto dell’umanità. È davvero un canto la storia dell’umanità? Ha essa un senso, un valore, un pregio? I pessimisti alla Schopenhauer rispondono di no e son venuti alla conclusione che la storia è l’immenso manicomio, agitato e sconvolto, di quei poveri pazzi, che si chiamano gli uomini. Stranezze e ridicolaggini, odii e amori, baci e pugni, tentativi di costruzioni e guerre e massacri e stermini, col loro pazzesco succedersi, costituiscono la storia. Per questo hanno negato Dio. Iddio, se esistesse, non sarebbe che il creatore ed il direttore d’un manicomio. Chi ammette Dio, si ribella a simile giudizio superficiale degli eventi storici, che si ferma al disordine apparente e non sa ascendere al suo significato. Dinanzi ad un campo di battaglia, dove la lotta si svolge feroce, se noi ci arrestassimo ai singoli episodi ed ai dettagli minuti, presi isolatamente, concluderemmo che assistiamo a scene prive di ogni razionalità. Ma se dalle minime particolarità risaliamo all’unità del piano, che il generale sta attuando, allora il preteso manicomio diventa l’attuazione di un pensiero unico e ci appare nel suo valore profondo. Così avviene nello studio della storia. Noi non possiamo rinchiuderci nell’istante che passa o nel nostro piccolo io, ma sentiamo il dovere di abbracciare le vicende dei secoli scorsi, il momento presente e gli orizzonti del futuro. Ricercando in qual modo il cristiano deve concepire la storia, faremo una constatazione: dovunque ci volgiamo, dovunque il nostro sguardo si posa, balza avanti a noi, in una vivida luce - solo offuscata talvolta dalle nubi dei pregiudizi o dalla nostra cecità - la figura di Gesù Cristo. A questa luce impareremo a comprendere gli avvenimenti ed in Cristo - per dirla con Francesco Acri - vedremo sciolti gli enigmi non solo della natura e del pensiero, ma anche della storia. 1. - La concezione cristiana della storia. Cos’è la storia? Ognuno di noi esplica liberamente a questo mondo la sua attività individuale. Ogni individuo è come una pianta, su cui crescono le foglie, i fiori ed i frutti delle sue azioni; o, meglio, è simile ad una piccola sorgente, dalla quale scaturisce un rivolo d’acqua. Il complesso di tutti questi rivoli, l’insieme di queste onde individuali forma il grande oceano della storia, accresciuto ad ogni istante da altre acque che in esso si versano incessantemente. Quando un’azione è compiuta, quando l’onda si è organicamente connessa con tutte le altre, l’effetto che ne segue non dipende più da noi, ma è la risultante fra il nuovo atto e la storia precedente. Orbene: se noi crediamo a Dio, se riteniamo che Dio sia Colui che ha creato ogni essere, che governa e che provvede a tutto, non possiamo evitare di sottoscrivere queste conclusioni: a) La storia non si sviluppa cervelloticamente e irrazionalmente. L’uomo si agita, - come dice Fénelon - ma Dio lo conduce, pur rispettando l’umana libertà. La Provvidenza non solo assiste ogni individuo, ma molto più assiste la risultante di tutte le azioni individuali, che costituiscono appunto la storia. In altre parole, nella storia ci deve essere un ordine, un pensiero, un senso, anche attraverso il male, gli errori e le colpe degli individui e dei popoli. Dio si serve del male - ha spiegato S. Agostino - per cavare il bene. Perciò, quando noi contempliamo i supplizi ingiusti e la morte di Cristo, non diciamo: «la storia è irrazionale», perché del male, del dolore, dell’iniquità di Giuda e dei crocifissori, Iddio si serve per salvare il mondo. Quando osserviamo i primi passi delle varie civiltà, non ci limitiamo a segnarne i difetti, ma ricerchiamo il nesso fra quegli inizi e gli ulteriori sviluppi, o meglio, il nesso fra quelle aurore burrascose e la civiltà umana. b) Per spiegare l’ordine della storia e per esserne sicuri, non basta l’uomo: si richiede Dio. È verissimo, come notano gli idealisti dei nostri giorni, che la storia è opera degli uomini; ma anche la casa è opera dei muratori ed anche un libro consta di lettere. Togliete i mattoni ad una casa; la casa scompare. Tuttavia la casa è qualcosa di più e di diverso dei mattoni e dell’opera dei muratori, in quanto realizza un’idea, il disegno dell’architetto, alla cui attuazione hanno concorso e muratori e mattoni; ed il libro è qualcosa di più e di diverso dei caratteri tipografici e delle parole che lo compongono, in quanto esprime un pensiero, che è il principio vivificatore delle lettere materiali di cui consta. Così succede nella storia. Essa risulta dalle azioni umane, ma è qualcosa di più e di diverso di esse; è la realizzazione del piano provvidenziale di Dio, attraverso il libero concorso dei singoli lavoratori, ossia di tutti gli uomini. Guai se la storia fosse solo opera degli uomini! Cadremmo nel caos completo! Anzi: gli individui hanno così scarso merito per ciò che riguarda la storia, che nessuno di noi, quando compie un’azione, conosce tutto il valore che essa assumerà nel tessuto degli eventi storici. Chi può prevedere gli effetti di un atto qualsiasi? Il dito di Dio, soltanto, coordina i singoli ruscelli nel mare vasto, che ha una sua mirabile voce, da non confondersi con la voce dei piccoli mortali. c) Se la storia, adunque, ha un senso e se questo senso è ben chiaro dalle intenzioni che spingono i singoli ad operare, quale è il significato della storia? Qual è la sua idea ispiratrice, che la vivifica e che sintetizza tutti gli atti degli individui, delle generazioni, dei popoli, in un’unità grandiosa e solenne? È evidente che avendo Dio elevato l’uomo allo stato soprannaturale, l’attività umana, sboccando nel mare della storia, non può [fare, ndR] a meno di avere questa caratteristica. La natura non basta a spiegare la storia; occorre la soprannatura, che, come vedemmo, non distrugge l’attività naturale, ma la eleva e la divinizza. Il cristiano, che pretendesse interpretare le vicende storiche, prescindendo dal soprannaturale, rinnegherebbe la sua fede. Si noti bene, a scanso di equivoci, che - come ho dimostrato nel mio volumetto: Primi lineamenti di pedagogia cristiana - la nostra concezione cristiana della storia non è qualcosa di meno, ma di più, della storia intesa positivisticamente o idealisticamente. Quando noi studiamo la storia, cominciamo a stabilire i fatti, a ricercare ed a interpretare i documenti. Da tale molteplicità di notizie, noi risaliamo, poi, alla loro sintesi e la concateniamo con tutti gli avvenimenti che hanno preceduto e seguito il periodo studiato, perché sappiamo che il valore d’un fatto dipende non solo da ciò che il fatto è in se stesso, ma anche dalla connessione con tutti gli altri fatti. Ma noi non possiamo arrestarci al significato naturale del fatto; questo non è che un gradino necessario da salire, ma non è l’ultimo gradino della scala. Ogni e qualsiasi momento della storia ha un altro significato, quando lo consideriamo dal punto di vista del soprannaturale. d) Ed allora ecco la nostra tesi, che cercheremo di lumeggiare: il vero dominatore della storia e lo scopo ultimo di essa è Gesù Cristo. Da San Paolo a S. Agostino, da Bossuet a Vito Fornari, Cristo è salutato l’ordine e la verità di tutte le cose, ognuna delle quali coopera al Suo piano; Egli è la perfezione di tutte, è la legge suprema a cui aneliamo, è il tipo a cui le creature sono conformate, il segno a cui aspirano, l’intimo significato che contengono. Nell’umanità, osservata non tanto nell’esteriorità degli avvenimenti, quanto nella intimità delle aspirazioni e degli slanci, delle sue cadute e delle sue risurrezioni, nella sua cultura e nella sua vita, è presente Gesù Cristo, come principio, centro e fine della storia tutta quanta. Questa tesi è essenziale non solo per la visione e per lo studio storico, ma altresì per il nostro atteggiamento pratico. Se essa è vera, noi in ogni fatto della storia, anche là dove altri vede solo il disordine, scorgeremo alta e gloriosa la divina Persona del Maestro; ed ogni avvenimento scriverà sotto di essa la parola che leggiamo nelle catacombe di Napoli: Gesù Cristo è il vincitore.