San Paolo, dopo d’aver preso nella Lettera ai Colossesi la Persona di Cristo come argomento principale, discorre, nell’altra sua Lettera a quelli di Efeso - della Chiesa, quale prolungamento di Cristo nel tempo e nello spazio. Per san Paolo la Chiesa è un organismo ed occorre afferrare bene tale concetto, illustrato dalla parola ispirata dell’Apostolo, per penetrare sempre più a fondo, non solo nel pensiero del creatore della Chiesa, ma altresì nella sublime unità della dottrina e della vita cristiana. Secondo san Paolo, dunque, noi dobbiamo distinguere il Cristo naturale, il Verbo incarnato, il Sacerdote e la Vittima del Calvario, Colui che ci ha riscattati soffrendo e morendo per noi, ed il Cristo mistico, ossia la Chiesa che è unita al Cristo naturale come le membra al loro Capo. Cristo è il «Capo supremo della Chiesa, che è il Suo Corpo»; tutti i fedeli, che col battesimo entrano a formare la Chiesa, sono le membra di questo organismo divino. E come nell’organismo si nota varietà di organi, diversità di posti, di struttura e di funzioni, ed in pari tempo v’è un’unità per il principio comune della vita e del moto, così nella Chiesa noi abbiamo quest’unità insieme con la molteplicità svariata dei suoi membri. «Ben lungi dal nuocere all’unità, - commenta il Prat nel suo bel lavoro su La théologie de san Paul - la diversità l’abbellisce e la completa. Il corpo - osserva san Paolo - non è un solo membro, ma più membra; se tutto fosse un solo membro, dove sarebbe l’organismo? Diversità di organi e identità di vita: tale è la formola del corpo umano, e tale pure è la formola del corpo mistico». Per questo, tutti i fedeli di Cristo - dalla Chiesa trionfante (i beati del Paradiso) alla Chiesa purgante (le anime del Purgatorio) ed alla Chiesa militante (i credenti di questa terra) - sono una cosa sola in Cristo Gesù e costituiscono con Lui l’unità del corpo mistico. Apriamo una parentesi. Questo insegnamento - mille volte ripetuto in mille forme nella Scrittura, come, ad esempio, quando Gesù ricorre all’allegoria della vigna e paragona Sé alla vite e noi ai tralci - implica la conseguenza che se vogliamo davvero vivere soprannaturalmente, dobbiamo essere uniti alla Chiesa. Chi è diviso dalla Chiesa, è diviso da Gesù Cristo, è un membro reciso dall’organismo e che si decompone, è un tralcio morto che diventa legna da ardere. Fuori della Chiesa, non v’è salvezza, non v’è partecipazione alla vita soprannaturale di Cristo. Le eresie e gli scismi tagliano una parte di questo organismo e portano, quindi, la rovina. È vero: noi, con la teologia, distinguiamo il corpo e l’anima della Chiesa: il corpo è l’organismo esterno e visibile; l’anima è la vita, è la grazia, che dentro vi alita; e nulla vieta che una persona in buona fede [invincibilmente ignorante, ndR] appartenga all’anima senza appartenere al corpo della Chiesa. Ma questa è un’eccezione e non sopprime, ma conferma la volontà di Cristo, che ci obbliga a vivere nell’organismo di cui Egli è il capo. L’unione con Dio, la grazia, Gesù Cristo, la Chiesa non sono punti separati, quasi che si possa scegliere liberamente uno di essi, rifiutandone un altro; ma hanno una tale connessione, che si spiegano a vicenda. [Il “vaticanosecondismo” attenta anche a questi princìpi fondamentali ed elementari, con tutte le conseguenze che ne derivano, ndR].

Sillabario_del_Cristianesimo.jpg