Il padre Bessarione disse: «Sono rimasto quaranta giorni e quaranta notti in mezzo alle spine, ritto, senza poter dormire» (PJ VII, 4). Il presbitero allontanò dalla chiesa un fratello che aveva peccato. Il padre Bessarione allora si alzò e uscì con lui dicendo: «Anch’io sono un peccatore» (141bc; PJ IX, 2). Lo stesso padre Bessarione raccontò di non essersi coricato per quarant’anni, ma di aver dormito o seduto o ritto. Disse anche: «Quando sei in pace e non sei tentato, umiliati allora ancor più; perché non avvenga che siamo colti da una gioia fuori luogo, ci vantiamo, e veniamo così abbandonati alla tentazione. Spesso infatti è per le nostre debolezze che Dio non ci abbandona in preda alla tentazione, perché non andiamo perduti». Un fratello che viveva con altri fratelli chiese al padre Bessarione: «Cosa devo fare?». Dice a lui l’anziano: «Taci, e non misurare te stesso». Morendo, il padre Bessarione disse che il monaco deve essere come i cherubini e i serafini, tutto occhi (dove non c’è agitazione né distrazione - 141d).  Da Op. cit., edizione Città Nuova, 1999.

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