• Raccontavano di lui, che nella sua giovinezza visse in povertà e solitudine. In quel tempo vi erano nella zona circostante anche parecchi altri, che avevano abbracciato la stessa vita, fra cui un anziano semplice e povero al massimo grado. Questi abitò in una cella da solo fino alla morte, sebbene nella vecchiaia avesse dei discepoli. Insieme a coloro che vissero con lui fino alla morte, si esercitò attentamente a non possedere due tuniche e a non pensare al domani. Quando poi avvenne al padre Gelasio, con l’aiuto di Dio, di fondare il cenobio, gli fu offerto pure molto terreno. Egli acquistò anche le bestie da soma necessarie al monastero e buoi. Lo Spirito di Dio, che aveva rivelato al santo Pacomio che egli doveva essere il primo fondatore di un cenobio, aiutò anche lui nella costruzione del monastero. L’anziano che abbiamo sopra ricordato, quando lo vide occupato in questa impresa, mosso da sincero amore per lui, gli disse: «Temo, padre Gelasio, che il tuo pensiero venga legato ai campi e agli altri possessi del cenobio». Ma l’altro gli rispose: «È più legato il tuo pensiero al punteruolo con cui lavori che il pensiero di Gelasio a questi possedimenti» (152bc).

• Dicevano che il padre Gelasio era spesso disturbato dal pensiero di ritirarsi nel deserto. Disse un giorno al suo discepolo: «Fammi la carità, fratello, qualsiasi cosa io faccia questa settimana, sopporta e non dirmi nulla». Prese quindi un bastone di albero di palma e cominciò a camminare avanti e indietro nel suo cortiletto. Quando era stanco, si sedeva un poco, per poi alzarsi e riprendere a camminare. Venuta la sera, disse al suo pensiero: «Chi erra nel deserto, non mangia pane ma erbaggi; ma tu, per la tua debolezza, mangia un po’ di verdura». Così fatto, disse ancora al suo pensiero: «Chi sta nel deserto, non dorme sotto un tetto, ma all’aperto; fa’ dunque altrettanto». E si coricò a dormire nel cortile. Dopo tre giorni, trascorsi camminando nel suo eremitaggio, mangiando la sera un po’ di insalata e dormendo all’aperto, era molto stanco. Rampognò allora il pensiero che lo disturbava, confutandolo con queste parole: «Se non puoi condurre la vita del deserto, rimani con pazienza nella tua cella a piangere i tuoi peccati e non andartene in giro, poiché l’occhio di Dio vede sempre le opere dell’uomo, nulla gli sfugge, e conosce chi compie il bene» 15 (152c-153a). Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999.

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