• Raccontavano del padre Dioscuro di Nachias, che mangiava pane d’orzo e di farina di lenticchie. Ogni anno si proponeva la pratica di una nuova disciplina. Diceva: «Non avrò incontri con nessuno quest’anno», oppure: «Non parlerò», oppure: «Non mangerò nulla di cotto», o ancora: «Non mangerò né frutta né verdura». Faceva così tutte le pratiche possibili; non faceva in tempo a compierne una che ne iniziava un’altra. E ciò avveniva ogni anno (160c; P] IV, 13).

• Un fratello interrogò il padre Poemen: «I miei pensieri mi turbano, facendo sì che io non mi curi dei miei peccati e presti attenzione alle mancanze del fratello». Gli raccontò allora il padre Poemen: «Il padre Dioscuro stava nella sua cella piangendo se stesso, mentre il suo discepolo sedeva in un’altra cella. Quando si recava dall’anziano e lo trovava in pianto, gli diceva: - Padre, perché piangi? E l’anziano diceva: - Piango i miei peccati. - Tu non hai peccati, padre, disse un giorno il suo discepolo. E l’anziano rispose: - In verità, o figlio, se io tralascio di vedere i miei peccati, non basteranno altre tre o quattro persone a piangerli» (160d-161a).

• Il padre Dioscuro disse: «Se rivestiamo l’abito celeste, non saremo trovati nudi. Se invece non saremo trovati con quella veste, che faremo, fratelli? Dovremo anche noi udire quella voce che dice: Gettalo nelle tenebre esteriori; ivi sarà pianto e stridore di denti? Ora, fratelli, sarebbe una grande vergogna per noi, che da tanto tempo indossiamo l’abito monastico, se nell’ora suprema fossimo trovati senza la veste nuziale. Quale pentimento allora ci prenderebbe! E quali tenebre piomberebbero su di noi di fronte ai nostri padri e fratelli, che ci vedrebbero castigati dagli angeli del castigo!» (161ab).

Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999.

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