• Alcuni padri salirono un giorno dall’abate Giuseppe a Panefisi per chiedergli come accogliere i fratelli ospiti presso di loro: bisognava usare con loro condiscendenza e libertà? Ma, prima che gli rivolgessero la domanda, l’anziano disse al suo discepolo: «Cerca di capire quel che farò oggi e abbi pazienza». Quindi pose due cuscini per terra, uno alla sua destra, l’altro alla sinistra, e disse: «Sedete!». Entrò nella sua cella, vi indossò abiti da mendicante e, uscito, passò in mezzo a loro. Entrò quindi una seconda volta, uscì con i propri abiti e si sedette in mezzo a loro. I padri rimasero sorpresi di ciò che l’anziano aveva fatto. Disse loro: «Avete capito ciò che ho fatto?». Dicono: «Sì». Dice: «Ero forse diverso con quel misero vestito?». Dicono: «No». «Se dunque con entrambi io sono il medesimo, e non cambio con il primo né ho alcun danno dal secondo, dobbiamo fare altrettanto quando riceviamo i fratelli stranieri, come dice il santo Evangelo... ; quando vengono in visita dei fratelli, riceviamoli con libertà; ma quando siamo soli abbiamo bisogno che rimanga con noi il lutto». I padri rimasero sorpresi delle sue parole, perché aveva detto loro ciò che avevano nel cuore prima che glielo chiedessero (228abc; PJ XIII, 1).

• Il padre Poemen chiese al padre Giuseppe: «Dimmi, come posso diventare monaco?». Dice: «Se vuoi trovare pace in qualsiasi luogo tu sia e in qualsiasi circostanza, di’: - Chi sono io? E non giudicare nessuno» (P] IX, 5).

• Il padre Poemen chiese al padre Giuseppe: «Che devo fare all’avvicinarsi delle passioni? Devo resistere, o lasciarle entrare?». L’anziano gli disse: «Lasciale entrare e combattile» [Qui Giuseppe di Panefisi esprime la sua personale opinione, che è la meno accreditata. La dottrina più diffusa presso i padri si può schematizzare così: ci sono diverse «misure» di perfezione; deve perciò conseguirne un diverso atteggiamento nei confronti dei pensieri. Vi è un primo stadio, sufficiente per chi è ai primi passi nella via dello spirito, che consiste nel non tradurre il pensiero (cattivo) in azione. In tal modo il pensiero è intimamente svigorito e finisce col lasciare l’assedio della mente. Vi è un secondo stadio, invece, dei più perfetti. Consiste, in coloro che già sono esercitati nella lotta spirituale, nel respingere il pensiero senza soffermarvisi. Secondo la dottrina più diffusa e sicura, il pensiero deve essere contrastato allo stesso insorgere, e gli deve essere impedito assolutamente l’ingresso nel santuario dell’anima (così San Benedetto interpreta l’ultimo versetto del Sal. 136, 9 («Beato chi prenderà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra»): bisogna respingere, annientare, sfracellare contro la Pietra, che è il Cristo, i pensieri provenienti dal Maligno, fin dal loro nascere]. L’altro ritornò a Scete e vi rimase. Giunse intanto a Scete uno della Tebaide, e raccontò ai fratelli di avere chiesto al padre Giuseppe: «All’avvicinarsi delle passioni, devo resistere o lasciarle entrare?», e che egli aveva risposto: «Non lasciarle entrare affatto, ma tagliale subito via!». All’udire che il padre Giuseppe aveva risposto così al fratello della Tebaide, il padre Poemen ritornò da lui a Panefisi e gli disse: «Padre, io ti ho confidato i miei pensieri, ed ecco, a me hai detto una cosa e al fratello della Tebaide ne hai detta un’altra!». L’anziano gli disse: «Non sai che ti amo?». Disse: «Sì». «Non mi avevi chiesto di parlarti come a me stesso?». «Certo». «Se tu dunque permetti alle passioni di entrare e le domini, esse ti rendono più provato; ti ho parlato come a me stesso; vi sono invece altri ai quali non giova che le passioni si avvicinino, ma devono cacciarle immediatamente» (228d-229a; PJ X, 29 - Si tratta sempre della medesima personale opinione del padre Giuseppe).

• Un fratello chiese al padre Giuseppe: «Che cosa devo fare? Perché non so né sopportare le difficoltà, né lavorare, né dare amore». Gli dice l’anziano: «Se non puoi fare [se ne sei in qualche modo impedito] nemmeno una di queste cose, custodisci almeno la tua coscienza pura da ogni peccato contro il prossimo, e ti salverai» (229b; PJ X, 31). 

Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999. In foto il Padre Sant'Antonio.

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