Il padre Cassiano raccontò: «Mi recai in Egitto assieme al santo Germano da un anziano che ci ospitò. Gli chiedemmo: “Come mai nell’ospitare dei fratelli forestieri non osservate la regola del digiuno quale l’abbiamo ricevuta in Palestina?” - “Il digiuno è sempre con me” - rispose -, “mentre non posso trattenere voi con me sempre. Il digiuno è certo utile e necessario, ma dipende dalla nostra scelta, mentre la legge di Dio esige l’adempimento della carità come dovere assoluto. Poiché in voi accolgo Cristo, devo servirvi con tutto il mio zelo; quando vi avrò congedati, potrò riprendere la regola del digiuno. Non possono i figli del talamo digiunare finché lo sposo è con loro. Quando lo sposo sarà loro tolto, allora per forza digiuneranno”».

Il medesimo raccontò che c’era un anziano servito da una santa vergine, e la gente diceva: «Non sono puri». Il vecchio lo seppe e, quando fu vicino alla morte, disse ai padri: «Quando morirò, piantate nella tomba il mio bastone: se germoglierà e darà frutti, saprete che sono puro da lei. Se non germoglierà, significa che sono caduto con lei». Il bastone fu piantato e il terzo giorno germogliò e dette frutti; e tutti diedero gloria a Dio.

Disse anche: «Visitammo un altro anziano, che ci offrì da mangiare e ci esortò a prendere dell’altro cibo anche quando fummo sazi. Poiché io dicevo di non poterne più prendere, rispose: - “Io ho preparato la tavola sei volte perché vi erano dei fratelli, ho invitato ognuno a mangiare e ho mangiato con loro, e ho ancora fame. Tu invece, dopo aver mangiato una volta sola, ti sei tanto saziato da non poter mangiare più”».

Il padre Cassiano ha raccontato che il padre Giovanni, superiore di un grande cenobio, si recò dal padre Paisio che da quarant’anni viveva in una estrema solitudine. E, poiché aveva per lui un grande amore e la confidenza che da esso deriva, gli chiese: «Tu che da tanto tempo vivi così appartato e difficilmente sei disturbato da qualcuno, che cosa hai realizzato?». «Da quando vivo da solo - rispose - il sole non mi ha mai visto mangiare». «Né ha mai visto me adirato», disse il padre Giovanni.

Quando questo padre Giovanni fu in punto di morte, e se ne andava a Dio con slancio e con gioia, i fratelli lo attorniavano e volevano che lasciasse loro in eredità una parola breve e salutare, per poter giungere alla perfezione in Cristo. Egli disse gemendo: «Non ho mai compiuto la mia volontà, non ho mai insegnato a nessuno qualcosa che non avessi prima fatto».

Raccontò ancora di un altro anziano che viveva nel deserto e aveva chiesto a Dio la grazia di non addormentarsi mai quando si teneva un discorso spirituale; di sprofondare invece immediatamente nel sonno se qualcuno facesse della maldicenza o dicesse parole oziose, perché le sue orecchie non gustassero questo veleno. Diceva: «Il diavolo è fautore delle parole oziose e nemico di ogni insegnamento spirituale». E portava questo esempio: «Un giorno in cui dicevo ad alcuni fratelli delle cose utili, furono presi da un sonno così profondo da non potere nemmeno muovere le palpebre. Per mostrare l’azione del demonio, cominciai a fare chiacchiere sciocche. A ciò si rallegrarono e si svegliarono subito; e io dissi sospirando: - “Finché abbiamo parlato di cose celesti, tutti voi avevate gli occhi appesantiti dal sonno. Ma appena sono uscite dalla mia bocca parole oziose, vi siete destati subito con entusiasmo. Perciò, fratelli, vi esorto a riconoscere l’azione del demonio; vegliate su voi stessi e guardatevi dal sonnecchiare quando fate o udite qualcosa di spirituale”».

Raccontò di un senatore che aveva rinunciato al mondo e aveva distribuito ai poveri le sue ricchezze, tenendosi però qualcosa a proprio uso, poiché non voleva sopportare l’umiliazione di una completa rinuncia né la vera sottomissione alla regola cenobitica. Basilio gli rivolse queste parole: «Hai perduto la dignità di senatore e non sei divenuto monaco».

Raccontò anche di un monaco che viveva in una spelonca nel deserto. I suoi parenti secondo la carne gli fecero sapere: «Tuo padre è molto malato e sta per morire. Vieni per ricevere la tua eredità». Ma egli rispose: «Io sono morto al mondo prima di lui, un morto non può ereditare da un vivo».

Da «Vita e detti dei padri del deserto», Città nuova, Roma, 1999.

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