Gli anatemi del Concilio di Costanza, condanna a Giovanni Wicleff

Pillola settimanale di Magistero

• Nel nome del Signore, amen. Cristo, nostro Dio e salvatore, vite vera, di cui il Padre è agricoltore, spiegando ai suoi discepoli e agli altri fedeli queste immagini, dice: «Se qualcuno non rimarrà in me, sarà gettato via come tralcio e seccherà»! Di questo sommo dottore e maestro il santo Sinodo di Costanza intende seguire la dottrina e praticare i precetti nella questione dell’inquisizione dell’eresia, che questo stesso Sinodo ha promosso, - date le voci della pubblica fama e le clamorose accuse - contro Gerolamo da Praga, maestro nelle arti, laico, dai cui atti e processi risulta che ha ritenuto, affermato e insegnato alcuni articoli eretici ed erronei, già da tempo riprovati dai santi padri; altri blasfemi, altri scandalosi, altri offensivi per persone pie, temerari e sediziosi, già ritenuti, predicati e insegnati da Giovanni Wicleff e Giovanni Huss, di dannata memoria, e disseminati in alcuni loro libri ed opuscoli.

Questi articoli, questa dottrina e questi libri di Giovanni Wicleff e di Giovanni Huss sono stati condannati per eresia dallo stesso Sinodo con sua sentenza: quelli di Wicleff in memoria, quelli di Huss nella sua persona. Gerolarno in seguito, durante la causa di inquisizione, approvò questa sentenza e aderì ad essa, riconoscendo e professando nello stesso Santo sinodo la vera fede cattolica ed apostolica. Abiurò anche ogni eresia, specialmente quella di cui era infamato e quella che in passato avevano insegnato e ritenuto Giovanni Wicleff e Giovanni Huss, nei loro opuscoli, discorsi e libelli, e per cui Wicleff ed Huss erano stati condannati come eretici dallo stesso santo Sinodo con i loro dommi ed errori; e ugualmente la loro dottrina. Egli proferì la condanna assoluta di quanto abbiamo premesso, e giurò che sarebbe rimasto in questa verità della fede, e che se, per caso, avesse presunto qualche volta di credere o predicare qualche cosa in contrario non avrebbe rifiutato di sottostare alla severità dei canoni, e volle obbligarsi all’eterna pena. Sottoscritta poi di suo pugno tale professione di fede la presentò e consegnò al santo Sinodo.

• Passati però molti giorni da questa professione e da questa abiura, «come cane che torna al suo vomito», per poter diffondere il veleno dannosissimo che celava nel suo petto, chiese che gli venisse concessa una pubblica udienza nel Sinodo. Concessagli questa udienza asserì, in pieno Sinodo pubblicamente radunato, e confessò che iniquamente aveva aderito alla sentenza di condanna di Wicleff e di Giovanni Huss, e che aveva mentito, approvando quella sentenza. E non temeva di confessare che aveva mentito; e che anzi revocava la sua confessione, approvazione e dichiarazione della loro condanna, ora ed in eterno. Diceva infatti, di non aver letto mai nei libri di Wicleff e di Giovanni Huss cosa che sapesse di eresia o di errore, quantunque prima della sentenza avesse affermato e sia stato dimostrato all’evidenza che egli esaminato, letto, insegnato i loro libri, nei quali è noto essere contenuti molti errori ed eresie. Quanto al Sacramento dell’altare e alla transustanziazione, però, Gerolamo ha detto di ritenere e credere quello che crede e ritiene la Chiesa, dicendo di credere più ad Agostino e agli altri dottori della Chiesa che a Wicleff e Huss.

• È chiaro, dunque, da quanto precede, che Gerolamo aderisce a Wicleff ed Huss, che sono stati condannati, e ai loro errori; e che è stato ed è loro fautore. Perciò il santo Sinodo ha stabilito e deciso che egli, quale «tralcio guasto, secco e separato dalla vite, debba esser cacciato fuori»; e lo proclama, dichiara e condanna come eretico, recidivo nell’eresia, scomunicato, anatematizzato.