San Francesco d’Assisi era andato a predicare in un paese ed era stato graziosamente ospitato da un uomo cristiano e molto devoto. Quell’uomo aveva un figlio. Una mattina venne lasciato solo in casa dalla madre, per il gran desiderio d’udire la predica. Alla fine del sermone la donna corse a casa e trovò morto il povero bambino. Egli era sceso dal letto e s’era andato a gettare in una caldaia d’acqua bollente che stava sul fuoco in cucina. Ognuno immagini il dolore che dovette soffrire quella madre appena poté estrarre il corpicino morto del figlioletto da quella caldaia! Intanto, siccome a breve sarebbe rientrato a casa San Francesco, la madre si organizzò in maniera che nulla desse a sospettare al marito e, secondo quanto immaginava, neppure a San Francesco stesso. Prese il ragazzetto morto, lo vestì, lo baciò col cuore spezzato dal dolore, e poi lo chiuse in una cassa. Fatto tutto questo, si organizzò per preparare il pranzo frugale al suo Santo ospite, il quale, poco dopo, fece ritorno dalla chiesa. Allo scocco di mezzogiorno si mangiò, e la donna rimase sempre sorridente ed apparentemente contentissima. Alla fine del pranzo Francesco disse che aveva desiderio d’un frutto. «Non abbiamo frutta di nessuna maniera, uomo di Dio», rispose la donna, mostrando gran dolore per non poter soddisfare a quella domanda. «Ma in casa vostra ci devono essere dei bei frutti», rispose sorridendo San Francesco. Via, aprite quella cassa e datemi ciò che domando. La donna meravigliata vide che il Santo indirizzava il dito alla cassa ove era chiuso il bambino bollito, e soggiunse: «In quella cassa non c’è davvero frutta»... Francesco tanto insistette che la donna fu costretta ad aprire la cassa. Bellissimo spettacolo! Appena la madre aprì la cassa trovò il bambino tutto sorridente e con le manine cariche di frutti graziosi oltre ogni credere. Il bambino porgeva le frutta alla madre e mostrava desiderio di darne anche a San Francesco! - Ecco Dio come premia coloro che ricevono in casa propria i banditori della divina parola. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 358-360).
A cura di Carlo Di Pietro