Nelle vite dei Padri del deserto si legge questo fatto degno di grande considerazione. L’anacoreta San Malco, il quale era nato in Mesopotamia, aveva di soppiatto abbandonati i genitori, che ebbero da Dio quell’unico figliuolo, ed era fuggito a fare penitenza nel deserto. Dopo molti anni seppe, non so come, che suo padre era morto ed era rimasta la sola madre vedova, la quale non sapeva e non poteva dispensare ai poveri le grandi ricchezze della sua famiglia, ormai vicina ad estinguersi. Malco allora, preso da un sentimento di grande tenerezza, chiese al suo superiore che gli avesse permesso per pochissimo tempo il ritorno alla sua casa, tanto per assistere un po’ la madre e per largire in elemosina ai poveri tutte le ricchezze della famiglia. Il superiore, scorto in quella domanda un tranello del maligno nemico, si pose in un assoluto diniego; però Malco tanto fu costante nel pregare che in fine quel santo uomo di superiore dovette cedere. Partì dunque dalla sua solitudine il giovine anacoreta. Prima di muoversi aveva preso tutte le possibili precauzioni per non essere acchiappato dai ladroni, i quali infestavano orribilmente quelle contrade. Ma la Provvidenza permise ch’egli, dopo aver fatto poco cammino, cadesse nelle mani dei malfattori. Venne catturato, battuto brutalmente, e poi venduto ad un padrone come schiavo. Il padrone, a dir vero, cominciò a trattare il novello schiavo molto umanamente, poiché vedeva in lui qualità del tutto singolari. Ma guardate qual brutto grillo saltò in testa un giorno a quel padrone! Vedendo che sotto la direzione di Malco i suoi negozi prosperavano assai, egli credette di legarlo per sempre al suo servizio con dargli moglie. Adocchiata tra le sue schiave una giovinetta quanto bella tanto virtuosa, disse a Malco: «Ecco, quella è la sposa tua». Il povero anacoreta a questa sparata del padrone rimase proprio di stucco. Era fuggito dalla casa paterna per non prendere donna, ed ora, ridotto per una sua imprudenza in ischiavitù, la doveva prendere per forza, anzi per violenza!... Non cadde però di coraggio e disse al padrone con franchezza grande che non poteva né doveva acconsentire alle sue strane pretese. Quel barbaro divenne addirittura un demonio e minacciò Malco della vita, se non avesse ubbidito prontamente. La giovine destinata a moglie al povero anacoreta, sebbene schiava anche ella, era cristiana, quindi pia oltre ogni credere e di gran coraggio. Avuto a sé Malco, gli disse così: «Subito che il nostro tiranno padrone ci vuole sposi ad ogni costo, fingiamo di sposarci, e cerchiamo intanto un’occasione per fuggire di sotto al suo giogo». A Malco piacque assai il divisamento della giovine, e finsero tutti e due d’essere sposi. Una notte, dopo essere trascorso pochissimo tempo dal finto matrimonio, ebbero l’occasione propizia di darla a gambe. Avevano ucciso due capretti il giorno innanzi, ne avevano cotto le carni per il viaggio, ed avevano ancora gonfiate le pelli di quei due animali per passare un fiume pericoloso coll’aiuto delle stesse. Il padrone intanto ebbe l’agio di accorgersi della fuga, e, chiamato a sé uno schiavo dei più fedeli, montarono tutte e due sopra cavalli velocissimi e subitamente inseguirono i poveri fuggitivi. Questi dopo tre giorni s’accorsero d’essere inseguiti e in cuore loro si tennero assolutamente perduti. Non volendo seguitare la strada, per non essere presi da un momento all’altro, entrarono in una caverna, e già furono veduti dai cavalieri inseguitori. «Li abbiamo ormai presi», disse il padrone allo schiavo: «sono entrati nella caverna. Noi non si deve far altro che chiamarli fuori, legarli ben bene e ricondurli lì donde partirono». In un attimo quel padrone e quello schiavo sono alla porta o imboccatura della caverna, scendono da cavallo e lo schiavo si caccia dentro tutto arroganza e grida: «Fuori, sciagurati, subito fuori!». Una leonessa, la quale aveva i suoi cuccioli nel fondo di quella caverna, ascolta le alte grida, s’avventa a quel disgraziato schiavo, lo strozza in men che si dice, e lo trascina vicino ai figli. Il padrone, non sentendo più la voce dello schiavo e non vedendo venir fuori i fuggitivi, corre dentro la caverna anch’egli e con voce assai animata vuole dirigere allo schiavo, già morto, parole di rimprovero. La leonessa sente ancora quelle parole e colla rapidità della saetta va a fare del padrone lo strazio che aveva fatto dello schiavo. E i due fuggitivi? Essi s’erano rannicchiati in un angolo della caverna, vicino alla porta, e se ne stavano lì tremanti e senza quasi tirare il fiato. Osservata la morte terribile che fecero i loro persecutori, uscirono subito dalla caverna, montarono sui cavalli che trovarono all’ingresso, e via a precipizio. Fatto un buon cammino, si separarono e pigliarono ambedue la solitudine ove diventarono due santi. Intanto San  Malco per aver ceduto alla tentazione di far ritorno in casa sua, si trovò in quel brutto pericolo. — E noi tutti apprendiamo dal fatto la grande lezione che quando abbiamo abbandonato il mondo non dobbiamo dissennatamente far ritorno in mezzo allo stesso. [N° 91, da Racconti Miracolosi, P. Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 306-310].

Rara foto del P. Giacinto da Belmonte - Dal sito del Comune di Belmonte Calabro.

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