Racconti miracolosi n° 1. La monaca in Purgatorio e l’impronta di fuoco

Racconto questo episodio sulla base della parola granitica di Mons. de Ségur. Nell’anno 1870, egli scrive, nel mese d’aprile, «io vidi a Foligno una di quelle terribili impronte di fuoco lasciate qualche volta da anime che compaiono, e così ci attestano il fuoco dell’altra vita essere fuoco reale». Il 4 novembre 1859 morì d’apoplessia fulminante, nel convento delle Terziarie Francescane di Foligno, una buona suora, chiamata Teresa Gesta. Era da molti anni maestra delle novizie ed insieme incaricata al povero guardaroba del monastero. Era nata nel 1797 in Bastia, nella Corsica, ed era entrata in monastero nel febbraio del 1826. Non occorre dire che la morte la colse assai preparata. Il sedici novembre, dodici giorni dopo che suor Teresa fosse morta, un’altra suora, di nome Anna Felicita, salì al guardaroba e stette per entrare, quando sentì dei gemiti provenienti dall’interno della camera. Sebbene molto sbigottita, suor Anna aprì la porta, ma, appena messo il piede dentro la camera, sentì più spiccatamente tali gemiti. Si spaventò e gridò: «Gesù e Maria!». Allora i gemiti mutarono in queste chiare parole: «O mio Dio, quanto soffro!». Era la morta, suor Teresa, che pronunziava quelle strazianti parole. In un momento, l’ombra di suor Teresa apparve in mezzo ad un gran fumo e si diresse verso la porta, strisciando lungo il muro. Giunta alla porta, gridò: «Ecco un segno della misericordia di Dio (…)». Con la mano destra percosse la parte più alta della porta, la mano vi affondò e lasciò su di essa un’impronta perfettissima: il legno rimase, con quell’impronta, carbonizzato. Ciò fatto, scomparve. La povera suor Anna Felicita, come si può facilmente immaginare, rimase quasi morta dalla paura e chiamò aiuto. Accorse una delle compagne, poi un’altra, poi un’altra ancora, infine tutta la comunità. Le suore chiaramente sentirono l’odore di bruciato, tutte videro l’impronta della mano sulla sommità della porta: tutte scorsero il legno carbonizzato. Riconobbero rapidamente l’impronta della mano di suor Teresa, che era notevolmente piccola. Quelle suore intanto, esterrefatte, corsero in coro a pregare per la defunta, e subito altre comunità religiose di Foligno vennero avvertite di pregare per quell’anima. Il 18 novembre successivo suor Anna Felicita si sentì chiamare per nome nella sua cella. Udita la voce, comparve ai suoi occhi uno sfolgorante globo di luce, ed in mezzo a quella luce v’era suor Teresa Gesta. «Mia sorella Anna», disse suor Teresa riboccante di giubilo, «io sono morta di venerdì, giorno dedicato alla Passione di nostro Signor Gesù Cristo, ed ecco che di venerdì me ne vado alla gloria: siate forti a portare la vostra croce, siate coraggiose nelle sofferenze, amate la povertà: addio, addio, addio!». Il Vescovo di Foligno ed i magistrati della città procedettero subito ad un’inchiesta canonica per constatare il fatto, che venne riconosciuto d’una autenticità irrefutabile ed inappuntabile. Riflettiamo. Se il fatto della comparsa di suor Teresa Gesta non può mettersi in dubbio dalle persone assennate e sincere, come le suore, il Vescovo e quei magistrati, si possono chiamare persone assennate e sincere coloro che deridono l’esistenza d’una vita futura? «Dopo la tomba non c’ è nulla», dicono con ilarità alcuni saputelli. Essi forse hanno argomenti per dimostrare ciò che dicono? Neanche per sogno. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pag. 7-10).

A cura di Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata

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