Il giurista Carlo Francesco D’Agostino (Nuova Alleanza, Quaderno VIII, pag. 9 seg.) scrive, nel suo programma politico, anche dei «Limiti dei poteri dello Stato».

Papa Pio XII aveva da poco insegnato: «In un Popolo degno di tal nome, il cittadino sente in se stesso la coscienza della sua personalità, dei suoi doveri e dei suoi diritti (…). In un Popolo degno di tal nome, tutte le ineguaglianze, derivanti non dall’arbitrio ma dalla natura stessa delle cose, ineguaglianze di cultura, di averi, di posizione sociale - senza pregiudizio, ben inteso, della giustizia e della mutua carità - non sono affatto un ostacolo all’esistenza ed al predominio di un autentico spirito di comunità e di fratellanza. Anzi esse, lungi dal ledere in alcun modo l’uguaglianza civile, le conferiscono il suo legittimo significato, che cioè di fronte allo Stato ciascuno ha il diritto di vivere onoratamente la propria vita nel posto e nelle condizioni in cui i disegni e le disposizioni della Provvidenza lo hanno collocato».

Commentando queste sapienti parole, D’Agostino esclama: «Siamo di fronte al problema principale della politica!» (sebbene io ritengo che IL PROBLEMA sia la pubblica apostasia, ndR), ed anche «una minima sfumatura di errore può pregiudicare, prima o poi, il perseguimento del suo fine, che è il bene comune».

Il Pontefice affronta, difatti, numerosi temi, fra i quali: 1) la potestà pubblica (contro la tirannia); 2) l’uguaglianza civile (contro il social-comunismo); 3) la onesta libertà (contro il liberalismo); 4) la coscienza del dovere (contro l’ingiustizia); 5) le disuguaglianze di natura (contro l’egualitarismo - ossia anticipa la condanna al delirante ‘68).

La ricetta del Cavalier D’Agostino parte dall’«esigenza di una previa educazione a benefico costume morale». Prosegue: «La onestà nell’uso della libertà, e l’insieme di doveri di cui si deve saper avere coscienza, richiedono quel processo di formazione della personalità» che solo la Chiesa ha saputo dare, e con essa i sovrani cristiani. Quando si parla di Stato, Potestà pubblica, Governanti, «ci troviamo di fronte ad uomini - semplici esseri umani, con tutte le possibili comuni imperfezioni, lacune, virtù o vizi - in rapporto ad altri uomini, che chiamiamo semplicemente cittadini».

Dunque rapporti fra uomini - tuttavia insegna Pietro per bocca di Leone XIII: «Non vi è Società che si tenga in piedi, se non c’è chi sovrasti ad altri, movendo ognuno con efficacia ed unità di mezzi verso un fine comune: e benché l’uomo, spinto da superbia e da spirito antisociale, cerchi spesso di spezzare i freni del comando, non arrivò mai a poter non obbedire a nessuno» (cf. «Diuturnum Illud» et «Immortale Dei»). Pertanto «l’esercizio di autorità, da parte di alcuni su altri propri simili, è irrinunciabile, (…) nell’interesse dei sudditi stessi».

Riprende D’Agostino: «Governare è un onore ed un rischio, basti ricordare che la percentuale di Capi Politici assassinati è di gran lunga superiore a quella degli assassinii in qualsiasi altra categoria di persone! Mentre scriviamo siamo nel centenario dell’assassinio di Gabriel Garcia Moreno, Presidente dell’Ecuador, che nell’agosto 1875 cadde sotto i colpi di chi (un sicario plagiato dalla giudeo-massoneria, ndR) lo considerava un tiranno. Ora, invece, legioni di Cattolici invocano che sia proclamato Santo!».

D’Agostino tratta due «questioni scottanti»: 1) l’abuso della libertà da parte dei sudditi o cittadini; 2) l’abuso di potere da parte degli investiti di autorità. Commenta: «Più grave è il danno se la giustizia è violata dai Governanti, in specie con l’azione legislativa (pseudo-leggi contro Dio, contro la morale e contro il diritto naturale, ndR), che può comportare lesione di diritti, con vasta e durevole applicazione».

Ci torna utile nuovamente il Sommo Pontefice Leone XIII: «Perché nella potestà si mantenga la giustizia, importa grandemente che coloro che i quali amministrano gli Stati intendano che il potere di governare non è dato per loro privato vantaggio, e che l’amministrazione della cosa pubblica deve condurre al vantaggio di quelli che sono affidati ad essa».

Per concludere (per brevità giornalistica, ndR), l’esempio governativo da seguire fu quello di Gabriel Garcia Moreno, fra gli ultimi difensori e propugnatori della Regalità Sociale di Cristo, assassinato dal braccio armato degli attuali “esportatori di democrazia e di popoli arcobaleno”. Crivellato di colpi, al loro grido: «Muori, carnefice della libertà!», glorioso rispose: «Dios no muere!» (Dio non muore!).

Sotto la sua amministrazione, l’Ecuador divenne anche la nazione leader nel campo della scienza e dell’educazione in tutta l’America Latina. Oggi è quello che è: una delle tante mostruose e cadenti creature della setta maledetta!

Prosegue … 

A cura di Carlo Di Pietro da Il Roma