La scorsa settimana abbiamo imparato che il compianto giurista Carlo Francesco D’Agostino, quando, sul finire degli anni ’30, decise di dedicarsi alla politica, rilevò che non vi era in commercio un vero Trattato di scienza del buon governo. Ben per lui, ragionando capì subito che avrebbe dovuto piegare il suo intelletto al vincolante Magistero sociale della Chiesa.

Egli afferma: «Di questa assoluta superiorità (del Magistero ecclesiastico) nel campo del pensiero, per quanto attiene specificamente anche alla Scienza politica, ci accorgemmo per le necessità della polemica contro un Partito (la sedicente “Democrazia Cristiana”) che veniva spacciato come interprete della Dottrina sociale della Chiesa» (Nuova Alleanza, Quaderno VIII, pag. 19 segg.). Voglio ricordare che la D.C. fu ordinariamente espressione di modernismo sociale e laicità, «veleno dottrinale» e «pestilenze» per usare le parole dell’immortale Leone XIII, oggettive concause dell’odierna putrefazione della Nazione.

Pertanto «dovemmo dedicarci allo studio delle Encicliche e di ogni altro solenne Documento, in proposito, dei Papi». Sollevato d’animo, egli asserisce che «l’esauriente Trattato, per la cui ritenuta inesistenza eravamo rimasti delusi, fu (ben) trovato! Non è inglobato in una Trattazione unica. Sono migliaia di Interventi, animati tutti da quel “palpito di paternità” che Pio XII confessò aver sentito nel fondo della sua coscienza, una volta eletto a Pastore universale». Riteniamo ciò: «La Parola di quanti dobbiamo qualificare Protagonisti della realizzazione del Bene umano nelle singole epoche». Loro caratteristica «non è solo l’attualità a fronte delle condizioni sociali dei tempi cui datano, bensì una permanente attualità per ogni tempo. Ci si sovviene del “Nihil sub sole novum, niente di nuovo sotto il sole” (Eccles. 1,10), l’uomo e le sue esigenze non cambiano. Ed i Profeti, Condottieri e Pastori, dei Popoli che si professano credenti nel Dio di Abramo, dell’Antico e del Nuovo Testamento, hanno dimostrato di aver sempre avuto questa approfondita conoscenza dell’uomo».

Facciamo particolare attenzione subito alla «permanente attualità per ogni tempo» di princìpi cristiani ordinatori, evidenza che sarà negata, di lì a poco, dai relativisti e storicisti del cosiddetto “Vaticano II”. Sebbene fuori contesto, per evitare gravissimi equivoci sul concetto di “permanenza” dell’Antico Testamento, devo, a questo punto, usare la sentenza infallibile del Concilio di Firenze, Sessione XI, 4 febbraio 1442: «(La Chiesa di Gesù Cristo) crede fermamente, conferma ed insegna che le prescrizioni legali dell’Antico Testamento, cioè della legge mosaica, che si dividono in cerimonie, santi sacrifici e sacramenti proprio perché istituite per significare qualche cosa di futuro, benché fossero adeguate al culto divino in quella età, venuto, però, nostro signore Gesù Cristo, da esse significato, SONO CESSATE e sono cominciati i Sacramenti della nuova alleanza. Chiunque avesse riposto in quelle la sua speranza e si fosse assoggettato ad esse anche dopo la Passione, quasi fossero necessarie alla salvezza e (quasi) la fede nel Cristo non potesse salvare senza di esse, pecca mortalmente».

Andiamo avanti. D’Agostino racconta: «Ci si faceva recentemente osservare come la vantata “grande scoperta” della pseudo-Scuola di Psicologia che si rifà alle teorie di Freud, è una risibile terapia per le infelicità dello spirito umano, a confronto dei rigeneranti accenti del “Miserere mei, Domine... Tibi soli peccavi”, del Salmo Davidico ed ai miracoli di risurrezione spirituale del Sacramento della Penitenza». Esclama quasi sconsolato: «Lo “psichiatra” freudiano dovrebbe sostituire il Confessore o il Direttore spirituale cattolico!!».

Se, dunque, «la Superiorità nel campo del pensiero e della scienza dell’uomo è il miglior titolo per costituire in Autorità, e la chiave di volta di un sano Regime costituzionale è quella che abbiamo richiamato sub “D” (individuare la via idonea per riconoscere, di fronte ad ogni problema, il contenuto od esigenza obiettiva del Bene comune; in altre parole, per determinare ciò che veramente Giustizia, nei singoli casi, imponga), nessuno dovrà meravigliarsi che fino dal 1946 ne traemmo la conclusione che a premessa di una Carta costituzionale moderna vada posta la seguente massima: Lo Stato riconosce l’autorità dei (legittimi) Romani Pontefici e ne esegue le sentenze». Massima odiata dai rivoluzionari, dai cosiddetti “cattolici adulti” - che si dimostrano né cattolici e né intellettualmente adulti - ma anche dai tanti pragmatisti contemporanei.

Prosegue …

A cura di Carlo Di Pietro da Il Roma