La scorsa settimana Papa Pio XI - Divini Redemptoris (15 maggio 1931) - ci ha spiegato le principali differenze fra Comunismo e Socialismo, le intrinseche incompatibilità col Cattolicesimo, concludendo con la sentenza: «Nessuno può essere buon cattolico e contemporaneamente vero socialista». Alcuni sostengono che il Socialismo, rispetto alla lotta di classe ed alla proprietà privata, sia realmente così mitigato e corretto da non aver più nulla che gli si possa rimproverare.

Risponde il Pontefice: «Ha con ciò forse rinunziato ai suoi princìpi, alla sua natura contraria alla religione cristiana? Qui sta il punto, su cui molte anime si trovano esitanti. E non pochi sono pure i cattolici, i quali ben conoscendo come i princìpi cristiani non possono essere né abbandonati, né cancellati, sembrano rivolgere lo sguardo a questa Santa Sede e domandare con ansia, che decidiamo se questo Socialismo si sia ricreduto dei suoi errori a tal segno, che senza pregiudizio di nessun principio cristiano, si possa ammettere e in qualche modo battezzare».

Arriva un’altra sentenza: «Ora per soddisfare, secondo la Nostra sollecitudine paterna, a questi desideri, proclamiamo che il Socialismo - sia considerato come dottrina, sia considerato come fatto storico, sia come “azione” - non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Giacché il suo concetto della società è quanto può dirsi opposto alla verità cristiana».

Spiega: 1) Secondo la dottrina cristiana, «il fine per cui l’uomo, dotato di una natura socievole, si trova su questa terra, è questo che, vivendo in società e sotto un’autorità sociale ordinata da Dio (cfr. Rom., 13,1), coltivi e svolga pienamente tutte le sue facoltà a lode e gloria del Creatore; e adempiendo fedelmente i doveri della sua professione o della sua vocazione, qualunque sia, giunga alla felicità temporale ed insieme alla eterna». Il Socialismo al contrario, «ignorando o trascurando del tutto questo fine sublime, sia dell’uomo come della società, suppone che l’umano consorzio non sia istituito se non in vista del solo benessere».

2) I socialisti deducono che «l’attività economica, nella quale essi considerano solamente il fine materiale, deve per necessità essere condotta socialmente. E da siffatta necessità, secondo essi, deriva che gli uomini sono costretti, per ciò che riguarda la produzione, a sottomettersi interamente alla società; anzi, il possedere una maggiore abbondanza di ricchezze che possa servire alle comodità della vita, è stimato tanto che gli si debbono posporre i beni più alti dell’uomo, specialmente la libertà, sacrificandoli tutti alle esigenze di una produzione più efficace».

3) Questo pregiudizio dell’ordinamento “socializzato” della produzione portato alla dignità umana: «Essi credono che sarà largamente compensato dall’abbondanza dei beni, che gli individui ne ritrarranno per poterli applicare alle comodità e alle convenienze della vita secondo i loro piaceri. La società dunque, qual è immaginata dal Socialismo, non può esistere né concepirsi disgiunta da una costrizione veramente eccessiva, e d’altra parte resta in balia di una licenza non meno falsa, perché mancante di una vera autorità sociale: poiché questa non può fondarsi sui vantaggi temporanei e materiali, ma solo può venire da Dio Creatore e fine ultimo di tutte le case». Pio XI ha appena citato la Diuturnum di Leone XIII (9 giugno 1881).

4) Che «se il Socialismo, come tutti gli errori, ammette pure qualche parte di vero (il che del resto non fu mai negato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si fonda su una dottrina della società umana, tutta sua propria e discordante dal vero cristianesimo. “Socialismo religioso” e “Socialismo cristiano” sono dunque termini contraddittori: nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e vero socialista».

5) Tutte queste verità pertanto - continua il Pontefice - «da Noi richiamate e confermate solennemente con la Nostra autorità, si debbono applicare del pari a una totale nuova forma o condotta del Socialismo poco nota finora in verità, ma che al presente si va diffondendo tra molti gruppi di socialisti. Esso attende soprattutto a informare di sé gli animi e i costumi; particolarmente alletta sotto colore di amicizia la tenera infanzia per trascinarla seco, ma abbraccia altresì la moltitudine degli uomini adulti; per formare in fine “l’uomo socialistico”, sul quale vuole appoggiare l’umana società plasmata secondo le massime del Socialismo».

6) Sennonché - insiste - «avendo Noi spiegato già largamente nella Nostra enciclica Divini illius Magistri (31 dicembre 1929) su quali princìpi si fondi e quali fini intenda l’educazione cristiana, è tanto chiaro ed evidente che ad essi contraddice quanto fa e cerca il Socialismo educatore, che non occorre altra dichiarazione. Ma quanto siano gravi e terribili i pericoli che questo Socialismo porta seco, sembra che l’ignorino o non vi diano gran peso coloro che non si curano punto di resistervi con zelo e coraggio secondo la gravità della cosa. È Nostro dovere pastorale quindi mettere costoro in guardia dal danno gravissimo e imminente, e si ricordino tutti che di cotesto Socialismo educatore è padre bensì il Liberalismo, ma l’erede è e sarà il Bolscevismo».

La prossima settimana impareremo le condanne del Pontefice contro la diserzione di alcuni cattolici verso il Socialismo. Prosegue ...

Carlo Di Pietro da Il Roma