Papa Leone XIII, il 29 giugno 1896 nella Satis Cognitum, insegna che quando i Padri del Concilio Vaticano (anno 1870) hanno definito il dogma dell’infallibilità del Papa e della Chiesa a lui unita e sottomessa, «nulla hanno decretato di nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della Fede, quando decretarono: “Per Fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale Magistero come verità da Dio rivelata”».
Papa Pio XII, nella Humani Generis del 22 agosto 1950, ultima magna charta contro il modernismo dottrinale e sociale, esorta il popolo a non deviare mai dal Magistero, asserisce difatti: «[…] è noto che non mancano nemmeno oggi, come ai tempi apostolici, coloro che, amanti più del conveniente delle novità e timorosi di essere ritenuti ignoranti […] in quest’epoca di progresso, cercano di sottrarsi alla direzione del sacro Magistero e perciò sono nel pericolo di allontanarsi insensibilmente dalle verità Rivelate e di trarre in errore anche gli altri».
Prosegue: «Purtroppo questi amatori delle novità facilmente passano dal disprezzo della teologia scolastica allo spregio verso lo stesso Magistero della Chiesa […] E benché questo sacro Magistero debba essere per qualsiasi teologo, in materia di fede e di costumi, la norma prossima e universale di verità […], viene alle volte ignorato, come se non esistesse».
Dobbiamo necessariamente domandarci, nel nostro peculiare studio, quale sia il dovere del buon cattolico, a maggior ragione del politico che si dice cattolico e che ha il compito, dietro propria onerosa responsabilità, di legiferare per garantire il bene comune, ad maiorem Dei gloriam.
Quanti politici, al contrario di quanto la Chiesa comanda, scrivono od approvano con leggerezza leggi decisamente eretiche ed immorali, con tutte le conseguenze pratiche che causano al popolo ed i castighi di Dio che provocano, senza alcuna vergogna e timore?
La Chiesa ha costantemente affermato, sin dalla sua fondazione (cf. Gal. 1,8), che è necessario lasciarsi guidare dal Magistero sia nell’approvazione che nel divieto, e Pio XII ribadisce: «[…] i fedeli hanno il dovere di rifuggire […] da quegli errori che in maggiore o minore misura s’avvicinano all’eresia, e quindi “di osservare anche le Costituzioni e i Decreti con cui queste false opinioni vengono dalla Santa Sede proscritte e proibite”».
San Paolo ai Filippesi (3,1-2) sentenzia: «A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose: guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai […]».
Come abbiamo già visto nel precedente articolo, Papa Pacelli esorta a fare distinzione fra l’insegnamento della fede cattolica contenuto nel Magistero, dal carattere decisamente inopinabile ed assolutamente vincolante, e quello delle disparate scuole teologiche od economico/sociali, che non costituiscono affatto una porta d’ingresso nella Chiesa.
Solamente la Chiesa è, difatti, «la porta della salvezza» e «la fonte della verità», protetta dallo Spirito Santo. Ebbene, come in ogni altra ramificazione dottrinale, anche nella trasmissione della Dottrina sociale, il politico deve avere come riferimento la norma di verità immediata ed universale che è, appunto, il Magistero della Chiesa.
Si potrebbe pensare, in quest’istante, che la Dottrina sociale della Chiesa contenga in essa programmi preconfezionati da utilizzare al bisogno e senza compiere alcuno sforzo intellettivo e d’analisi di merito, invero, pur essendo una guida sicura a cui ancorarsi, il compito di dedicarsi alle analisi sociali, economiche e politiche spetta al cattolico che, dietro propria grave responsabilità, soprattutto agli occhi di Dio, deve saper trarre le conclusioni necessarie per ben agire.
Quindi siamo in presenza di una guida sicura da utilizzare come fa un fiume del proprio letto. L’acqua generalmente scorre libera dalla sorgente alla foce, tuttavia senza mai oltrepassare gli argini dai quali si lascia guidare; essi garantiscono il corretto corso del fiume e fanno sì che non vi siano pericoli per il popolo. Tutti conosciamo i tristi risvolti delle inondazioni!
Una politica eretica ed immorale è come un fiume in piena che rompe gli argini e fa strage di ogni creatura e cosa incontri lungo il suo sadico tragitto.
La Dottrina sociale della Chiesa è, per concludere, «un insieme di concezioni fatte di verità, di princìpi e di valori». Il Guerry (Op. cit., p. 21) la sintetizza in questi termini: «- di verità (morali e religiose), ovvero ciò che occorre credere e pensare; - di princìpi (morali d’azione), ovvero ciò che occorre fare, mettere in pratica; - di valori (esigenze fondamentali della condizione umana), ovvero ciò che occorre rispettare, difendere ed amare».
Tutte queste sono concezioni attinte alla legge naturale ed alla Rivelazione che il Magistero della Chiesa «applica ai problemi sociali quali si presentano in una data congiuntura, alle realtà mutevoli e dinamiche della vita economica e sociale sempre in cammino».
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata