La virtù cardinale della temperanza che abbiamo visto nell’opuscolo precedente, è necessaria per vincere la naturale inclinazione al male, triste conseguenza del peccato originale. Ora la mortificazione è la figlia primogenita di questa virtù, appunto perché è il mezzo più efficace per tenere a freno le nostre cattive tendenze. Gesù ne fece oggetto dei suoi inviti più frequenti: «Se qualcuno vuol essere mio discepolo, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua» (S. Luca IX-23). Il che vuol dire che senza croce, senza mortificazione, non si può essere suoi veri discepoli. «Se qualcuno non prende la sua croce e non mi segue, egli aggiunge, non è degno di me» (S. Matteo X - 38). «Il regno dei cieli si conquista con la violenza e solo i coraggiosi lo raggiungeranno» (S. Matteo XI - 12). La mortificazione è pertanto una condizione insostituibile per vincere il peccato ed evitare l’inferno. «Se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo» (S. Luca XIII-5). «Se vuoi regnare con me, dice l’imitazione di Cristo, porta con me la croce. Solo i servi della croce trovano la via della beatitudine e della vera luce». Gesù spinge il dovere della mortificazione fino a lasciarci mutilare il corpo, piuttosto di correre pericolo di trovarci eternamente dannati. «Se il tuo occhio, la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, taglialo e buttalo via: meglio andare in cielo con il corpo mutilato, anziché precipitare con il corpo integro nell’inferno» (S. Matteo V - 29). Parole dure, ma chiare, precise che ci fanno capire come la mortificazione è assolutamente necessaria a tutti per vivere in grazia e accumulare meriti per il Paradiso. Ma oltre all’insegnamento Gesù ci ha dato l’esempio del distacco, della mortificazione più eroica. Dalla grotta di Betlemme, ove nasce nella più squallida povertà, al martirio della croce, tutta la sua vita è una rinuncia e mortificazione continua. Dio d’infinita potenza non volle per sé agi, onori, ricchezze. Per trent’anni visse nell’oscurità, lavorando in un mestiere umile e faticoso. Durante i tre anni della sua vita pubblica fu oggetto di odio, di calunnie, di persecuzioni e rimase così povero da poter affermare: «Le volpi hanno una tana, gli uccelli un nido, solo il Figlio dell’uomo non ha ove reclinare il capo» (S. Matteo VIII - 20). Molti sono devoti di Gesù bambino, di Gesù adolescente, ma non molti del Crocifisso. Eppure la Chiesa ce lo presenta sempre così: con le braccia aperte sull’infame patibolo, le mani e i piedi traforati, il cuore squarciato dalla lanciata, per ricordarci quanto ci ha amato e a quale prezzo ha espiato i nostri peccati. Ora «se tutta la vita di Cristo fu croce e martirio, si domanda l’imitazione di Cristo, vorrai per te solo gaudio e riposo?».

Antonio M. Alessi

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Le vere ricchezze della vita: La Mortificazione

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