Il termine, che fisiologicamente significa l’atto di vedere, nella storia delle religioni designa la manifestazione divina e demoniaca di qualche verità, persona od evento. Può essere esterna (o corporea), immaginativa, intellettuale. Le visioni esterne sono quelle che si vedono con gli occhi corporei sotto apparenze sensibili, per esempio, un santo, un angelo, l’umanità di Gesù, splendori miracolosi, simboli allegorici; questa specie, come la seguente, va comunemente identificata con le apparizioni. Si dicono immaginative le visioni che si formano nella fantasia; si vedono cioè «mentalmente», come vide Ezechiele quattro esseri con la faccia d’uomo, di leone, di toro e d’aquila (Ez. 1, 4-28). La visione immaginativa si può avere durante il sogno (come Giacobbe e san Giuseppe). Le visioni intellettuali sono quelle che si formano nell’intelletto, senza il concorso della fantasia, per mezzo di specie intelligibili infuse o coordinate da Dio (Dan. 9,20-27; più difficilmente da influsso angelico o demoniaco), come nella profezia delle 70 settimane. La visione intellettuale può sussistere sola; le altre richiedono sempre un’elaborazione o un carisma intellettuale, altrimenti sarebbero inintelligibili. Tutte e tre le forme di visione possono pure trovarsi insieme, come, sembra, nel mistero dell’Annunciazione (Lc. 1, 28-38). Si danno casi di visioni collettive in cui, come per contagio, la visione si rende comune a tutto un gruppo o a tutta una folla (per esempio, i fenomeni di Fatima). La visione ha sempre un carattere religioso. Per discernere le visioni di origine divina, i mistici danno i seguenti segni: 1) la vera visione viene all’improvviso; 2) agita tutta l’anima, ma subito la inonda di pace; 3) non dura lungamente; 4) lascia un vivo desiderio di perfezione ed abbondanti frutti di virtù; 5) rimane lungamente impressa nella mente. Secondo la dottrina cattolica la vera visione non può essere provocata. Sono perciò da rigettarsi tutte quelle che si ottengono attraverso la magia ed i riti spiritici, di persone o di cose, di vivi o defunti, come le evocazioni necromantiche (I Sam. 28, 8-21), come già quelle delle antiche divinità, che si manifestavano a chiunque andasse a consultarle. Tra coloro che furono favoriti di visioni ci sono specialmente i fondatori di Ordini religiosi, ma anche molti santi e sante, massime dei primi tempi del cristianesimo (cf. san Giustino, Dial. cum Tryph., 52, 82;san Cipriano, Epist., 39). Storicamente famosa è la visione di Costantino. La visione è una Grazia «gratis data», non «gratum faciens». Non è quindi, per sé, segno o costitutivo di santità, ma è ordinata a far conoscere qualche verità divina o qualche desiderio di Dio. Tra le più sublimi visioni si ricordano quelle di san Giovanni (Apocalisse) e di san Paolo (II Cor. 12, 1-4). Alle visioni contenute nella Scrittura deve corrispondere un (universale)atto di fede divina. Ogni visione «privata», invece, impegna solo colui che ne è favorito. Oltre le suddette visioni, i teologi distinguono la visione beatifica o intuitiva o immediata (non comprensiva) di Dio che godono stabilmente gli angeli e i beati (cf. I Cor. 13, 12; Mt. 18, 10), nota solo attraverso la Rivelazione cristiana (Enciclopedia Cattolica, Vol. XII, colonna 1485 seg., Imprimatur 1954).

Che cos’è la visione, fenomeno mistico intellettuale