Dio dona comunemente la grazia necessaria a tutti i Giusti per osservare i precetti, ed a tutt’i peccatori per convertirsi. Se Iddio dunque vuol tutti salvi, per conseguenza a tutti dà la grazia e gli aiuti necessari per conseguire la salute; altrimenti non potrebbe dirsi, ch’Egli abbia vera volontà di salvare tutti. Antecedentis voluntatis, dice san Tommaso, qua Deus vult omnium salutem, effectus est ordo naturae in finem salutis, et promoventia in finem omnibus communiter proposita, tam naturalia, quam gratuita. E certo, contro quel che hanno bestemmiato Lutero e Calvino, poiché Dio non impone una legge impossibile ad osservarsi. Anzi è certo, che senza l’aiuto della Grazia è impossibile l’osservanza della legge, come dichiarò contro i Pelagiani Innocenzo I dicendo: Necesse est ut quo (scil. Deo) auxiliante vincimus, Eo non adjuvante vincamur. E lo stesso dichiarò Celestino Papa. Dunque se il Signore dà a tutti una legge possibile, per conseguenza dà anche a tutti la Grazia necessaria ad osservarla, o immediatamente o mediatamente per mezzo della Preghiera, come troppo chiaramente ha dichiarato il Sacro Concilio di Trento: Deus impossibilia non jubet sed jubendo monet et facere quod possis, et petere quod non possis, et adjuvat ut possis  (Sess. 6. cap. 13). Altrimenti, se Dio ci negasse la Grazia, sia prossima che remota, per adempire la legge, o la legge in vano sarebbe stata data, o il peccato sarebbe necessario, ed essendo necessario, non sarebbe più peccato, come appresso a lungo dimostreremo. È questo è il sentimento comune dei Padri. Vediamolo. san Cirillo Alessandrino dice: Quod si (quis) perinde, atque alii, et ex aequo, cum ipsis Divinae gratiae opibus praeditus propria voluntate delapsus est; quomodo non eum servasse dicitur Christus, qui, quantum ad cavendi peccati auxila concessa pertinet, hominem liberavit? Come (dice il Santo) quel peccatore, che ha ricevuto egualmente cogli altri che sono stati fedeli, gli aiuti della Grazia, ed ha voluto spontaneamente peccare, può lagnarsi poi di Gesù Cristo, il quale in quanto a Sé già l’ha liberato per mezzo degli aiuti concessigli? San Giovanni Grisostomo  domanda: Unde nam alii vasa irae, alii misericordiae sunt? E risponde: Ex libera sua utique voluntate; nam Deus cum sit valde bonus in utrisque parem benignitatem ostendit. Quindi parlando di Faraone, chiamato nella Scrittura indurato di cuore, soggiunge: Si salutem Pharao non est adeptus, totum id illius voluntati tribuendum est, cum nihil minus, quam qui salutem assecuti sunt, concessum illi fuerit. Ed in altro luogo, parlando della domanda della Madre dei Figli di Zebedeo sulle parole, Non est meum dare vobis etc. dice così: Hoc Illum (sc. Christum) significare voluisse, non suum esse tantummodo dare, sed et certantium esse capere; nam si istud ex Se uno penderet, omnes utique salvi essent Homines. Sant’Isidoro Pelusiota: Etenim serto, et modis omnibus (Deus) vult eos adjuvare, qui in vitio volutantur, ut excusationem eripiat. San Cirillo Gerosolimitano: Ad aeternae vitae januam (Dominus) aperuit, ut omnes ea, quantum in ipso est, nullo impediente potiantur. Ma la dottrina di questi Padri Greci non piace a Giansenio, il quale ha la temerità di dire, che i Padri Greci imperfettissimamente hanno parlato della Grazia: Nulli imperfectius de Gratia quam Graeci locuti sunt. Dunque - secondo lui - circa la materia della Grazia non dobbiamo noi seguire gl’insegnamenti dei Padri Greci, che sono stati i primi Maestri, e Colonne della Chiesa? Forse la Dottrina dei (Padri) Greci, specialmente in questa materia così importante, era diversa dalla Chiesa Latina? Anzi è certo, che dalla Chiesa Greca è passata alla Latina la vera Dottrina della Fede; Come scrisse sant’Agostino contro Giuliano. Prosegue ...

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