Sono terribili le parole di Dio: «Perché vi ho chiamato e voi non avete risposto, vi ho steso la mano e non vi degnaste di voltare la faccia; perché non avete ascoltato i miei consigli e non vi siete curati delle mie minacce, anch’io mi riderò e burlerò di voi, quando vi sarà avvenuto quello che temevate; quando la disgrazia vi piomberà sopra improvvisa, quando l’angustia e l’affanno vi stringeranno, quando la morte vi verrà sopra come grandine. Allora essi m’invocheranno, ed io farò il sordo; si leveranno di buon mattino per cercarmi e non mi troveranno» (Prov. I, 24-28). Dio tratterà i peccatori nel modo stesso con cui fu trattato da loro; renderà loro al punto di morte quello che essi gli diedero nel vigore della loro sanità e robustezza; il riso, l’ironia, la derisione, il disprezzo e l’abbandono (...). Quando, simili alle vergini stolte di cui parla il Vangelo, batteranno alla porta del perdono e della grazia, alla porta del cielo, gridando: «Signore, Signore apriteci» (Matth. XXV, 11), il gran Dio risponderà loro: «Andatevene; io non vi conosco» (Ib. 12). Voi non appartenete al mio ovile. Iddio si ride del peccatore moribondo e lo schernisce, 1° castigandolo come suo nemico, ma giustamente, a cagione dei suoi misfatti (...); 2° esponendolo alle derisioni del cielo, della terra, dell’inferno (...); 3° rinfacciandogli le sue iniquità, come farà poi di nuovo al giudizio universale (...); 4° rallegrandosi della sua giusta pena e facendo sì che se ne rallegrino gli angeli ed i santi come, secondo l’Apocalisse, si rallegrarono della rovina della colpevole Babilonia, figura dei peccatori impenitenti. «È caduta, è caduta, grideranno anch’essi, questa Babilonia, ed è divenuta casa dei demoni, asilo di ogni spirito immondo» (Apoc. XVIII, 2). «Giubilatene, o cieli, o santi apostoli e profeti, che Dio l’ha giudicata» (Ib. 20); 5° Dio si ride del peccatore moribondo, abbandonandolo ai suoi nemici e principalmente ai demoni che nel torturarlo e tormentarlo lo coprono d’ironia e di scherno. «In quell’estremo, dice il Signore, m’invocheranno ed io non li esaudirò» (Prov. I, 28). «Al presente non vogliono udire la mia voce che li chiama; in punto di morte, quando angosce e miserie li stringeranno da ogni parte, io farò il sordo alla loro voce che implorerà il mio soccorso. Allora il dolore vi aprirà gli occhi, o peccatori, quegli occhi che le passioni e le impurità oggi vi tengono chiusi; griderete a me piangendo, ma io non vi darò retta, perché vivendo aborriste la disciplina e non voleste temermi, non seguiste il mio consiglio, e disprezzaste le mie correzioni» (Ib. 29-30). La ragione per cui ordinariamente il peccatore moribondo non è esaudito da Dio, benché lo invochi, è perché si è ostinato nei quattro delitti, ai quali accenna il sopra riferito testo dei Proverbi; delitti che contengono quattro gravi ingiurie alla sapienza divina: la prima è l’aborrimento della disciplina, perciò della scienza divina; la seconda, la trascuranza del suo timore; la terza, il rifiuto di secondare i suoi consigli; la quarta, il misconoscere e bestemmiare le correzioni della Provvidenza.

I Tesori di Cornelio Alapide.