Indifferente in materia di religione si chiama colui che non si occupa di nessuna religione: siano tutte vere o tutte false, a lui non importa; che ve ne debba essere e se in verità ve ne sia una vera, egli non si cura affatto di saperlo (...). Se vi è un Dio, se gli si deve un culto e quale dev’essere questo; se esistono dei dogmi sacri o no; che cosa bisogna credere, che cosa bisogna praticare e che cosa bisogna fuggire; se l’anima è immortale; se vi sia dopo morte un giudizio, un paradiso, un inferno, un’eternità; se l’uomo sia fatto per un fine e per qual fine; se esista una rivelazione; se Dio abbia parlato agli uomini, ordinato o proibito qualche cosa, sono tutte questioni di cui non si dà pensiero, poco o nulla importa a lui in qualunque modo si risolvano; la sua religione sta nel non professarne alcuna (...). L’indifferente può dire veramente quelle parole dei Proverbi: «Non ho imparato la sapienza, né mi diedi pensiero di studiare la scienza dei Santi (cioè la religione)» (Prov. XXX, 3); egli perciò appartiene al branco di quegli esseri che, secondo il Profeta, sono inutili per sé e per gli altri (Psalm. XIII, 3). Tutti quelli che trascurano i doveri religiosi, appartengono anch’essi più o meno alla classe degli indifferenti; è l’indifferenza religiosa che fomenta in essi la deplorevole accidia spirituale che li asfissia (...). Quando poi anche credessero tutto quello che crede e insegna la Chiesa, non mettendolo in pratica, cadono nell’indifferenza; la loro fede è morta (...). Si avvera in essi quel che dice Iddio per bocca di Osea: «Io darò loro delle leggi; ma non se ne occuperanno punto, come se non fosse fatto loro» (VIII, 12); e quello che lamenta Sofonia: «Non cercarono il Signore, vollero a bello studio ignorarlo» (I, 6); giungono anzi all’impudenza di dirgli: «Via da noi, che non vogliamo saperne delle vostre leggi» (Iob. XXI, 14). Ma la strada di quest’indifferenza la quale non è senza un colpevole disprezzo, mette ad un vorticoso abisso, dicono i Proverbi (Prov. XIII, 15); l’Apostolo ci avvisa che con Dio non si scherza e che ciascuno raccoglierà ciò che ha seminato (Gal. VI, 7-8). Chi è indifferente, non curante di Dio, come potrà lagnarsi, se troverà poi Dio indifferente e non curante di lui?

I Tesori di Cornelio Alapide.