L’accidioso è un vile schiavo. è sentenza di Alessandro Magno, essere cosa da schiavo abbandonarsi all’ozio ed al lusso, e la Scrittura manda l’infingardo dalla formica perché dall’esempio di lei, che si provvede nell’estate il cibo per l’inverno, impari a divenire saggio - Vade ad formicam, piger, et considera vias eius, et disce sapientiam (Prov. VI,6-8). 0 accidioso impudente! Esclama san Bernardo, mille milioni d’Angeli servono Dio, e dieci milioni stanno pronti ad eseguire i suoi cenni; e tu? tu pretendi riposarti! Ma nella Scrittura si legge una cosa veramente umiliante e vituperosa per questa razza di gente: «Il pigro è lapidato con manciate di fango, e tutti parleranno di lui con dispregio: è lapidato collo sterco di bue, e chi lo tocca scuote le mani» - In lapide luteo lapidatus est piger, et omnes loquentur super aspernationem illius. De stercore boum lapidatus est piger: et omnis qui tetigerit eum excutiet manus (Eccli. XXII,1-2). Come se volesse dire: l’accidia tant’è odiosa e colpevole, che gli uomini giudicheranno meritevole d’essere lapidato chi vi si abbandona; ma tale sarà lo spregio in cui l’avranno, che invece di pietre adopreranno fango e sterco di bue. Poi faranno a gara chi più se ne allontani, e come un essere vile sarà da tutti fuggito, e chi l’avesse toccato, scuoterà le sue mani insozzate e s’affretterà a lavarle... Queste parole dimostrano inoltre che l’infingardo è la debolezza in persona, giacché basta un pugno di mota o di letame per abbatterlo e stramazzarlo... Non dovrebbe forse coprirsi per vergogna con ambe le mani la faccia, non dovrebbe bruciare d’onta l’accidioso, al pensare ch’egli nulla fa nel mondo, mentre tutto vi è in moto? Il sole, la luna, le stelle hanno forse lasciato, un dì dopo la creazione, di compiere il loro corso? Han cessato la terra e il mare di produrre? E gli animali, gli uccelli, gli insetti non seguono la via che fu loro da principio segnata? Di tutti questi esseri privi d’intelligenza non ve n’è uno che non lavori a, suo modo, solo l’ozioso non fa nulla! Egli somiglia a quei pali che piantati lungo le grandi strade veggono passar del continuo i viandanti, ed essi se ne rimangono immobili finché o marciscono, o sono rovesciati, o gettati al fuoco. Ma v’ha di peggio: perché quei pali immobili accennano almeno la via da prendersi, l’accidioso al contrario, tutt’altro che indicare la retta strada, conduce con sé nell’abisso, col suo esempio, i disgraziati che lo imitano...

Quanto sia sventurato l’accidioso. «La via dei pigri è irta di spine», dicono i Proverbi — Iter pigrorum quasi sepes spinarum (Prov. XV,19). Queste spine che l’accidioso trova seminate per la sua via, sono le voglie malvagie che l’assiepano, le seduzioni che l’attorniano, le tentazioni che l’assaltano come furiosa tempesta, le passioni che lo divorano, la povertà che lo stringe, le malattie che gli tolgono la sanità e lo conducono ad una morte prematura...; perché la pigrizia, secondo l’osservazione di san Bernardo, è la madre della noia, dell’angoscia, della pusillanimità e della disperazione. Simile a Caino, l’accidioso cammina errante e vagabondo, dilaniato da ben meritati rimorsi... Abbominato da Dio e dagli uomini, perseguitato dal grido della coscienza, flagellato dall’esempio di tutti quelli che l’attorniano e che intenti vede al lavoro, tormentato dalle passioni, potrebbe mai essere felice? No, egli non prospererà; e chi non prospera è infelice...

L’Accidia, parte 4. Da I tesori di Cornelio ALapide, Commentari dell’ab. Barbier. SS n° 9, p. 8